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Attualità

SALVIAMO IL PARTENONE DI VARESE

SERGIO REDAELLI - 14/03/2014

“È necessario ripensare l’uso delle auto nei luoghi d’arte e dello spirito, le macchine non hanno più senso e tra vent’anni i parcheggi serviranno di meno. Bisogna cambiare il sistema della mobilità delle persone”. Lo dice Paolo Zanzi, progettista, fotografo e art-director nel campo delle arti visive oltre che grande innamorato del Sacro Monte di Varese. “Io non demonizzo l’auto – osserva – ma è necessario studiare un uso meno invasivo e più razionale. Penso a Varese come città laboratorio d’equilibri e regole ecologiche. Bisogna programmare con intelligenza lo sviluppo territoriale, individuare gli obbiettivi e muoversi con coerenza. Si deve avere il coraggio, come dice l’architetto Cazzola, di potenziare la funicolare e di riaprire il secondo tronco per il Grand Hotel, che è il Partenone di Varese. Allarghiamo piuttosto i parcheggi a valle e una navetta, magari elettrica, faccia la spola dalla stazione di Varese al Campo dei Fiori”.

Paolo Zanzi, autore di volumi fotografici sul patrimonio d’arte, di mostre ed eventi per i quattrocento anni della Via Sacra, ha curato il progetto europeo Art Nouveau 1995-2005 per Villa Recalcati e l’edizione della Storia di Varese come art-director per l’Università degli Studi dell’Insubria. Il suo punto di vista è tagliente: “I parcheggi sono un problema complesso; non si devono dare risposte immediate ed emotive, sentiamo prima i pareri degli storici, degli urbanisti, dei geologi, studiamo un progetto serio mettendoci la testa, il cuore e il coraggio imprenditoriale. Chi ha le mani sulla città non si arroghi il diritto di decidere per tutti senza ascoltare il parere di quelli che sembra considerare alla stregua di sudditi. Abbiamo già visto certi film: il cantiere della linea ferroviaria Arcisate-Stabio è fermo dopo aver devastato la Valceresio e i lavori della Pedemontana a Lozza sembrano quelli per l’aeroporto Kennedy di New York”.

Varese, per Zanzi, dovrebbe ispirarsi alle città svedesi e norvegesi con un modello di ecologia sostenibile. “Bisogna far vivere il Sacro Monte con i giovani e non con le auto, portarci internet e la banda larga, aprire ostelli e associazioni – dice – Ci vuole un piano generale per ottenere una città diversa, più green, collegando il Sacro Monte con la vita, con la cultura e soprattutto con i mezzi pubblici. Durante la settimana arrivano meno di cento auto al giorno e basterebbe piantumare una piccola area da cento posti-auto alla vecchia pizzeria, senza toccare la montagna con gli esplosivi. Il discorso cambia se consideriamo gli affollamenti del sabato e della domenica. Le automobili e i pullman devono trovare sfogo alla stazione di partenza della funicolare e quindi si deve incominciare a farla funzionare tutto l’anno”.

“In attesa d’avviare un progetto complessivo di mobilità con le navette dalle stazioni, evitiamo di usare la dinamite per costruire il parcheggio sulla curva alla Prima Cappella, sarebbe un’inammissibile violenza, uno stupro del Sacro Monte – prosegue Zanzi con un’espressione forte che riflette il carattere vulcanico di chi la pronuncia – È  la montagna stessa che chiede di non farlo. Questa decisione coinvolge tutta la città, non solo per la delicata posizione del parcheggio in via del Santuario, ma anche per i costi che ricadono sul contribuente. La spesa di tre milioni è eccessiva. Non c’è proporzione. Ci sono prima da fare le scuole o altre opere più importanti per la collettività. Per un parcheggio si deve spendere il meno possibile e soprattutto bisogna toccare la montagna il meno possibile. I costi vanno ammortizzati in cinque o dieci anni, il tempo necessario a modificare il sistema della mobilità”.

Nel frattempo i pullman possono scaricare i fedeli in piazza Montanari e andare a parcheggiare altrove, da lì ci vogliono tre minuti per raggiungere a piedi l’Arco del Rosario e non è la fine del mondo, il pellegrino deve fare fatica se vuole rispettare il senso profondo della salita sacra. I più anziani si possono scaricare in alto, in piazzale Pogliaghi, vicino agli ascensori. C’è infine il problema delle informazioni turistiche e anche qui serve un poco di fantasia. Per i quattrocento anni del Sacro Monte individuai nel parcheggio di Villa Baragiola il punto ideale per accogliere i pullman e le automobili dei visitatori. Nella villa si poteva fare accoglienza e informazione e da lì partire con le navette elettriche. Si poteva ricavarne anche un centro studi del Sacro Monte e, nello spazio espositivo al pianterreno, realizzare mostre integrate nel polo museale del Castello, spostando il museo dei ciechi nei rifugi antiaerei di Villa Mirabello ma nessuno mi ha ascoltato”.

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