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Cultura

SENATORE BLOGGER

MANIGLIO BOTTI - 17/12/2011

 

Il Senatür di cui si parla, stavolta, è un altro. Anche lui – anzi, solo lui, perché l’altro è di Cassano Magnago, un po’ più a Sud – è di Varese. Benché di minor navigazione – sta a Palazzo Madama da un paio di legislature – e di una ventina d’anni più giovane, ma la questione dell’età non è dirimente, a differenza del “primo” non usa mostrare il dito medio alzato, né fare il gestaccio dell’ombrello. Le braccia, magari le tiene in tasca o conserte o dietro la schiena in posizione di riposo. Che non vuole dire non far nulla, ma essere bene educati.

È Paolo Rossi, cinquantatre anni, giornalista con un passato di lavoro negli uffici della politica locale e delle associazioni artigiane. Milita nelle file del PD, provenendo dalla Margherita, dal Partito Popolare e – diciamolo, perché in fondo ne va fiero – dalle file giovanili della Democrazia Cristiana. Non ne siamo certi: l’omonimia con il calciatore eroe del Mundial calcistico dell’82, se all’inizio gli può avere dato un po’ di fastidio a livello di battute generiche e non fantasiose, gli deve avere anche giovato.

Oggi entra difilato nelle nostre cronache grazie a un libro: “Mamma mia il blog!”, pubblicato da Macchione. I blog sono diari pubblici e immediatamente consultabili nel web. Non è una moda solo di giovanissimi. Paolo Rossi, come altri già in età, vi esterna sue riflessioni sulla politica e sulla vita di ogni giorno (più sulla seconda che sulla prima) a trecentosessanta gradi. Il prodotto sul web è effimero per sua natura. Ecco allora che Paolo Rossi ha sentito la necessità di svuotarne la volatilità e di fissare alcune riflessioni sulla carta stampata, le pagine di un libro, appunto.

Il libro va letto. Non tutto di seguito, ma centellinato come una specie di breviario. Raccoglie circa centocinquanta “appunti”, chiamiamoli così. Vi unisce una sequenza di godibilissime vignette che Gaspare Morgione ha pubblicato su Varese News negli ultimi due anni. Ha in prefazione scritti degli amici politici Dario Franceschini e Luisa Oprandi e dei giornalisti, anch’essi amici, Marco Giovannelli e Gianfranco Giuliani. Vi si trova di tutto, come s’è detto: le punzecchiature – da varesino – alla Lega, e quindi le notazioni di carattere politico; le escursioni nel cinema, nella televisione, nei giornali, nelle canzonette, nello sport (il nostro Paolo Rossi manifesta in più un’occasione la sua fede interista: nessuno è perfetto…). L’affresco è variegato. Magari questo potrebbe essere un limite: i temi affrontati da Paolo Rossi cedono talvolta allo scontato generico (la Lega, il federalismo, Nanni Moretti, Giorgio Gaber…). Come dire che tra tanto parlar di prezzemolo, sarebbe interessante sentir qualcosa sull’aglio e sulle rape. L’autore, nonostante tutto, vi si cimenta. Meglio farlo più spesso.

In ogni caso, il ritratto che sortisce alla fine è quello di un uomo politico semplice, per bene e alla mano. Un vecchio amico, davvero. Al di là e oltre la foto che è pubblicata in copertina, che lo fa quasi assomigliare a un misterioso personaggio di Bunuel.

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