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Libri

TRE SACERDOTI INSUBRI

ROSALBA FERRERO - 20/03/2014

Il Sogno di Giulio Cesare Gattoni in mostra alla Biblioteca di Como

Felice Lattuada, prevosto di San Vittore a Varese dal 1792 al 1799 è uno dei tre sacerdoti della Regio Insubrica protagonisti del volume Politica e religione nel triennio repubblicano (1796-99). Tre sacerdoti insubri di Alessandra Mita, docente di storia e filosofia del Liceo Cairoli di Varese, che da tempo ha indirizzato le sue ricerche storico-archivistiche sulle vicende che segnarono la terra insubre nel secolo dei Lumi.

A cavallo tra il secolo XVIII e il XIX vissero i canonici Lattuada, appunto, Passerini e Gattoni che assunsero posizioni diverse in relazione alla Rivoluzione Francese e alla sua involuzione: uno fu conservatore, uno giacobino, uno ‘altalenante’.

Felice Lattuada, il giacobino, non esente dai richiami della dottrina giansenista durante il corso di laurea in legge a Pavia, avvocato promotore generale delle cause pie e de’ poveri della diocesi intraprende la carriera ecclesiastica, diviene prevosto a Magenta ove inizia a manifestare interesse per la condizione dei poveri e le sperequazioni sociali; contribuisce alla costituzione della Società Patriottica Imperiale volta a favorire lo sviluppo di arti, scienze e industrie in Lombardia, nel segno della politica illuministica degli Asburgo. Giunto nel 1792 alla collegiata di San Vittore a Varese come prevosto, coagula intorno a sé il Circolo Costituzionale. Il 19 maggio 1796, – i.e. 29 Floreal, anno I della Libertà Lombarda – , scrive al teologo Gattico di Varese una lettera nella quale, riferendosi agli accadimenti francesi e alla discesa del Bonaparte in Italia, manifesta la sua adesione alla causa rivoluzionaria: “L’uomo ritorna ai suoi diritti che la natura li ha dato e l’oppressione li aveva rapiti. Saremo liberi con quelle Leggi che noi daremo a noi stessi, adottate al nostro ben –essere, alla conservazione delle nostre vite e delle nostre proprietà e non saremo sturbati dalla Religione che vogliamo professare…”.

Lattuada sostiene dunque che il bene pubblico affonda le sue radici nei principi della dottrina cristiana propugnata dalla Chiesa, anzi si fa promotore di un messaggio di sapore benthamiano, d’odierna attualità: non c’è separazione tra messaggio evangelico e bene pubblico … “è grande la responsabilità di chi ha in mano… la comune felicità del popolo” e “chi non concorre alla felicità – del popolo – è un ipocrita”. Convinto della necessità di diminuire “l’enorme disuguaglianza delle fortune, madre funesta di quella del credito e del potere”, condanna le imposte indirette che gravano soprattutto sui poveri e propone un’imposizione progressiva su ogni cespite.

Tra il 1796 e 1799 Lattuada svolge un’opera di mediazione con le truppe francesi che hanno invaso l’Italia. L’impegno civile è in lui così pressante che rassegna le dimissioni da Prevosto, ma continua a mantenere stretti rapporti con i cittadini di Varese. Al termine dell’ondata rivoluzionaria fu allontanato dalla vita attiva: prima visse in esilio e poi fu costretto a una vita puramente privata.

Giulio Cesare Gattoni è all’opposto un conservatore, un codino: ma è anche uno scienziato, progressista nel campo della scienza. Detesta ciò che è moderno ma ama la modernità scientifica. Divenne gesuita e dal 1765 fu canonico del Duomo di Como, sua città natale. Il suo nome è legato alla Torre Gattoni che donò nel 1808 al Liceo cittadino: in tale sua proprietà aveva apparecchiato un gabinetto di fisica e un impianto elettrico – meteorologico, autorizzando la costruzione di un passaggio lungo le mura, tra scuola e Torre, affinché gli studenti potessero raggiungere celermente il laboratorio.

Gattoni fu compagno di studi e mentore di Alessandro Volta, suo vicino di casa; insieme affrontarono esperimenti di fisica nel laboratorio del canonico che poi, riconoscendo “il sublime intelletto” del Volta, “non risparmiò spesa alcuna per macchine e strumentazioni” che consentissero al Volta “esperienze lunghe e molteplici” e giunse a “superare ogni ostacolo” per facilitarne il lavoro di scienziato.

Analizzando un testo del Giovio e alcune lettere conservate nella Biblioteca Comunale di Como la Mita ricostruisce la figura del canonico che, “arroccato su posizioni conservatrici”, “crede nel patrimonio spirituale e nella missione politica della Chiesa cattolica, è devoto verso gli Asburgo, non ha fiducia negli ideali repubblicani”.

Se il comasco Gattoni, fermo su posizioni tradizionali, è un conservatore in campo politico

il terzo canonico su cui indaga la Mita, Bartolomeo Passerini, da tradizionalista diviene liberale e poi di nuovo tradizionalista: è, come dice Giusti, un “girella di molto merito”.

Pur essendo parroco nella Val d’Intelvi, confinato fisicamente in un luogo fuori dal mondo, grazie all’ottima preparazione culturale si aggiorna attraverso al lettura delle Gazzette che gli arrivano via Lugano sulle vicende rivoluzionarie francesi. La sua posizione lealista, filo-austriaca, conservatrice, lo costringe alla fuga all’arrivo dei Francesi – ha appena pubblicato Agli onesti reggitori dedicato all’Imperatore Austria - e ripara a Lugano dove si accosta alla storia antica. È questo l’elemento di riflessione che lo porta ad abbandonare le sue posizioni iniziali e ad abbracciare la causa giacobina, entusiasta dei principi repubblicani.

Dopo la seconda repubblica Cisalpina si rende conto che Napoleone ha tradito gli ideali della rivoluzione e organizza una azione antinapoleonica che porti alla liberazione del suolo italiano dall’occupante straniero. Scoperto, fugge in Svizzera, ma la Svizzera, che tradizionalmente accoglie qualsiasi perseguitato politico, lo consegna ai Francesi: per Passerini è la fine: è condannato al patibolo.

Per tale sua condanna fu reputato da Cesare Cantù un eroe risorgimentale e nei testi della storia lariana viene descritto come l’eroe che promosse “la cospirazione per liberare la Lombardia e l’intera penisola dal Re d’Italia e Imperatore Napoleone Bonaparte nel 1806”.

Alessandra Mita ha condotto con passione e competenza una ampia ricerca, esaminando decine di documenti, immergendosi tra i tomi degli archivi di Como, Milano, Varese – ne è prova la quantità di note che arricchiscono il volume – analisi lucida, ricostruzione storica fedele e, nonostante la complessità degli argomenti, di una fedele gradevole lettura.

 

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