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Spettacoli

DE MINIMIS (NON) CURAT PRAETOR

MANIGLIO BOTTI - 11/04/2014

una scena dal film "Il pretore"

Uno degli errori più comuni in cui si può incorrere nel giudicare un film tratto da un romanzo è quello di considerare le due opere come se fossero complementari e addirittura l’una la spiegazione e la prosecuzione dell’altra. Mentre invece si tratta di due lavori distinti, che marciano ognuno per proprio conto, e non è detto che se una delle due raggiunge le vette dell’arte e della poesia, o forse anche del solo successo commerciale, la stessa cosa valga per la seconda. Tuttavia, parlando del film di Giulio Base “Il pretore”, tratto dal romanzo (o, come ebbe a dire quarantuno anni fa qualche critico, “racconto dilatato”) di Piero Chiara “Il pretore di Cuvio”, è quasi impossibile, per noi varesini, in un certo senso cresciuti nella venerazione dello scrittore luinese, l’essere esentati da una tale pecca.

Si sa che, in epoca ahinoi ormai piuttosto lontana, il “Pretore di Cuvio”, da romanzo breve che era, stava per tramutarsi in film, come era già accaduto per altri romanzi di Chiara: la Spartizione (Venga a prendere il caffè da noi), il Balordo, memorabilmente trasformato per la Tv con un’interpretazione magistrale di Tino Buazzelli, il Cappotto di astrakan, il bel film di Dino Risi la Stanza del vescovo con un eccellente Tognazzi, la Banca di Monate… È noto anche che a una sceneggiatura del “Pretore” si era già lavorato, crediamo per mano dello stesso Piero Chiara; si era anche pensato a un attore adatto per l’interpretazione del personaggio principale Augusto Vanghetta, identificato nella figura dell’ex-Gufo Nanni Svampa. Non se ne fece mai nulla.

Siamo così arrivati all’oggi ma solo grazie alla volontà e alla testardaggine di un’attrice di Luino, come Piero Chiara, Sarah Maestri, e al regista torinese Giulio Base (ricordiamo per lui solo la seguitissima serie televisiva di Don Matteo), il Pretore è potuto andare nelle sale cinematografiche con Francesco Pannofino (attore molto noto, ma anche conosciuto come doppiatore per la voce bene impostata e calda prestata a George Clooney, a Denzel Wahington, a Kurt Russell, ad Antonio Banderas per dire solo dei più famosi) nei panni del pretore Vanghetta “Patavuncia” e con altri attori “autoctoni”, quali per esempio Eliana Miglio e Max Cavallari.

La cosa positiva – a prescindere, avrebbe detto il grande Totò – è che di nuovo si è tornati a “fare cinema” nella nostra città, nella nostra provincia. Anzi, l’abitudine, che s’era persa nel tempo, viene opportunamente corroborata dopo la recente performance di Paolo Virzì con il suo Capitale umano. Ma sostenere – hic et nunc – che il Pretore è un grande film o, soprattutto, che sarà un film di successo, è difficile, anche per degli spettatori attenti e appassionati, più che veri recensori. Lasciamo, come sempre, la risposta, ai posteri. Nel caso, il pubblico.

Il taglio della nuova opera è diverso rispetto al romanzo: Piero Chiara, nel libro, fece morire tutti i personaggi principali: il Vanghetta, ex pretore ed ex avvocato, a Milano quasi da clochard; l’Evelina di parto; il giovane e, in seguito, aitante avvocato Mario Landriani in guerra in Albania nel 1941. Si può affermare, con una dizione logora, che specialmente nel finale un po’ “scanzonato” il film è poco aderente al testo.

Il romanzo di Piero Chiara, alla sua uscita, vendette subito migliaia e migliaia di copie ma non fece gridare al capolavoro la critica, nonostante le prove eccellenti già fornite nel passato dallo scrittore. Al Premio Strega del 1973 Piero Chiara, che con il suo Pretore era dato per favorito, arrivò secondo dietro a Manlio Cancogni che vinse con Allegri, gioventù. L’autore luinese ci rimase un po’ male e intervistato dai cronisti se la cavò con una battuta, più o meno elegante, ma azzeccata e d’effetto: “De minimis non curat praetor…”.

Per quanto ci riguarda, pur amando tantissimo Chiara, il Pretore non è il nostro romanzo (o racconto lungo) preferito: meglio Vedrò Singapore? o la Stanza del vescovo. Ciononostante, crediamo, nella pagine finali del Pretore si celano alcune delle frasi più malinconicamente vere trovate in un libro. E poi dedicate alla nostra storia, alla nostra Valcuvia.

“La loro vicenda – scrive Chiara dei personaggi del suo romanzo, che vissero tutti tra gli anni ’20 e’30 del Novecento –, ormai priva degli spettatori che l’avevano goduta o sofferta negli anni in cui si consumò, andava a confondersi con la storia di tante altre vite passate nella valle, nella provincia nel mondo…

“I giovani, che erano sopravvenuti a ondate sempre più stanche, non ebbero tempo per guardare il passato, tanto erano occupati a fottersi l’avvenire nelle guerre…

“Sulle strade di terra battuta dov’era passata la Bianchi S.5 del Vanghetta, si stese un nastro d’asfalto e cominciò il carosello dei cittadini affamati di aria, dei ragionieri cercatori di funghi e dei devastatori di boschi e montagne…”.

 

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