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Ambiente

LA BRUGHIERA “ESPROPRIATA”

ARTURO BORTOLUZZI - 11/07/2014

Era giusto quanto s’è sostenuto su RMFonline a proposito dell’aeroporto di Malpensa. Ora l’ha detto la Cassazione.

Pochi giorni fa (senza avere risposte) avevo scritto al Ministero dei Trasporti e alla Regione Lombardia: trovavo a dir poco grottesco che rappresentanti della Regione Lombardia, di SEA e della Camera di commercio di Varese si fossero seduti attorno a un medesimo tavolo per discutere del necessario sviluppo di Malpensa, entro il territorio varesino. Grottesco non era il fatto di essersi trovati assieme a parlare – cosa assolutamente positiva – ma il non avere messo tra i punti in discussione la questione ambientale (che si doveva invece mettere in primo piano). Questione ambientale che necessitava di una disamina, urgente, perché pendente nei tribunali italiani e comunitari. Per di più non erano state invitate a interloquire le associazioni ambientaliste della provincia di Varese.

Chi ha confezionato gli inviti all’appuntamento, ha fatto i conti senza l’oste, producendo un ordine del giorno per trattare argomenti di poca carne.

Ritenevo proprio fondamentale che la politica non lasciasse sopire il dibattito ambientale. Lo ritengo fondamentale ancora ora. Occorreva, infatti, e occorre, primariamente, discutere dell’inserimento di Malpensa nel territorio varesino.

Non voglio non godere di Malpensa né combatterla perché calata dall’alto. Desidero, invece, che sia governata e che venga finalmente pianificato il suo inserimento nel territorio. Questa è una attività politica particolarmente impegnativa e pesante, ma che deve essere compiuta in maniera soddisfacente e senza tatticismi di sorta.

Malpensa nel territorio varesino è un oggetto estraneo, del quale si percepiscono le utilità potenziali ma che continuano a non essere chiare e dimostrate. Sono, d’altro canto, manifesti i disagi arrecati alla popolazione che abita e lavora presso l’aeroporto. Lo dicono alla Regione Lombardia, ai Ministeri dell’ambiente e dei trasporti, oltre agli interessati, sia la Corte di appello sia la Corte europea di giustizia all’interno delle decisioni che hanno dato ragione a Umberto Quintavalle a tutela della sua proprietà: Cascina Tre Pini nel Parco del Ticino.

Nella stessa sono morti centomila alberi a causa del traffico aereo di Malpensa. Le perizie svolte dai tecnici di parte constatarono, infatti, una presenza sopra la norma di ossidi di azoto e di idrocarburi policiclici aromatici, più noti con la sigla Ipa, sostanze derivanti da combustioni incomplete di idrocarburi e vero veleno per la vegetazione.

La proprietà – Cascina Tre Pini – è riconosciuta di pregio ambientale, e a favore della stessa vanno assunti provvedimenti concreti per ridurre l’impatto degli aerei in decollo da Malpensa. La salvaguardia non deve e non può essere parcellizzata, ma occorre sia rivolta a tutto il territorio limitrofo all’aeroporto. Allo sviluppo non deve rinunciarsi ma questo deve essere fatto nel rispetto di coloro che abitano il territorio.

Lo dice, ora, anche la terza sezione della Cassazione al terzo e ultimo grado di giudizio, che con un vero e proprio colpo di scena ha sostenuto e affermato che di Malpensa debbono occuparsi le istituzioni e non i privati.

Leggendo della Sentenza, si evince che viene respinto il ricorso del Ministero e accolto invece quello della società che gestisce l’aeroporto e che da sempre si è difesa sostenendo di non essere lei a decidere rotte e aerei in transito.
Secondo la Cassazione, dunque, l’ampliamento di Malpensa ha comportato immissioni oltre la soglia consentita, che hanno danneggiato la brughiera. Per i giudici – si legge nella sentenza pubblicata dal Sole 24 ore – il proprietario dell’area ha di fatto subito una espropriazione larvata dei suoi beni.
Il Ministero, in fase dibattimentale, aveva chiesto l’applicazione di una legge più favorevole per alzare la soglia di tollerabilità degli scarichi degli aerei. Per i giudici la disciplina da applicare è il decreto ministeriale del 31 ottobre 1997 che fissa per le zone esterne all’aeroporto, come nel caso esaminato, valori limite delle sorgenti sonore più bassi di quelli previsti per le aree dell’intorno aeroportuale.

I valori, insomma, decrescono con il progredire della distanza, a maggior ragione se si fosse tenuta in considerazione la particolare protezione di cui gode l’area danneggiata, classificata come sito di interesse comunitario nell’ambito del programma Rete Natura 2000.

Ma è il conto degli otto milioni che spettano a Quintavalle, quello che farà certamente discutere: secondo i giudici, infatti, va considerata anche la svalutazione degli immobili. È come se si trattasse di un esproprio virtuale che va, dunque, a indennizzare il privato che si ritrova a conservare al dualismo un bene “menomato” in seguito all’esecuzione di un’opera pubblica.

In parole ancora più semplici, la Cassazione stabilisce un nuovo principio, ovvero il diritto all’indennizzo per espropriazione per chi subisce le immissioni dannose degli aerei. Un principio destinato a sollevare un polverone in brughiera. E non solo.

Pretendo da cittadino che sia la politica a condurre fino in fondo questa discussione. Ribadisco, allora, con forza la richiesta: la Regione istituisca un tavolo di programmazione sullo sviluppo di Malpensa chiamandovi a sedere tutti gli interessati: la rappresentanza istituzionale i privati imprenditori e anche le associazioni ambientaliste.

La questione ambientale dev’essere prioritaria. Occorre, non solo, pagare gli otto milioni ma è necessario che si sfrutti il tavolo di programmazione per inserire adeguatamente nel territorio varesino e presso i cittadini la struttura aeroportuale.

La politica lavori e aiuti il territorio varesino non solo a collocare rispettosamente l’aeroporto della brughiera, ma a renderlo un’effettiva presenza per lo sviluppo delle attività nella provincia. Va costruito uno strumento positivo e redditizio e non, invece, una macchina per rovinare i nostri valori più alti.

 

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