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Storia

WOJTYLA/1 CARI VARESINI, ECCOMI QUI

GIOVANNI PAOLO II - 31/10/2014

papa4Il 2 novembre 1984 Papa Giovanni Paolo II salì in pellegrinaggio al Sacro Monte. Ecco il discorso che tenne dalla terrazza del Mosè.

 

Sono lieto di iniziare il mio pellegrinaggio ai luoghi legati alla memoria di san Carlo Borromeo, nel quarto centenario della sua morte, da questo Sacro Monte, che è il luogo più significativo per natura, arte, storia e religione di Varese, e che col suo santuario e con le sue cappelle, dedicate ai misteri del santo Rosario, è meta di numerosi pellegrini.

Porgo il mio saluto cordiale all’arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, al signor sindaco e al rappresentante del governo e li ringrazio per le loro parole di benvenuto; saluto con speciale pensiero anche l’arciprete di Santa Maria del Monte, monsignor Pasquale Macchi, le autorità presenti, il clero, i religiosi e le religiose della città di Varese e dei luoghi circonvicini, e rivolgo il mio saluto riconoscente a tutti voi che siete qui convenuti e all’intera popolazione di Varese e del Varesotto.

Ho sentito la necessità di compiere questo pellegrinaggio straordinario, sia per onorare san Carlo, vero gigante nella storia della Chiesa, sia per ritornare alle fonti della sua vita e del suo insegnamento, termine di confronto valido per la vita cristiana di oggi. Infatti la personalità di san Carlo è incancellabile dalla Chiesa: già durante la breve esistenza – una vita di appena 46 anni, di cui una ventina trascorsi come arcivescovo di Milano – ma soprattutto dopo la scomparsa, l’influsso del suo esempio e del suo metodo pastorale si sparse con profonda efficacia per tutta la Chiesa, orientando nell’applicazione dei decreti del Concilio di Trento in un periodo particolarmente difficile e contrastato, tanto che egli fu ritenuto la figura più eminente della Riforma cattolica.

Egli ci è tuttora maestro, guida, ispiratore. Giustamente è stato detto che “sono più vantaggiosi per il mondo quelli che pregano che quelli che combattono” (Juan Donoso Cortes) e che “la Chiesa non ha bisogno di riformatori, ma di santi” (Georges Bernanos)! Ebbene, san Carlo proprio ai cristiani di oggi ricorda le verità supreme ed eterne, che Cristo è venuto a rivelarci e che la Chiesa insegna; anche alla società moderna egli ribadisce che, se si cancella la fede in Dio, viene a spegnersi fatalmente anche la speranza. San Carlo esorta e insegna a pregare e ad impegnarsi seriamente nell’opera della santificazione personale.

Iniziando il mio itinerario spirituale con la recita del Rosario lungo il pendio di questo monte in cui tutto ci parla della Vergine santissima, voglio sottolineare una delle caratteristiche principali di san Carlo, e cioè la sua devozione mariana. Come sapete, la tradizione dice che sant’Ambrogio si recava spesso su questo monte per pregare, all’epoca delle lotte contro gli Ariani, e che qui avrebbe fatto edificare un altare dedicato a Maria. Il santuario di Santa Maria del Monte è molto posteriore: i documenti circa i pellegrinaggi risalgono al secolo XII, e l’epoca aurea si ebbe nel 1500 con la fondazione del monastero annesso, per opera delle beate Caterina e Giuliana.

San Carlo vide in questo luogo benedetto un segno speciale della protezione di Maria su queste terre e una difesa contro le eresie del tempo; promosse l’antica pratica dei pellegrinaggi, purificandoli da alcuni disordini e abusi; volle che all’ora del vespro si recitasse ogni sera la “Salutazione angelica” e si cantasse la “Salve Regina”; venne qui più volte pellegrino, e con la visita pastorale compiuta nel 1574 portò un radicale mutamento nella situazione del clero e nella legislazione del monastero delle Romite ambrosiane, affinché sempre più e sempre meglio il santuario fosse per i fedeli fonte di grazie divine e stimolo alla perfezione.

Dopo la sua morte, sorse questo complesso mirabile: infatti nel 1605, a opera del padre cappuccino Gian Battista Aguggiari, della badessa Tecla Maria Cid e dell’architetto Giuseppe Bernasconi, e con l’approvazione e la promozione del cardinale Federico Borromeo si diede inizio alla costruzione delle quattordici cappelle del santo Rosario, che, intervallate da tre archi, uno dei quali è dedicato a san Carlo, portano dolcemente lungo il viale al santuario, permettendo così la preghiera e la meditazione dei misteri della vita di Cristo. La costruzione del Sacro Monte sopra Varese fu certamente ispirata dalla devozione a Maria di san Carlo: essa richiese praticamente quasi un secolo di lavoro (1605-1690) e fu opera di tutto il popolo; mirabile monumento di architettura, di scultura, di pittura, esso è espressione di viva e profonda religiosità cristiana e mariana.

Da questo luogo così suggestivo e così mistico, dobbiamo ricavare il prezioso insegnamento di san Carlo circa la devozione a Maria. Egli che – come scrive il suo primo biografo Carlo Bascapè – ogni giorno recitava in ginocchio l’Ufficio divino e quello della beatissima Vergine e che in qualsiasi posto si trovasse, anche fangoso, si inginocchiava per terra, quando sentiva il suono dell’Angelus, esorta pressantemente alla devozione e all’imitazione di Maria, per essere cristiani autentici e coerenti, in una prospettiva soprannaturale e ultraterrena della vita. Meditando sull’annuncio dell’angelo, egli diceva: “Rallegrati anche tu, o anima, rallegrati del mistero, rallegrati con le parole della Madre, che è regina e maestra del genere umano: “Magnificat anima mea Dominum”. Anche la nostra anima magnifichi il Signore; lo anteponga ad ogni cosa; non tenga in alcun conto onori, ricchezze, vantaggi del mondo, piaceri; esulti in Dio nostro Salvatore. Ogni altro godimento non vale nulla. Riflettiamo che Dio ama l’umiltà, che gli umili sono innalzati, che nulla è più alto dell’umiltà”.

Veramente Maria è regina e maestra del genere umano e ci insegna la fiducia in Cristo e nella Chiesa, l’impegno nella carità, lo zelo apostolico, lo spirito di mortificazione, l’attesa del paradiso. Certamente – come scrisse nella Marialis Cultus (n. 57) Paolo VI, che fu molte volte pellegrino a questo santuario come arcivescovo di Milano – “Cristo è la sola via al Padre; Cristo è il modello supremo, al quale il discepolo deve conformare la propria condotta, fino ad avere gli stessi suoi sentimenti, vivere della sua vita e possedere il suo spirito… Ma la Chiesa riconosce che anche la pietà verso la beata Vergine, subordinatamente alla pietà verso il divin Salvatore e in connessione con essa, ha una grande efficacia pastorale e costituisce una forza rinnovatrice nel costume cristiano” (Pauli VI, Marialis Cultus, 57).

Eliminando la speranza cristiana, si cade fatalmente nella confusione e nella contraddizione, perché si cerca il senso della vita in modi diversi e contrastanti; non volendo accogliere la luce di Cristo, molti si condannano a camminare nel buio delle tenebre. San Carlo ci esorta a confidare in Maria, a pregarla, specialmente con la recita del Rosario, per far fronte all’impeto degli errori e delle tentazioni, per essere – come vuole il divin Maestro – luce del mondo e sale della terra.

San Carlo ci aiuti, in questi propositi! San Carlo ci infervori nella vita di sequela a Cristo per Maria! Quanto sono eloquenti ancor oggi le sue parole: “Regina degli angeli, ottieni per noi dal tuo Figlio, dispensatore di ogni bene, che noi imitiamo la natura degli angeli nella purità della vita, nella lode continua e perseverante, nel continuo rendimento di grazie. Che noi possiamo, infiammati di carità, essere luminosi, risplendendo davanti agli uomini; che ci sia concesso di ardere di amore celeste; di disprezzare, con gli occhi fissi al cielo, le cose terrene; di elevare in alto i nostri cuori; di avere il gusto delle cose di lassù. Che noi possiamo, aspirando alla patria eterna, giungere nella tua beatissima dimora col Dio uno e trino, insieme a te, Vergine e Madre santissima, e possiamo godere delle innumerevoli schiere degli angeli e dei santi. Aiutaci, aiutaci con le tue preghiere!”.

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