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Economia

L’ITALIA IN SVENDITA

ENRICO BIGLI - 07/11/2014

ALITALIACi troviamo di fronte ad una vera e propria debacle nella capacità del nostro paese di governare imprese e progetti complessi. Ilva, Alitalia e Telecom: tre esempi della progressiva liquidazione dei grandi gruppi nazionali. Tre ex imprese pubbliche, rovinosamente privatizzate

L’Ilva

Sul caso Ilva, azienda svenduta a suo tempo a dei privati a dir poco avventurosi, si sono diffusi diversi equivoci. Il primo è quello di credere che ci sia una contrapposizione inevitabile tra lavoro e salute, cosa che impianti «puliti» sparsi in tutto il mondo mostrano come un fatto non necessario. Il secondo è quello di pensare che in un paese avanzato come l’Italia non sia più possibile produrre acciaio, cosa smentita dal fatto che la Germania possiede una forte industria nel settore. Un terzo equivoco, infine, è quello di valutare che quella dell’Ilva sia soltanto una questione di inquinamento, tema peraltro scandalosamente ancora non affrontato pienamente dall’azienda e dal governo. In realtà si intravede una sostanziale incapacità strategica, organizzativa, finanziaria di stare su di un mercato sempre più competitivo. Oggi ci ritroviamo con una situazione drammatica, con l’azienda in forte perdita e senza risorse. Si starebbe pensando da parte del governo di cedere l’impianto al capitale straniero, affidando poi a una qualche compagnia italiana il ruolo di foglia di fico per nascondere l’abbandono totale di ogni velleità di pensare seriamente al futuro dell’impianto, all’interesse nazionale e al mantenimento dei livelli occupazionali; si pensi che, tra l’altro, sembra che si cerchi di mantenere nella compagine azionaria futura la famiglia Riva. Il governo starebbe puntando su di una società indiana, la Arcelor Mittal, che è già presente in forza in Europa con una capacità produttiva in esubero e che presumibilmente interverrebbe nell’Ilva soltanto per evitare che altri se ne impossessino, progettando probabilmente di tagliare le dimensioni del complesso e l’occupazione. Bisognerebbe, invece, da una parte assicurare una forte presenza nazionale nell’impianto, cosa che il capitale privato non è in grado di fare, attraverso magari la Cassa Depositi e Prestiti o direttamente attraverso il Tesoro, dall’altra cercare di scegliere tra i possibili contendenti stranieri quello che desse le migliori garanzie di lungo termine.

L’Alitalia

Probabilmente l’Alitalia è stata per molte decine di anni l’impresa pubblica peggio gestita del gruppo IRI. La forte invadenza del malaffare politico si accoppiava ad un management complice e incapace di rovesciare una situazione disastrata. Ad un certo punto il quadro non ha più retto; abbiamo avuto così prima delle difficoltà varie, successivamente il grottesco intervento di Berlusconi e dei «capitani coraggiosi». Dimostrata poi l’indisponibilità di una qualche seria cordata italiana capace di sollevare le sorti del complesso, ci si è fortunosamente e all’ultimo minuto affidati ad un gruppo arabo che sembra in grado di pilotare la società fuori dalla crisi. Speriamo ora che i rappresentanti italiani nel capitale siano in grado di garantire la tutela di alcuni interessi nazionali di base.

Telecom Italia 

La vicenda Telecom Italia appare triste come Ilva e Alitalia, ancora oggi lontani da uno stabile assetto proprietario. Le vicende del gruppo, dal momento della privatizzazione in poi, hanno comportato una perdita di posizioni sui mercati, il tramonto di opportunità rilevanti di sviluppo, l’umiliazione infine delle capacità tecnologiche di un’azienda che al momento della privatizzazione possedeva ancora molte importanti competenze. La società viene privatizzata nel 1997; essa passa sotto il controllo degli Agnelli, poi della cordata Colaninno che, a detta dei politici di allora, avrebbe dovuto portare un soffio di aria nuova nell’economia italiana. Colaninno indebita la società per prenderne il controllo e lo stesso farà poi, aggravando la situazione, Tronchetti Provera. Il tutto con il sostegno convinto di Mediobanca. Poi nel 2007 si forma un’altra cordata in cui entra in posizione preminente la spagnola Telefonica, che cerca, senza successo, di prenderne il controllo stabile. Ma la società, che nel frattempo si trova in una situazione economica e finanziaria abbastanza precaria, è ora al centro di nuovi intrighi, in cui il gruppo francese Bollorè, forse in alleanza con Berlusconi, cerca di impadronirsi del gruppo, in un gioco di scambi politici oscuri con il governo e con altri protagonisti del quadro. Solo un forte intervento del capitale pubblico, oltre a un socio straniero, potrebbe rilanciare un’impresa allo sbando. Intanto l’Italia si trova indietro nella diffusione della banda larga, infrastruttura ormai da tempo indispensabile per lo sviluppo del paese.

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