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Cultura

OPERE RELIGIOSE DI CHAGALL

PIERO VIOTTO - 04/12/2014

 

La doppia mostra di Marc Chagall (1887-1985) a Milano è un evento eccezionale perché finalmente il pubblico e il privato hanno imparato a collaborare nell’interesse della città. Il Museo comunale e il Museo diocesano fanno una mostra insieme e pubblicano un unico catalogo con le opere esposte nelle due sedi. I criteri espositivi sono complementari, le opere sono esposte in ordine cronologico, nelle sale del Palazzo Reale a partire dalle prime esperienze in Russia, all’esilio in Germania, dai diversi soggiorni in Francia, all’esilio in America durante la guerra, mentre nelle sale del Museo diocesano sono radunate intorno al tema monografico delle illustrazioni dedicate alla Bibbia. Ma c’è una complementarità tra le due esposizioni, perché molte opere a Palazzo Reale riguardano temi biblici.

Il commerciante d’arte Ambroise Vollard, che nel 1927 aveva chiesto a Chagall di illustrare con acqueforti in bianco e nero alcune opere della letteratura, Le anime morte di Gogol (96 incisioni), Le favole di La Fontaine (198 incisioni), nel 1930, chiede all’artista russo di illustrare la Bibbia e nasce un capolavoro dell’arte contemporanea con 303 incisioni. Chagall s’impegna in un lavoro faticoso ed entusiasmante, perché la Bibbia è per lui la più grande sorgente di poesia di tutti i tempi e come artista vuole dedicarsi a cogliere e raccontare questo mondo poetico.

Inizia con delle gouaches, poi nel 1931, per meglio documentarsi sul paesaggio degli avvenimenti che deve illustrare, con Bella e la figlia Ida, fa un viaggio in Siria, Egitto e Palestina, e annota nel Diario “Ho voluto toccare la terra, sono venuto per verificare certi sentimenti, senza pennelli.          Nessuna documentazione, nessuna impressione di turista, ma sono contento di esserci stato. Per queste strade e scalinate migliaia di anni prima ha camminato Gesù, in lontananza vanno e vengono verso il muro del pianto ebrei barbuti, vestiti di blu, di giallo, di rosso, coperti con berretti di pelliccia. Da nessun’altra parte potreste essere così desolati e felici nel vedere questa massa millenaria di pietre e di polvere, come a Gerusalemme e sulle colline dove sono sepolti profeti su profeti”. Tornato a Parigi fissa i suoi ricordi e traduce le gouaches in lastre per incisioni in bianco e nero. Quando nel 1936 muore Vollard solo 65 lastre sono terminate, Chagall riprende il lavoro dopo l’esilio americano e termina l’opera nel 1956.

Ma sarebbe inesatto fermarsi a quest’opera, perché l’interesse di Chagall per la Bibbia esplode nelle vetrate e in grandi quadro ad olio, e anche in sculture e maioliche. Tra le vetrate sono rilevanti quelle che illustrano i Salmi nella Cattedrale di santo Stefano a Metz (1958-68) ben integrate nello spazio architettonico gotico e le dodici della sinagoga interna all’ospedale di Hadassad a Gerusalemme, ciascuna delle quali è dedicata a una delle tribù di Israele. Per ammirare i grandi quadri bisognerebbe recarsi al “Museo messaggio biblico” di Nizza nel quale troviamo opere dedicate alla Genesi, all’Esodo, al Cantico dei cantici che Chagall ha voluto raccogliere in un apposito museo, nella cui sala centrale, nella quale “si potranno anche eseguire concerti per ascoltare Bach o Stravinskij, e un sacerdote o un rabbino potrà fare il suo sermone”, come scrive in una lettera a Maritain (15 aprile 1933) c’è la vetrata La creazione del mondo. Infine bisognerebbe recarsi in Alta Savoia a visitare la chiesetta di Plateau d’Assy, dove Chagall ha decorato interamente il battistero con sculture, vetrate ed un grande ceramica.

L’arte non è religiosa solo quando illustra temi biblici, ma è religiosa in se stessa perché la bellezza è una contemplazione dell’Assoluto e in particolare la musica esprime questa religiosità naturale dell’arte, Chagall l’ha ben compreso tanto che nelle sue grandi opere troviamo la decorazione della cupola del teatro dell’Opera di Parigi (1964) e un grande murale del teatro Metropolitan di New York (1967) con Il trionfo della musica, senza dimenticare le sue scenografie e i suoi costumi per diverse opere da Mozart a Stravinskij.

Nella mostra milanese si può vedere in piccolo questo multiforme universo, infatti le grandi opere non sono trasportabili, ma la scelta delle opere esposte, quadri, disegni, ceramiche, sculture documenta tutta l’estensione della creazione artistica di Chagall ed evidenzia la coerenza e la continuità di uno stile che attraverso i colori e forme cerca una percezione unitaria dell’universo creato.

Paolo Biscottini, direttore del Museo diocesano, nel contributo al catalogo, coglie questo significato profondo dell’opera di Chagall: “La forza creativa di Chagall ha un carattere esplosivo e si manifesta nella disseminazione di frammenti narrativi e simbolici che, nel loro insieme, acquistano valore iconico. La questione dell’immagine è fondamentale per comprendere la storia artistica di Chagall e in modo particolare quella connessa al messaggio biblico, dove la scissione dell’unità divina nel molteplice del mondo e degli individui offre un’interessante possibilità di connessione con il mistero della creazione e la sua specifica interpretazione chassidica, cui si deve l’idea che il mondo sia stato creato come un luogo di bellezza e grazia, destinate a espandersi nei vari livelli dell’esistenza… L’idea fondamentale muove dalla considerazione che la bellezza del mondo ha in sé il senso della totalità, comprendendo tanto la vita animata, quanto quella inanimata. Uomo, terra e cielo sarebbero generati dal fuoco primordiale del Creatore, una sorta di esplosione da cui hanno inizio tutte le forme di vita”.

A Palazzo Reale troviamo il quadro emblematico, Passeggiata, un’opera del 1917 con Marc che, danzando, trattiene Bella che vola nel cielo sopra la sua città natale, Vitebsk, un doppio ritratto dei due giovani innamorati a significare che è l’amore il fondamento della storia umana. Il bozzetto per il Metropolitan di New York, e una serie di costumi teatrali. La ricostruzione del Teatro ebraico di Mosca, un quadro Madonna del villaggio, nel quale angeli e animali, che suonano strumenti musicali, circondano una monumentale figura bianca di Maria con il suo Bambino, a lato del villaggio, dal quale spunta, come segno di devozione una candela accesa. Un’opera del 1974 un Don Chisciotte al centro di un gruppo di persone, documenta l’interesse di Chagall per i capolavori della letteratura

Al Museo diocesano si può ammirare un Ritorno del figliol prodigo del 1975 che riprende lo schema compositivo del Don Chisciotte, al centro la figura del padre che accoglie il figlio e tutto intorno gruppi di persone, quasi a ricordare che la storia di ognuno si sviluppa nell’insieme dell’umanità. Poi troviamo due ceramiche, studi preparatori per il battistero di Plateau d’Assy e una scultura in marmo il Re Davide, che rimanda ai marmi di quel battistero.

Ci sono nell’insieme delle sessanta opere tutte le gouaches del 1931, che hanno preparato la lunga riflessione di Chagall sul testo biblico, ed è interessante il confronto tra queste coloratissime gouaches e il bianco e nero delle acqueforti. Molto bella quella della lotta tra Giacobbe e l’angelo per il contrato tra i bianchi e i neri, che annuncia il mondo figurativo delle trecento tavole. La gouaches del 1945, Crocifissione messicana, è una composizione a parte che merita particolare attenzione, perché la drammaticità della rappresentazione scenica in un cielo rosso fuoco. La donna, in veste blu come la Madonna, che sta davanti al Crocefisso, temendo in braccio un bambino, rappresenta Maria che già percepisce il sacrificio del Figlio e partecipa alla redenzione? Chagall non faceva discorsi teologici, ha lasciato scritto “non sono un mistico, non frequento la chiesa o la sinagoga, ma, per me, lavorare è pregare”, aggiungendo “il Cristo è l’uomo che ha la più profonda comprensione della vita, una figura centrale per il Mistero-vita”. Non sono affermazioni teologiche, non sono riflessioni filosofiche, ma pensieri di un artista, che ha intuito il significato del dolore nel mistero della vita umana come espressione di una solidarietà che non ha confini

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