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Cultura

FILOSOFIA, SCIENZA E POLITICA

PIERO VIOTTO - 25/03/2016

CroceIl centocinquantesimo anniversario della nascita di Benedetto Croce (1866-1952) filosofo, critico letterario e uomo politico, mi riporta agli anni della mia giovinezza, quando studente universitario mi sono trovato immerso in un clima culturale che faceva della storia il criterio assoluto di giudizio per valutare le idee e gli avvenimenti. I libri con cui al Liceo e all’Università studiavo la letteratura e la filosofia, l’arte e l’economia, erano impregnati di storicismo, perché non esisteva nessun valore trascendente, il divenire della storia, la religione era come una sovrastruttura, ammessa, perché il regime fascista aveva fatto un Concordato con la Chiesa cattolica, ma come lateralizzata. Dall’età del positivismo, secondo cui tutto il sapere si riduce alle conoscenze scientifiche, si era passati all’età dell’idealismo per cui tutto il sapere si risolve in filosofia, perché la ragione umana può conoscere tutto l’universo del sapere e la religione ha solo un valore educativo per i fanciulli e per gli adolescenti che si fermano alle immagini e sentimenti. La pensavano cosi, e così scrivevano, due Ministri della Pubblica Istruzione, Benedetto Croce  negli anni 1920-1921e Giovanni Gentile negli anni 1922-1924, entrambi filosofi idealisti, il secondo autore di una riforma scolastica           che rimase in vigore fino al 1962, quando il Parlamento abolì le “Scuole di avviamento professionale”, istituendo una “Scuola media unica”, senza fare una riforma organica di tutti gli altri settori scolastici.

Benedetto Croce, abruzzese, sopravvissuto nel 1883 al terremoto di Casamicciola, in cui perse i genitori, ripara a Napoli dove si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, ma non si laurea, per dedicarsi liberamente agli studi della letteratura  e della storia, ad incominciare dagli scritti di Giosué Carducci e di Francesco De Sanctis. Inizia la sua ricerca di filosofo con una critica al marxismo, nel quale vede ancora dei residui del naturalismo dei positivisti, poi insieme a Gentile si avvicina all’idealismo di Hegel, Nel 1903 fonda “La critica” una rivista di letteratura, storia e filosofia, nella quale pubblica i suoi saggi e che fino al 1944 è stata la rivista di riferimento degli intellettuali italiani. Senatore del Regno d’Italia vota il governo Mussolini, ma in seguito se ne distacca e continua a difendere le sue posizioni di “liberalismo sociale”, mentre Gentile diventa il filosofo del regime e tra i due si manifestano anche marcate differenze filosofiche pur nella medesima corrente idealistica. Nel 1925 pubblica il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” contro il “Manifesto degli intellettuali fascisti” di Gentile, e vive isolato, ma tollerato dal regime per la fama dei suoi studi ed il successo della sua rivista; dopo la fine della guerra fonda con Luigi Einaudi il Partito liberale italiano ed è eletto  al Parlamento.

L’enciclopedia del sapere, elaborata da Benedetto Croce, titola “Filosofia come scienza dello spirito” e si articola in quattro settori, l’estetica e la filosofia, per il sapere teoretico, l’economia e la morale, per il sapere pratico, non comprende la religione. Ma Croce nel 1942,  durante la tragedia del secondo conflitto mondiale, scrive un breve saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani”,  che i fascisti presentano come il ritorno di un agnostico alla fede, ma che in realtà non è che il riconoscimento di uno storico, che scrive “Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta”, e  considera  il cristianesimo solo come un evento storico. Ad una poetessa, Maria Curtopassi,  di cui aveva presentato  le composizioni poetiche  e  che gli aveva inviato una copia del Nuovo Testamento e che è all’origine di questo volumetto, scrive  “ …sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell’impulso dato da Gesù e da Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico, che pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un’altra che potrebbe risalire all’età precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell’orda?”.

Croce fa del liberalismo, come riconosce anche Norberto Bobbio,  “la religione della libertà”,  di una libertà senza Dio, perché considera la libertà come un valore assoluto, per cui ciascuno  non ha che da seguire la  propria coscienza soggettiva, non ha da confrontarsi con una verità oggettiva, che trascenda la coscienza, in quanto la verità non è che il divenire della storia. Non per nulla il Sant’Ufficio mise all’Indice i libri di Croce nel 1934, considerando i suoi scritti contrari al cristianesimo.

L’importanza storica e l’eredità culturale di Croce sta soprattutto nelle sue ricerche estetiche, perché considera l’opera d’arte insieme una intuizione-espressione, cioè non  pura intuizione come nel romanticismo, né  sola espressione come nel classicismo, in quanto non si ha intuizione musicale senza suoni, intuizione pittorica senza colori, intuizione poetica senza parole:  la  perfezione dell’arte   sta proprio in questa unità.  Purtroppo  questa  pregevole estetica era immersa nell’insieme della filosofia idealistica, che riduce tutta la realtà a pensiero, per cui  con l’avvento,  nella cultura contemporanea, del pensiero debole, che rifiuta la identificazione del pensiero umano con la realtà, è andata perduta. In fondo la filosofia di Benedetto Croce è ancora un residuo dell’illuminismo, della pretesa della ragione        di conoscere tutta la realtà, come se non esistesse al di sotto e al di sopra dell’intelligenza umana nulla da conoscere e da sapere.

Bisogna ritrovare le connessioni tra la scienza, la filosofia e la religione, e bisogna superare la contrapposizione tra il pensiero forte  dell’idealismo e il pensiero debole del relativismo, per riconoscere, insieme, i valori e limiti della conoscenza umana, accettando le illuminazioni della religione che non sono in contrasto, ma in correlazione con le certezze della filosofia.

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