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Attualità

LA PIAZZA E IL SUO COLLEGIO

OVIDIO CAZZOLA - 12/12/2014

Il Collegio sant’Ambrogio nel progetto del 1939

Il Collegio sant’Ambrogio nel progetto del 1939

Il rischio di crolli dell’edificio della ex caserma, il desiderio di superare la presenza dell’attuale cosiddetto ‘teatro tenda’ con la realizzazione di un nuovo teatro, ha dato vita a un confronto fra considerazioni diverse su un nuovo assetto di piazza della Repubblica.

La Piazza ‘del mercato’ dell’Ottocento, a fianco della caserma che il Comune aveva realizzato dopo l’Unità nel 1866, veniva integrata dal ‘mercato coperto’ degli anni ’20 del secolo scorso (abbattuto con altri edifici ottocenteschi per la realizzazione delle Corti negli anni ’90), e dal trasferimento del monumento ai Caduti da piazza XX settembre.

Il 13 marzo 1939 la Superiora generale delle Suore della Riparazione Casa di Nazareth di Milano, Suor Rosa Scolari, presentava, per l’approvazione di legge al Podestà di Varese, il progetto di un edificio ad ‘uso scuola magistrale, scuola elementare e convitto’, con una cappella, da erigere in Varese, piazza del Mercato. Veniva unito il progetto firmato dall’ingegner Giovanni Maggi di Milano.

Il 5 maggio 1939 il Podestà autorizzava la Superiora Generale ad eseguire le opere. L’edificio prevedeva finiture accurate, con rivestimenti in cotto a vista e intonachi in calce con polvere di marmo ‘botticino’.

Il progettista era particolarmente apprezzato dalla Curia arcivescovile di Milano. Il cardinale Schüster lo aveva incaricato del grande progetto per il nuovo seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, edificato nel 1928, che ancora oggi impressiona per la sua rilevanza monumentale.

Il progetto dell’ingegner Maggi in piazza Mercato solleva in Comune qualche perplessità perché avrebbe nascosto in parte la vista del verde della collina di Bosto. Ma la particolare cura e qualità del progetto, di cui viene presentato anche il ‘plastico’, favorisce poi apprezzamenti convinti.

Interessante considerare l’evoluzione dello studio di progettazione di Maggi. Se a Venegono prevale una visione ‘eclettica’, celebrativa dell’immagine e del ruolo della Chiesa milanese, a Varese si vuole esprimere una presenza impegnata nel campo educativo con una ormai solida condivisione degli sviluppi dell’architettura italiana, interpretata particolarmente da una nuova generazione di architetti, che il regime aveva considerato con favore e che anche nel nostro capoluogo stava offrendo testimonianze significative.

Di rilievo è anche l’immagine di una volontà di presenza della scuola cattolica a Varese con una architettura che tuttora caratterizza, sullo sfondo, uno dei luoghi significativi della città, che andavano ben oltre la presenza del ‘mercato’ convenientemente ospitato all’interno della struttura progettata non molti anni prima dall’ingegner Santarella, oggi perduta.

Negli anni Novanta il complesso viene acquisito dalla Provincia di Varese e diventa sede universitaria. Una sede prestigiosa, nel cuore della città, per una nuova presenza che sembra avviare verso un futuro di impegnative speranze.

La Provincia procedeva a interventi diversi. La navata della chiesa veniva troncata orizzontalmente ricavando gli spazi per le riunioni e per le mostre. Pochi anni fa, inopinatamente e senza motivazioni note, è stata demolita la grande ala posteriore del complesso. Il ‘plastico’ del 1939 mostra la sua consistenza e le ragioni del nostro stupore per l’operazione compiuta.

È rimasta la vista dell’edificio verso la piazza, che costituisce la forza e la dignità, con il monumento ai Caduti, della sua veduta, proiettata verso il verde della collina. Sul suo lato sinistro inappropriati condomini di scarsa qualità.

L’interno di quanto è rimasto, che assicura ancora la presenza del rettorato con gli uffici connessi e della grande sala per attività culturali, si presenta con spazi di accesso di notevole pregio e accoglienza. La sala di riunione dei docenti guarda dalle sue ampie finestre verso la città.

Per la nostra Varese si tratta di una presenza architettonica da salvaguardare per salvaguardare sé stessa. Abbiamo la fortuna che si tratta di un bene pubblico, per cui si deve essere certi che sarà conservato, rispettato, utilizzato convenientemente. Ci affidiamo alla cultura, al senso di responsabilità degli attuali amministratori perché non si ripetano gli scempi del passato. Con una riflessione, anche, di ampio respiro.

Un nuovo teatro qui, o una nuova visione per la città reale di una struttura teatrale e congressuale in vista dei nostri laghi e delle Alpi? Nella speranza che non prevalga il politichese della ‘firma’ su quanto si vorrebbe fare, evidentemente non ancora chiaramente considerato. Impegnandoci tutti insieme perché da piazza della Repubblica si cominci ragionevolmente a riflettere sul destino da proporre per questa nostra cara città.

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