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Cultura

QUELL’INNO ANTICO

LIVIO GHIRINGHELLI - 19/12/2014

peristephanon

Le gerarchie ecclesiastiche hanno teso a fare della preghiera un fatto essenzialmente comunitario, assegnando all’orazione liturgica una dignità speciale; ma nella tradizione cristiana non meno importante è la preghiera, che in piena libertà di spirito e di espressione è segno di un accostamento solitario, tutto interiore, alla realtà divina. Il ritualismo ha permesso di conservare più facilmente il patrimonio esistente. In Occidente comunque lo sviluppo della liturgia non è stato ricco come invece in Oriente. Interessante è il comparto dell’ufficio divino o servizio delle ore canoniche, oltre quello concernente i sacramenti o la rievocazione di passi evangelici o di natura strettamente teologica. Nel primo contesto è da collocare la prima serie degli Inni della giornata di Aurelio Prudenzio Clemente (dall’Inno al canto del gallo a quello prima del sonno), celebrando invece gli altri feste cristiane, tra cui il Natale, o momenti significativi della vita di un cristiano (per e dopo il digiuno, per le esequie di un defunto ecc.).

Nato nel 348 (ignoriamo tutto della sua esistenza dopo il 405, anno della Prefazione a tutte le sue opere) Prudenzio è al contempo testimone dell’agonia di Roma e dell’affermazione decisiva della dottrina niceno-costantinopolitana (comunque le eresie pullularono fino a tutto il quinto secolo) e si accompagna a grandi figure come quelle di Ambrogio, Girolamo e Agostino, in Occidente, i tre “luminari di Cappadocia” in Oriente ( Basilio, Gregorio DI Nazianzo, Gregorio di Nissa) per non dire di San Giovanni Crisostomo.

Prudenzio, ultimo poeta di Roma e primo al tempo stesso dell’Evo medio, è autore di ispirazione multiforme. Di carattere teologico più spiccato sono l’Apotheosis, sulla natura di Dio, l’Hamartigenia, o dell’origine del male; i due libri Contra Symmachum (sulla richiesta di Simmaco di un ritorno in Senato del simulacro della Vittoria) sono del genere didascalico; la Psychomachia apre ai poemi allegorici del Medio Evo; il Peristephanon (che celebra le corone dei martiri, autentiche Passiones in versi e il Cathemerinon sono le opere letterariamente più significative per la dimensione lirica.

Il Cathemerinon, accanto a momenti di enfasi e di prolissità, ne registra altri di sincero afflato poetico e di vera commozione. Precedenti illustri di Prudenzio sono Ilario di Poitiers, ma soprattutto Ambrogio (suo è il metro degli Inni I, II, XI, XII: strofe tetrastiche di dimetri giambici acatalettici). È l’autore di cui più subisce l’influenza, da cui dipende direttamente (v. di Ambrogio il Veni Redemptor gentium, il Christe redemptor omnium). Si danno dell’Inno per il Natale i passi più significativi con traduzione. Da sottolineare in merito alla strofa 21 che il bue e l’asinello rientrano in una antichissima tradizione ignota ai Vangeli. Quello di Luca è l’unico dei Vangeli, che narra per disteso la nascita di Gesù, fonte di tutta la poesia del Natale; è soltanto in lui che troviamo l’accenno ai pastori, che ricevono dall’angelo l’annuncio. Le ultime due strofe si riferiscono alla cecità di Israele, che non riconosce l’avvento del Figlio di Dio, con la conseguente reputazione di deicidio. L’inno in oggetto non era ovviamente recitato o cantato in pubblico, ma destinato alla lettura, a differenza di quelli di Ambrogio. La strofa n.5 viene a distinguere il Verbo insito nel Padre sin dall’eternità (Logos endiàthetos) dal Verbo creatore (Logos prophoricòs). La Sapienza rimane nel seno del Padre dopo la creazione, finché non si compia il tempo destinato alla discesa di Cristo tra gli uomini.

in allegato l’ inno con traduzione

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