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Politica

L’EREDITÀ DEGLI ANNI ‘90

CAMILLO MASSIMO FIORI - 19/12/2014

1993: la gente tira monetine a Craxi

1993: la gente tira monetine a Craxi

Più di vent’anni fa, nel 1992, in Italia c’è stata una rivoluzione politica, incruenta, ma tale da sovvertire l’ordine delle cose. Sono stati messi sotto accusa i ceti dirigenti dell’epoca, considerati corrotti, ma soprattutto i partiti politici che, rendendo praticabile il principio di rappresentanza tipico della democrazia moderna, di fatto creavano una cesura tra il popolo, che poneva aspettative sempre più esigenti e aspirazioni largamente eccessive rispetto alle risorse disponibili, e le istituzioni incapaci di tener dietro alla moltiplicazione dei bisogni.

Il lascito della rivoluzione degli anni Novanta non è stata, come si sperava, la eliminazione della corruzione che continua a prosperare più e meglio di prima, ma la distruzione dei partiti. Quelli della Prima Repubblica sono tutti scomparsi o si sono trasformati in “partitoidi” personali, emanazioni dirette di aziende, feudi di leader carismatici che si rivolgono direttamente ai cittadini e il cui ruolo dominante è favorito dalla comunicazione mediatica. Del resto la politica italiana ha sempre generato dei leader diversi ad ogni crisi di sistema. La liquidazione dei partiti ha lasciato irrisolti problemi fondamentali come quello della educazione politica dei cittadini e della formazione di una classe dirigente competente e funzionale. In Italia mancano ormai da decenni i luoghi di formazione alla politica e alla partecipazione democratica e gli spazi in cui i cittadini si trovano per discutere dei temi pubblici. I partiti si sono trasformati in comitati elettorali chiusi e litigiosi, le primarie sono diventate strumenti per delegare all’uomo di successo, non necessariamente al più competente, la gestione della cosa pubblica.

Il partito come luogo di mediazione degli interessi è entrato in crisi da alcuni decenni mentre la verticalizzazione del potere, la mediatizzazione della politica, che si svolge soltanto alla televisione, l’assenza di mediazione interna hanno svuotato le forze politiche della democrazia; nei nuovi partiti parlano solo i leader perché soltanto ad essi è attribuito il potere.

C’è da meravigliarsi che l’Italia segni il passo, che il degrado della vita pubblica sia sotto gli occhi di tutti? La scomparsa dei partiti ha lasciato come eredità negativa il fatto che non si sa più chi comanda, chi può risolvere i problemi, chi deve assumersi le responsabilità; un uomo solo al governo può dare l’impressione di avere le mani libere, in realtà un Paese moderno e complesso non può essere governato come una piccola o media azienda ma deve essere guidato da una compagine di persone certamente oneste (l’onestà è un pre-requisito della politica) ma anche specificatamente preparate all’azione di “governance”.

Il lascito più inquietante della rivoluzione di vent’anni fa è che essa venne dalla “piazza”, sobillata dai giornali e dalle televisioni. In simbiosi con la magistratura che si assunse il ruolo improprio di fattore di cambiamento, in pratica dettando l’ “agenda” ai legittimi governi dell’epoca.

Il professor Ernesto Galli della Loggia ha ricordato (sul Corriere del 14 dicembre) l’accoglienza gelida che la Camera dei deputati riservò alla lettera del parlamentare socialista Sergio Moroni, destinatario di due avvisi di garanzia in seguito alle quali si suicidò, in cui dopo aver rivendicato “di non avere mai approfittato di una lira, invocava la necessità di distinguere ancor prima sul piano morale che su quello legale” e denunciava “un clima da pogrom nei confronti della classe politica”.

Il 5 Marzo 1993 il governo Amato, nell’intento di superare l’emergenza, varava il decreto del guardasigilli Conso che depenalizzava (non cancellava e sanciva l’obbligo di restituzione) dei finanziamenti illeciti con cui i partiti democratici fronteggiavano i costi della politica che il solo Partito Comunista poteva affrontare, sino al 1989, con le sovvenzioni dell’Unione Sovietica.

Sicuramente vi furono abuso ma il problema era reale e comunque l’illecito consisteva non nel prendere i soldi ma nel non denunciarli. Sta di fatto che i magistrati del pool Mani Pulite si presentarono al telegiornale delle venti invitando i cittadini a opporsi ad un provvedimento legittimo. Era una evidente intimidazione verso le autorità pubbliche, una deviazione dallo Stato di diritto, una violazione del principio della divisione dei poteri. Il Presidente della Repubblica Scalfaro non firmò e nessuno protestò.

Il lascito che abbiamo ricevuto dell’antipolitica, della malafede ostentata verso la classe dirigente, della critica aprioristica verso la politica nasce anche da questi precedenti. Da qui è scaturita l’esasperazione del dibattito pubblico, il bipolarismo conflittuale, la demonizzazione dell’avversario, la sollecitazione degli istinti primordiali e irrazionali delle masse, la lotta di tutti contro tutti.

Il richiamo assillante e univoco alla volontà della “gente”, del “popolo” contro qualsiasi decisione dell’Autorità, anche se necessaria, ha portato alla disobbedienza civile, alla perdita delle ragioni del convivere, ad una lacerazione del tessuto sociale. Al popolo dei fax è seguito quello degli indignati e oggi quello della Rete; ma le radici del populismo nascono dal terreno inquinato dalla malafede verso gli altri e dal giustizialismo, cioè l’illusione di risolvere tutte le devianze con la galera.

Vent’anni dopo scopriamo che il voto non basta a fare una democrazia, può essere comprato e venduto, che la corruzione è vertiginosamente aumentata, che l’economia finanziaria ha creato una nuova classe di nababbi, che il divario tra ricchi e poveri è diventato abissale.

Gli uomini forti cui oggi si fa ricorso non hanno idee migliori degli altri, semplicemente hanno successo perché promettono più fatti e meno chiacchiere, più governo, più ordine e più sicurezza, cioè la semplificazione della complessità sociale… Sono vecchi slogan che tornano di moda perché i cittadini non hanno più punti di riferimento e si stancano presto delle persone che hanno appena elette. La ricerca del “nuovo” è diventato una assurda corsa verso l’irresponsabilità.

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