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Società

COSA, PIÙ CHE PERSONA

LUISA NEGRI - 09/01/2015

donnaDonne e bambini, sono stati loro più che mai le vittime sacrificali di una violenza che ha toccato nell’anno passato livelli di orrore indicibili. Quante fossero le donne oggetto di stupri, di percosse o omicidi maturati tra le pareti domestiche – da parte di mariti, padri, compagni -, o di persecuzioni politiche o di forzato esilio in terra straniera, se non di esecuzioni sommarie imposte da regimi violenti, ė contabilità difficile da verificare nella sua completezza. Sicuramente porta numeri con troppi zeri e ci fa capire come la vita delle donne, soprattutto in certi contesti, conti meno di niente. Ma in nessun ambito, tuttavia, esiste la certezza di essere fuori da questa corsa al femminicidio che dura da quando c’è il mondo, da quando la donna ha dovuto imparare la sottomissione, la prepotenza, la constatazione amara di essere cosa, più che persona. E di venire considerata portatrice di un destino che è quello di stare sempre un passo dietro l’uomo.

Non vogliamo soffermarci qui sulle sacrosante lagnanze di una diversità di trattamento che si continua a manifestare sul posto di lavoro: nelle minori retribuzioni, nelle resistenze a concedere alle donne posti di comando al pari degli uomini, o nello scarso sostegno alla maternità, considerata spesso come un fastidio di cui debba prevalentemente farsi carico la stessa lavoratrice. Ma è importante sottolineare che, anche in questa superficiale valutazione del ruolo di madre, in questa avarizia di aiuti, laddove il nostro Stato fu ed è ancora maestro, in questo abbandono di donne che lavorano e crescono i loro figli, proprio qui si evidenzia la distanza del potere verso gli esseri che più dovrebbero essere protetti e che incarnano, nel grembo della madre e nel loro sorriso di innocenti, il futuro del mondo.

Certo, il mondo. La punta dell’iceberg ha rivelato nell’ anno passato inquietanti escalation: ma già in questo gennaio le diaspore dalla terra siriana portano novità di minori giunti in Italia, senza genitori, a bordo delle carrette del mare per fuggire al peggio. I reportage fornitici dai colleghi della carta stampata dai posti della guerra e della persecuzione politica rendono puntuale testimonianza di sofferenze e crudeltà inenarrabili, di turpitudini consumate senza alcun rimorso.

Scrive su La Stampa in un suo bell’ articolo dello scorso 5 gennaio Domenico Quirico: “…Personalmente ho attraversato fasi diverse di coinvolgimento con quella che è la storia capitale del tempo che viviamo: le odissee del popolo dei fuggiaschi. Il mio viaggio con loro, da quattro anni, ha risalito le linee del sangue e della storia, ha seguito l’odore della morte, della paura, dell’odio… Per comunicare il senso del viaggio dei siriani non posso affidarmi ai fatti puri e semplici. Bisogna avere pazienza: chi dedica loro la nostra carità svogliata e soprattutto coloro che non li vogliono. Perché il filo del racconto con gli uomini, le donne, i bimbi di Aleppo, Damasco, di Homs caricati su mercantili affidati al pilota automatico, si inoltra sempre nei sentieri del cuore, della mente e dell’anima. Ancor più che a Zarzis in Tunisia, a Zawa in Libia, ad Agadez nel Sahara, l’altro mare della loro migrazione, questa è la cronaca di un incontro con il male, un male che non ha paragone con nulla che abbia conosciuto in passato. Benché abbia provato il volto della crudeltà in altri luoghi, la Siria è calata in una dimensione da incubo in cui la facoltà di capire e più ancora di pensare razionalmente vengono completamente stravolte”.

Dalla Siria al Pakistan. A Peshawar, un novello Erode ha dato ordini, appena lo scorso dicembre, di sopprimere centinaia di innocenti in una scuola, dove più di un centinaio sono stati i bambini assassinati. Erode e Caino sono dunque sempre, e ovunque, tra noi. Lo sono nelle terre lontane, troppe ormai, consegnate ai signori della guerra. Come lo sono anche, non dimentichiamolo, nelle nostre apparentemente sicure case.

E il 2014, anno di omicidi, di abbandoni, di violenze consumate tra le pareti domestiche, è stato davvero conferma terribile di questa doppia realtà.

Forse, dopo questo tormentato anno, dovremmo tutti cercare i personali mezzi per esprimere il dissenso delle nostre coscienze e alzare sempre più la voce: nel chiedere, oltre che il massimo delle pene per delitti che toccano innocenti e indifesi, la totalità dell’ impegno politico, l’impegno dei governanti di tutto il mondo civile al fine di arginare le prepotenze inaccettabili che lasciano sul campo di conflitti devastanti troppe anime e corpi di innocenti.

Nel secondo millennio dopo Cristo tutti dobbiamo farci carico di un tempo che sembra impazzito e continua a permettere che la mano di Erode e Caino si abbatta ancora sugli inermi.

Si può mai sperare che il 2015, già così drammaticamente avviato, conceda un’ inversione di tendenza ?

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