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Politica

QUIRINALE/1 EPOCHE DI SUPPLENTI

GIUSEPPE ADAMOLI - 23/01/2015

ITALY-POLITICS-GOVERNMENT-FEATUREA quale votazione avremo il Presidente della Repubblica? Cercheranno gli avversari di Renzi (interni ed esterni) di indebolirlo riservandogli la stessa sorte di Bersani di quasi due anni fa? Ma la domanda vera dovrebbe essere: quale Presidente per quale Repubblica?

Domanda motivata dal fatto eccezionale che per la prima volta nella nostra storia il medesimo Parlamento vota per due Capi dello Stato. Segno della profonda crisi istituzionale evitata nel 2013 con il sacrificio di Napolitano che aveva accettato la rielezione sotto la pressione dell’emergenza politica e nel nome della stabilità e dell’unità nazionale.

Le differenze con il 2013 sono però forti. Si usciva allora dalle elezioni senza un vincitore. La leadership di Bersani vacillava. Il governo non era stato ancora formato. Oggi il governo c’è, ha la maggioranza sia alla Camera (larghissima) sia al Senato (esigua). Renzi appare saldamente in sella. Eppure la domanda su quale Presidente per quale Repubblica resta valida.

Per quale motivo? Perché siamo ancora dentro una transizione interminabile in attesa di un approdo definitivo. In tutta la prima Repubblica, salvo rare occasioni, il Presidente era stato un garante che interveniva poco nel gioco politico. Cambiavano spessissimo i governi ma il sistema era solido pur correndo i rischi del terrorismo rosso e della strategia della tensione di segno opposto. Dal 1992 in poi la crisi dei partiti ha cambiato scenario facendo del Presidente, per lunghi tratti, il reggitore del sistema. A cominciare dai sette anni di Scalfaro.

Ricordo benissimo quella drammaticissima elezione (maggio 1992). Ero a Roma come grande elettore in rappresentanza della Regione. Incombeva tangentopoli, la paura si leggeva sul volto dei protagonisti più coscienti malgrado le dichiarazioni pubbliche rassicuranti. La mafia era all’attacco dello Stato che boccheggiava. Scalfaro sarebbe stato votato al sedicesimo scrutinio, due giorni dopo la strage di Capaci con l’assassinio di Falcone.

Ho dei ricordi nitidi e indelebili di quei terribili giorni. L’unico ricordo gratificante è di aver fatto, in solitudine, il nome di Giorgio Napolitano in una delle tante riunioni di partito e di corrente. Temendo il peggio, che poi sarebbe arrivato, mi consolavo con il pensiero che le classi politiche e dirigenti migliori sono storicamente quelle che escono dai conflitti, dalle profonde rotture istituzionali come quella che stavamo vivendo. La mia speranza si è rivelata in gran parte infondata.

Sottolineo tutto questo perché è molto interessante notare che ci sono delle analogie fra oggi ed allora, che le accuse di interventismo (ai limiti della Costituzione) fatte a Scalfaro si sono ripetute con Napolitano più di vent’anni dopo. Significa che la supplenza del Quirinale potrebbe essere ancora molto utile. Per questo non ha importanza che il Presidente sia uomo o donna, laico o cattolico. È decisivo che sia una personalità delle istituzioni, che abbia un alto senso dello Stato, che sia autorevole e condiviso anche da chi è lontano dal governo.

Come dicono tanti studiosi l’elezione del Presidente spesso anticipa gli equilibri del sistema più che fotografarli staticamente. Ci sono molte ragioni per sperare che sia davvero così anche questa volta con un capo dello Stato che accompagni ancora con saggezza le riforme strutturali di sistema pur senza chiamarle Terza Repubblica.

 

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