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Chiesa

DODICI CESTE PIENE

MASSIMO CRESPI - 14/01/2012

Mosaico a Tabgha, in Galilea, sul luogo della moltiplicazione

In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. (Matteo 14, 13b-21)

C’è qualcosa che Gesù vuole fare prima di dedicarsi all’azione diretta verso le folle. È ciò che dovrebbe fare chiunque volesse comportarsi da perfetto cristiano; operare bene, lasciarsi guidare dai buoni sentimenti, pregare, certamente, ma anche starsene soli, nei luoghi più essenziali, senza fiatare… Cerchiamo di capire cosa significa.
Matteo riferisce che Gesù si ritira in un luogo deserto, in disparte; tre elementi si pongono nella stessa azione descritta: che cosa fa Gesù, dove lo fa e come lo fa. Cosa fa Gesù? Si ritira. Dove? Dentro il deserto. Come? Staccandosi completamente dai discepoli. Quindi, prima di tutto serve ritirarsi, cioè star via, allontanarsi lasciando che cadano contatti, comunicazioni pubbliche, rientrando nell’ambito dell’intimità personale, tornando nella propria abituale dimensione privata. Poi serve stare circondati da poche, pochissime cose fondamentali; però soprattutto serve farsi da parte e distante dal prossimo, dall’amico, dal familiare. È la dimensione contemplativa, dove meditare si può rivelare fonte di incontro nuovo, di nuova comunicazione, di rivelazione del sopranaturale e di scoperta della comunione spirituale che non viene mai meno. Si può così scoprire, nell’isolamento, nella separazione e nell’essenzialità, che l’uomo non è creato per stare da solo, separato, bensì insieme, con l’altro per sempre e circondato da tutto ciò che è fiorente. È questa l’esperienza ascetica che fa della mistica cristiana la via alla conoscenza del paradiso che ci aspetta… Come praticarla se non siamo dei mistici?
Semplice, e per tutti! Serve ritirarsi, dicevamo, ma non come coloro che scappano dove si pensa non ci sia nessuno o verso posti sicuramente poco frequentati. Serve ritrovarsi nei deserti del mondo, ma non necessariamente sulle vette nevose delle montagne, nelle profondità delle caverne sottoterra, nelle sterminate valli non contaminate. Serve la solitudine, ma non l’asocialità, non l’atteggiamento dell’orso diffidente, non l’emarginazione e la segregazione volontaria.
Allora vediamo degli esempi. Conoscete la scorbutica anziana che va a messa mezz’ora prima del tempo per starsene lì in disparte e guardare di continuo l’altare? Quella donna non è una mistica. Conoscete quello stravagante personaggio che tutte le mattine vediamo camminare rallentato sulla strada gelata del cimitero? Quell’uomo non è un asceta. Forse conoscete quel tale, quel matto che s’incontra a mezzogiorno col finestrino dell’auto giù, mentre sente l’Ave Maria ascoltando la radio? Quel tale, chi è? E quel Nazareno che prende la barca a noleggio per cercare la pace sul lago?

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