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Editoriale

VINCITORI

MASSIMO LODI - 31/01/2015

Mattarella-TsiprasSobrio, saggio, austero. Questo è l’ex democristiano Sergio Mattarella, vincitore della roulette del Quirinale. Ha una storia di forte appartenenza politica, ma anche d’equidistanza istituzionale. Di parte e sopra le parti: nella sua parabola pubblica ci sono l’una e l’altra cosa. Un campione del cattolicesimo politico, nel nome dell’austerità verso se stesso prima che verso gli altri; un italianissimo antitaliano con molte virtù e chissà se qualche difetto; un inflessibile tutor dei valori costituzionali, dei quali si farà guardiano ancora più attento; un rappresentante incline a unire anziché dividere i rappresentati; un mite con dentro il fil di ferro, ciò che gli conferisce il profilo alto consono al rigore, alla severità e alla fermezza che si richiedono alla maggiore carica dello Stato. Mattarella ne è stato fedele servitore.

La sua figura di galantuomo spiega a ciascun italiano, al quale egli subito dopo l’elezione s’è rivolto con parole di realismo, l’importanza d’attendere alla regola della misura responsabile, da recuperare in ogni comportamento. Diceva Confucio, l’antico sapiente cinese, che chi si modera raramente si perde. Il messaggio che arriva dal nuovo presidente della Repubblica è esattamente questo, e se ne avvertiva l’opportunità in un frangente epocale segnato dal prevalere delle tante derive senza limite.

E’ dunque confortante cogliere nel successore di Napolitano una lunga fedeltà alla temperanza, dote rivoluzionaria -e si potrebbe dire rottamatrice- al tempo del conformismo della sregolatezza, in cui suona a molti orecchi come una bestemmia affermare che la perfetta ragione fugge dagli estremi. Ciò che ha invece rappresentato per decenni la bussola della Dc, pur prestandosi a interpretazioni talvolta improntate a disinvolte convenienze di mercanteggiamento anziché a elevata nobiltà di spirito.

Renzi ha stravinto la battaglia con alleati e avversari. Ricevuto da Berlusconi l’aiuto indispensabile a confezionare legge elettorale e riforma del Senato, non gli ha concesso d’andare oltre il patto del Nazareno che soltanto quei due punti prevedeva. E’ così riuscito a compattare il Pd, convincendo poi l’Ncd-Udc a secondarlo, pur al costo di qualche addio. Forza Italia ha rifiutato di partecipare a una scelta che il futuro dimostrerà di non risultarle ostile, e i grillini ribadito l’assurda coerenza a chiamarsi fuori dalle decisioni che contano. Idem sentire sul versante della Lega, non disposta a infrangere con un transitorio sì la strategia del no-e-no. Peccato: Mattarella occuperà il campo da arbitro competente, esperto, imparziale e non da giocatore falloso. La Prima Repubblica, pur avendo mostrato il peggio, ha saputo anche proporre un meglio ignoto alla Seconda, e ora lo mette al servizio del Paese che torna alla normalità, con un notaio di prestigio pronto a chiudere la stagione dei supplenti d’un potere esecutivo deficitario.

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Antideologico, pragmatico, spregiudicato. Questo è Alexis Tsipras, vincitore delle elezioni greche. Guida la sinistra estrema che governerà assieme alla destra nazionalista. Conta lo scopo, cioè ridurre l’austerity e rinegoziare il debito con l’Europa; non i mezzi, ovvero gli alleati con cui andare al dunque. Un’imprevista lezione di realismo, per noi schizzinosi d’Italia, che stiamo a processare dalla mattina alla sera Renzi, accusato di riscrivere le regole parlamentari ed elettorali con Berlusconi.

Tsipras è un Renzi ovviamente più radicale, causa le condizioni sociali disastrose del suo paese, messo assai peggio del nostro. Però gli somiglia nella determinazione concreta, nella disinvoltura a stringere patti, nel credere in un risultato. La sua modernità sta nel giudicare indispensabile un taglio ai superati retaggi del passato. Non è poco, e può essere molto. Vuol dire, sostanzialmente, che il Novecento è davvero finito, e bisogna rassegnarsi (o entusiasmarsi: questione di punti di vista) a scenari presenti e futuri del tutto diversi.

Un bene, un male? Chissà. Ma è così. La rivoluzione del terzo millennio appare ineludibile, bisogna prenderne atto, parteciparvi con il senso della storia. Se un capo di Stato e/o di governo non ce l’ha, si preoccupi di procurarselo in fretta. Altrimenti, cambi lavoro nell’interesse suo e per la convenienza generale.

Ma che cosa si chiede principalmente oggi a chi ha la ventura-sventura di recare sulle spalle la responsabilità collettiva? Di saper mediare tra illusione e disperazione. Alla prima -citiamo il cardinale Ravasi- contribuisce una virtù, la speranza, quando impazzisce. Alla seconda dà alimento l’esperienza quando diventa scettica e pessimista. Esiste una terza via, lontana da questi due estremi, e va elogiato il coraggioso che provi a percorrerla: è la via della praticità. Seguirne le svolte (ve ne sono molte, sull’itinerario) non implica la rinunzia ad alcuna convinzione etica, e invece comporta la duttilità virtuosa che è propria del politico di rango. Una categoria scarsamente frequentata, e da noi pressocché sconosciuta.

E’ auspicabile che Atene insegni qualcosa a Roma. E che da Roma l’apprendimento scenda nelle periferie, compresa la nostra. Qui di Tsipras non ce ne sono, e neppure di Renzi. Circola tuttavia una gran voglia di cambiamento, a Varese per esempio, divenuta negli ultimi due anni una sorta di capitale del movimentismo spontaneo. Perché non vada perduta, bisogna vincere la riluttanza a spogliarsi di schemi obsoleti, imparando ad attuarne di nuovi. Quando, a proposito delle non lontane elezioni amministrative del capoluogo, viene prefigurata un’intesa tra il Pd, l’area alla sua sinistra e una lista o più liste civiche riassuntive dell’impegno riformistico popolare, si accosta il modello di Syriza. Absit iniuria, naturalmente. Però, tanto per capire e per capirci: il paradigma -al netto di demagogici conformismi- è quello, provare ad esservi coerenti un’opportunità importante, se non un dovere irrinunciabile.

 

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