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Editoriale

SUPPLENZA

MASSIMO LODI - 30/04/2015

Tornano le navette al Sacro Monte

Tornano le navette al Sacro Monte

Dove non fa il pubblico, fa il privato. Deve fare. Il Comune rinuncia, dopo il felice esperimento di molti anni fa, alla chiusura festiva al traffico della strada del Sacro Monte e all’istituzione dei bus navetta? Ci pensano Chiesa, Parrocchia, Fondazione Paolo VI. Dal 10 maggio in poi, la navetta l’organizzano loro, supplendo alla municipalità assente. Nelle giornate di domenica, a cominciare dalle 9.30, dal piazzale dello stadio di Masnago fin sulla cima, nello slargo intitolato al Pogliaghi. Avanti-indietro, senza soste, del pullman che caricherà i pellegrini. Anche i turisti, se vogliono.

Non un gesto polemico. Una semplice necessità. Negli ultimi weekend di sole, al Sacro Monte era stato il caos, come di regola in simili giornate. Inutili gli appelli a Palazzo Estense perché intervenisse. Gli unici, contestati, blitz avevano avuto per protagonisti i vigili urbani: multe a tutt’andare. Giuste, certo, perché le regole della sosta vanno osservate. Ingiuste, di sicuro, perché se uno non sa dove mettere la macchina, che cosa fa, la ricovera in un burrone?

Ora la decisione del fai da te ecclesiastico nel mese mariano (che prevede anche l’esposizione nel santuario di una reliquia del beato Montini). C’è chi lo intende come una sfida all’ente amministrativo. Assolutamente. Al massimo, un richiamo. Una sveglia. Un promemoria. Pur se (oggettivamente) un’inconsapevole, secca, pungente lezione proprio quando si apre l’Expo. Come dire: non avete fatto nulla per agevolare la frequentazione del luogo così caro a varesini e forestieri, e dobbiamo pensarci noi. Ma non era (non è) nelle intenzioni del clero e dei suoi collaboratori discettare ex cathedra, sembrando fra l’altro inutile. La manchevolezza municipale si commenta da sé, non necessita di ricevere amplificazioni, bacchettate, rampogne: il cantiere dell’autosilo alla Prima Cappella ancora in fieri, l’inchiesta giudiziaria che rimane aperta, le alternative di parcheggio là, sullo sfondo, mai prese in pragmatica considerazione.

Non parliamo poi del progetto complessivo di rilancio della nostra montagna: dirupi di chiacchiere, sentieri di promesse, alberi di nessuna cuccagna. E sì che fiotti d’annunci, reboanti e in pompa magnissima, non sono mancati, in questi anni: pensate soltanto alle plurivolte in cui s’è dato come prossimo il recupero della funicolare per il Campo dei Fiori, con relativa trasformazione dell’ex Grand Hotel nell’edificio di variabili e fantasiose meraviglie. A seguire: nada, nisba, zero, ciccia. Nel frattempo, il degrado non s’è tirato indietro. Ha continuato a mantenere innestata la marcia avanti: luoghi sempre più inospitali, difficoltà crescenti ad accedervi, lamentele diffuse da parte dei residuali abitanti e dei disagiati (coraggiosi) frequentatori che nonostante tutto vi si avventurano.

Riassumendo. Non ci resta che pregare. Non solo la Madonna nera, così disponibile all’ascolto spirituale: anche i tanti (così indisponibili all’ascolto materiale) che dovrebbero favorire il percorso d’avvicinamento al suo antico santuario. Conclusione: intere carovane di possibili oranti/escursionisti se ne tengono distanti per la paura o di non raggiungerlo o – se raggiunto – di non riuscire a lasciarlo prima che cali la notte dell’ingorgo.

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