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Attualità

PRIMA CAPPELLA, FERMATE LE RUSPE

SERGIO REDAELLI - 22/05/2015

La cascina Morona, sulla destra, in una vecchia cartolina

La cascina Morona, sulla destra, in una vecchia cartolina

Un’inattesa scoperta storica può mettere in discussione un progetto comunale già avviato e finanziato? A noi sembra di sì, se da essa dipende la conoscenza della nostra identità; è il caso della ricerca svolta dal professor Renzo Talamona nell’Archivio Diocesano di Milano che lo ha portato sulle tracce di un antico edificio religioso, una cappella dedicata a san Rocco, oggi scomparsa, che forse sorgeva nell’area in cui si progetta di costruire il contestato parcheggio alla Prima Cappella. Basterà il sottile filo di una memoria cinquecentesca per fermare le ruspe del Comune?

Renzo Talamona è un uomo di lettere, un umanista a cui non interessano le polemiche giornalistiche, è autore di numerosi contributi storici pubblicati su libri e riviste (anche da RMFonline) sulla toponomastica di Santa Maria del Monte, sul Risorgimento, sulla storia di Varese e delle sue tradizioni. Nato nel 1944 a Bizzozero, ha insegnato latino e greco al liceo classico Cairoli dal 1988 al 2009 e ne ha curato i Quaderni prima di ritirarsi ai diletti studi storici. È “bizzozerese dell’anno 2012” e cavaliere della Repubblica.

A scoprire l’esistenza dell’antica cappella di san Rocco all’imbocco della Via Sacra è arrivato quasi per caso. “Tutto è nato dall’interesse che nutro per la chiesetta dell’Immacolata – spiega – Ho avuto occasione di leggere la relazione della visita che il cardinale Pozzobonelli fece al Sacro Monte nel 1755 nel corso della quale riservò particolare attenzione all’Immacolata collocandone la costruzione nel 1550, oltre mezzo secolo prima della data che compare all’esterno del monumento e che indica l’anno1609. Il quesito m’incuriosì”.

Nel corso di successive ricerche Talamona ha trovato un documento di Domenico Ranzo, vicario di Santa Maria del Monte dal 1567 al 1571 che parla di una “capelleta” alla Cascina Morona; e frugando negli inventari alla ricerca della relazione di una visita di Carlo Borromeo, si è ritrovato fra le mani il volume 71, sezione decima della pieve di Varese, con la descrizione di una cappella intitolata a san Rocco in data 19 novembre 1571. Era inevitabile, a quel punto, chiedersi che fine avesse fatto l’edificio religioso che già esisteva ai tempi di don Ranzo.

“Stiamo parlando del 1571, trentacinque anni prima che il Bernascone costruisse la chiesetta dell’Immacolata all’inizio dell’itinerario processionale voluto da padre Aguggiari – sottolinea il professore – La cappella di san Rocco fu forse inglobata nel nuovo edificio? O sorgeva nell’area circostante, magari sul prato che oggi si vede oltre la strada? Per saperlo bisognerebbe studiare tutta l’area dal punto di vista archeologico, esplorare il terreno con la consulenza di una commissione di storici, penso a insigni studiosi come Luigi Zanzi, Silvano Colombo e ad architetti esperti di antichi catasti”.

Non è dunque un problema di viabilità, parcheggi e PGT, si tratta di salvare dalla distruzione uno spazio carico di storia e di passato. Prima di prendere ogni altra decisione, sarebbe il caso che il Comune ordinasse nuove ricerche archeologiche nell’area interessata. Da storico, Talamona è convinto che possa essere la strada giusta: “Altrimenti si rischia di aggiungere errore ad errore, ripetendo quelli già fatti nel 1900 quando fu distrutta la Cascina Morona e costruito l’albergo per l’arrivo del tram. L’albergo oggi è diventato un residence e nasconde l’Arco del Rosario alla vista di chi sale, annullando l’effetto di monumentalità religiosa del luogo”.

Nessun altolà al sindaco e alla giunta, sia chiaro. Stiamo parlando di storia religiosa del Sacro Monte, di storia della nostra Varese e crediamo valga la pena di approfondire gli studi. La Cascina Morona è cresciuta con la parte bassa di Santa Maria del Monte mentre in alto si sviluppava la realtà montana intorno al monastero, al santuario e alla piccola comunità che viveva di pastorizia e di piccolo commercio ambulante; la parte bassa con le cascine, il torchio, i ronchi coltivati a vite e i luoghi di culto come san Rocco diventarono un centro agricolo economicamente prevalente, dal quale è per certi versi partita la storia stessa del Sacro Monte.

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