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Cultura

BONHOEFFER, IL TESTIMONE

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/06/2015

bonhoefferOgni anno il 9 aprile nella Comunità di Bose è ricordato tra i testimoni del martirologio ecumenico Dietrich Bonhoeffer, pastore luterano della “Chiesa confessante”, ucciso per impiccagione nel campo di concentramento di Flossenburg nel 1945 a seguito della sua opposizione al regime nazista. Nato a Breslavia il 4 febbraio 1906 da una solida famiglia borghese (il padre era docente universitario di neurologia e psichiatria a Berlino, la madre Paola tra le poche laureate tedesche dell’epoca), Dietrich intraprende gli studi teologici più per motivi culturali che ecclesiali (i suoi sono sostanzialmente indifferenti a questa prospettiva). Al fratello anziano, fisico di vaglia, critico in materia, così risponde: “Se la Chiesa è realmente ciò che dite essere, allora dovrò darmi da fare per riformarla”.

Compie gli studi nelle università di Tubinga e di Berlino, dove ha come maestro Adolf von Harnack, celebre storico liberale della Chiesa e vi consegue la laurea nel 1927 con uno studio di ecclesiologia: “Sanctorum communio”, pubblicato nel 1930.

Vi afferma che Cristo esiste oggi per noi sotto forma di Chiesa. Vi dobbiamo prendere il posto degli esclusi, di quelli che si trovano fuori, come Gesù ha fatto e insegnato durante il suo ministero. L’intercessione è come il sangue che circola nel corpo di Cristo. C’è nell’opera anche una riabilitazione della confessione.

Nel 1930 consegue l’abilitazione alla docenza con uno studio sulla struttura della Rivelazione dal titolo “Atto ed essere”. Dal 1931 Bonhoeffer comincia a insegnare nell’università di Berlino per due anni. Tra i corsi accademici il più importante è quello sulla cristologia, pubblicato postumo. Il 1933 è l’anno di ascesa al potere di Hitler, il grande “seduttore”. Anche grazie al cognato Gerhard Leibholz, di origine ebrea, prende coscienza del grande peccato costituito dall’antisemitismo (“La Chiesa di fronte al problema degli ebrei” – 1933). Prenderà in seguito atteggiamenti di pubblica opposizione alla “clausola ariana”, imposta dalla dittatura alla Chiesa luterana ufficiale come deriva del potere politico. I Deutsche Christen sono i portavoce dell’ideologia nazista. Bonhoeffer è pure un convinto sostenitore sul piano internazionale di un concilio ecumenico, aperto a tutte le confessioni cristiane sulla pace.Nel 1933 figura nel Consiglio cristiano universale.

Contro le pretese di Hitler dal 29 al 34 maggio 1934 si svolge a Barmen il Sinodo confessante (della Chiesa evangelica non collaborazionista), con l’afflusso di 138 delegati di tutte le Chiese regionali e provinciali sotto il titolo “Solus Christus”, a chiusura dalle prevaricazioni dittatoriali. Bonhoeffer è assente, perché impegnato in Inghilterra, ma è in tutto decisamente concorde. Tornato in patria, si fa direttore di un seminario della sua Chiesa a Finkenwald (Stettino), dichiarato presto illegale e chiuso. Agli studenti dedica l’esortazione “Nachfolge” (Sequela) nel 1937, facendo loro presente che Gesù ha nella nostra vita diritto su tutto. Egli è il mediatore che ci ha prescritto di lasciare genitori, famiglia, beni per seguirlo. Dietro l’umiltà c’è la vera autorità (Gesù). Alla fede deve comunque tener dietro la pratica rigorosamente, se non vogliamo vanificarla. Dalla sua attività di direttore educativo in Pomerania nasce “Vita comune” (1939).

Nella primavera del 1939 è di nuovo negli Stati Uniti, può trovarvi la salvezza allo scoppio della guerra, ma vuole assumere parte attiva nella resistenza tedesca, mentre attende alla stesura dell’Etica (pubblicata postuma) e al lavoro pastorale. La vita etica è una vita vissuta nella responsabilità. “Responsabilità significa l’impegno totale della vita”. È vivere nella rappresentanza dell’essere uomo. E la rappresentanza si fa solidarietà con l’altro, è un “esserci per il mondo”. Si coinvolge nella cospirazione antihitleriana sorta attorno all’ammiraglio Canaris, impegnato a cercare una via d’uscita per sottrarsi al disastro totale. Bonhoeffer approva la teoria dell’uccisione del tiranno.

Il 5 aprile 1943 è arrestato dalla Gestapo e rinchiuso nel carcere militare di Tegel. L’imputazione è di aiutare gruppi d’ebrei a fuggire dalla Germania. Di qui gli scritti nella raccolta “Resistenza e resa”. Per Bonhoeffer l’imperativo è non rendere il Vangelo accettabile sminuendolo. L’altro è la fiducia in una visione comunque ottimistica. Del Natale 1943 è la confessione: “È buio dentro di me, ma presso di te c’è luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni; sono impaurito, ma presso di te c’è aiuto; sono inquieto, ma presso di te c’è pazienza; non comprendo le tue vie, ma tu conosci la mia vita”. È tradotto nei campi di concentramento di Buchenwald e Flossenburg, indi impiccato dopo il fallimento della congiura del 1944.

La sua massima: Non contano le proprie, ma le sofferenze di Dio nel mondo; allora si veglia con Cristo nel Getsemani e, io penso, questa è la fede; e così diventiamo uomini, diventiamo cristiani.

Credeva nei valori della comunità e dell’interiorità. Esaltava la necessità dell’impegno del cristiano nelle realtà penultime, quelle della storia, dell’azione sociale e politica, per poter accedere alle realtà ultime della fede e della pienezza di vita in Dio. Il dialogo con un mondo divenuto secolare doveva avvenire attraverso un cristianesimo “non religioso”, ripensato in una forma non più sacrale. Il mondo divenuto adulto rifiuta il Dio tappabuchi della cosmologia e del sentimento. Nel Cristo presente avviene l’incontro tra Dio e il mondo.

Inaugurava la teologia della morte di Dio. Cristo è per l’uomo la ricerca del Dio assente. In una lettera dal carcere: “Quando si è rinunciato del tutto a fare qualcosa di se stesso: un santo, un peccatore convertito o un uomo di Chiesa, un giusto, un ingiusto, un malato o un sano, allora ci si getta interamente nelle braccia di Dio”.

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