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Lettera da Roma

SANTI CONTRO LA CORRUZIONE

PAOLO CREMONESI - 19/06/2015

Julian Carron

Julian Carron

Bisogna essere molto grati a Julian Carron per la franca intervista rilasciata a Repubblica, giovedì 11 giugno. Non solo perché ci mette la faccia e non teme di sporcarsi le mani con notizie che riguardano alcuni appartenenti a CL implicati nella seconda tornata dell’inchiesta mafia capitale: “Qualora venissero accertati, i fatti sono di una gravità inaudita, da condannare senza riserve”; “Il movimento educa a una concezione di carità che è esattamente agli antipodi rispetto ai comportamenti riferiti dalle cronache in questi giorni…”. Ma soprattutto perché non si ferma a un’analisi ma propone una posizione in grado di guardare al dopo.

Come abbiamo già avuto modo di scrivere riguardo alla prima ondata di arresti, gran parte del sottobosco di malaffare romano pesca in un sistema amministrativo in cui la politica ha il predominio sull’economia (basti pensare all’enorme numero di municipalizzate e società gestite direttamente dal Campidoglio). Un corpaccione burocratico che moltiplica le posizioni di potere che si reggono sul consenso locale: un volume delle spese correnti aumentato negli ultimi anni a ritmi vertiginosi, passando dai quattro miliardi e mezzo del 2011 ai cinque del 2012 ai 5,6 del 2013.

Un enorme massa di liquidità che attira affaristi senza scrupoli. Anche perché a Roma gli affidamenti diretti o negoziati sfiorano il 100%. Affidamenti nati quando il non profit era marginale e magari poche le cooperative in grado di farsi carico di determinati servizi. Passaggi burocratici complessi e deliranti (che favoriscono la corruzione), spreco di denaro pubblico per cercare consensi, assenza di una reale concorrenza caratterizzano così la macchina del Comune alimentando da un lato il malaffare e dall’altro elargendo servizi scadenti e inefficaci.

Già cent’anni fa don Luigi Sturzo indicava la ricetta: diminuire drasticamente la quota di risorse intermediate dallo Stato. Si può infatti ridurre la corruzione attraverso la privatizzazione, non perché nel privato non ci sia dolo: in un regime concorrenziale un impiegato infedele può ricevere una mazzetta per agevolare un fornitore. Ma questo di solito determina extra-costi che emergono rapidamente. La politica amministrativa invece non sembra aver ancora maturato gli anticorpi necessari per evitare gli scandali.

Ma tornando all’intervista di Carron c’è un punto che mi ha particolarmente colpito. Alla domanda del giornalista: Come, allora, da un’appartenenza vissuta come tensione ideale si può arrivare a certe degenerazioni? Il responsabile di CL risponde così: “È una domanda che mi sono fatto spesso. A volte è per un crollo della tensione ideale; altre volte, nel tentativo di rispondere al bisogno così sterminato che vediamo intorno a noi, si arriva a pensare che una intenzione buona possa giustificare tutto”. E subito dopo: Ma allora che cosa rende possibile non soccombere alla tentazione della corruzione? “Tutti sappiamo che non basta il nostro sforzo – ha risposto il sacerdote –. L’unica possibilità è avere un tesoro più grande che soddisfi di più delle briciole del potere. È solo una sovrabbondanza sperimentata e vissuta che consentirà questa vittoria”.

È un’indicazione preziosa. Non solo perché riguarda ciascuno di noi (e non solo politici o faccendieri) ma perché riporta la questione dal terreno di un lontano ideale etico a quello di una antropologia quotidiana. Si può usare la realtà per propri fini anche durante uno scrutinio di scuola o preparando una scaletta di un giornale radio. Trattando la moglie e i figli in un certo modo o voltando gli occhi dall’altra parte quando il bisogno bussa alla tua porta.

Solo quel “tesoro più grande” ci può far guardare in maniera diversa la vita. Scriveva ottant’anni fa Thomas Eliot: “Carnali, egoisti come sempre, interessati, ottusi come sempre lo furono prima, eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce”.

Contro la corruzione abbiamo bisogno di Santi, magari peccatori ma Santi.

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