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Lettera da Roma

VISTA DEL CUPOLONE

PAOLO CREMONESI - 03/07/2015

cupoloneLa scena è per lo meno curiosa. Superate le tre chiese sull’Aventino (Santa Sabina, Santi Bonifacio e Alessio, Santa Prisca) ci si imbatte a ogni ora del giorno (ma è al tramonto che lo spettacolo si fa mozzafiato) in una lunga fila di turisti in attesa davanti a un portone. Ignaro del perché un passante potrebbe pensare a un concerto, un saldo particolarmente conveniente, un invito per chissà quale festa.

In realtà ognuno dei presenti si limita a gettare una rapida occhiata dentro una serratura. E soddisfatto se ne va.

Siamo davanti al portone del Priorato dei Cavalieri di Malta e appunto dal buco della serratura si gode di una particolare visione prospettica del cupolone di San Pietro al termine di un viale alberato del giardino interno.

Curiosità romana, citata anche nelle guide internazionali. Tanto nota che persino Paolo Sorrentino nella “Grande bellezza” ha inserito una scena in cui Stefano porta Jep e Ramona a mostrare lo spettacolo davvero eccezionale spesso avvolto da una misteriosa nebbiolina che rende ancor più intrigante l’insieme: il giardino, il portone e la piazza sono stati progettati anche per permettere questo effetto ottico. Quando nel 2010 i proprietari montarono all’interno del viale un gazebo che oscurava in parte la vista, a Roma scoppiò una mezza rivoluzione.

La villa ospita le ambasciate dell’ordine di Malta sia presso la Santa Sede che presso lo Stato italiano e gode del diritto di extraterritorialità dal 1869. È in una posizione unica sul cosiddetto “emporio del Tevere”. Già nel X secolo era una fortezza di un monastero benedettino, retto da Oddone di Cluny. Poi nel trecento il palazzo passò di proprietà ai Templari e successivamente ai Cavalieri. La sua storia segue quella di molte ville romane: durante il Medioevo Roma si era gravemente spopolata, e sulle rovine antiche all’interno delle Mura Aureliane erano sorti insediamenti fortificati o chiese con annessi monasteri mentre la popolazione si era addensata tra la Suburra, il Campidoglio e la pianura del Campo Marzio, e pascoli, orti e vigne avevano preso il posto delle costruzioni antiche.

La città bassa era tuttavia notevolmente insalubre, soprattutto d’estate, per le frequenti piene del Tevere, per la decadenza del sistema fognario, perché era il punto di raccolta e risorgiva delle acque piovane che scendevano dai colli. Riprese, per chi poteva, l’abitudine a costruirsi dimore di prestigio quanto consentiva ed imponeva il rango della famiglia. A volte adattando precedenti edifici, altre volte costruendo ex novo in posizioni particolarmente felici e soprattutto alte.

Così è nato, per una fortunata congiuntura geografica anche questo ‘rito’ davanti all’Ambasciata di Malta. Il vicentino Guido Piovene nel suo ‘Viaggio in Italia’ scriveva che “il popolo romano è il meno moralista che ci sia perché non v’è nulla che possa prendere davvero sul serio e perché in lui ogni forma di ossequio verso cose e persone è solo una vernice superficiale”.

Persino il potere temporale della Chiesa, visto ridimensionato, da lontano e dal buco di una serratura.

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