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Ambiente

IL PAESAGGIO, GRANDE AMMALATO

DANIELE ZANZI - 21/01/2012

la celebre veduta della Gazzada di Bernardo Bellotto (Milano, Pinacoteca di Brera)

Quando la Legge Regionale n.12 dell’11 marzo 2005 introdusse il Piano di Governo del Territorio – il PGT appunto –, come nuovo strumento urbanistico in sostituzione dei Piani Regolatori, si stabilì che tutti i Comuni lombardi dovessero dotarsi di un tale strumento entro il marzo 2009. A quella data solo il cinque per cento dei 1544 Comuni lombardi adottò questo nuovo strumento urbanistico. Il Consiglio regionale, preso atto della situazione, ha prorogato il termine al 31 marzo 2010, successivamente al 31 marzo 2011, infine al 31 dicembre 2012. Come spesso accade nel nostro povero Paese, si va di rinvio in rinvio. Questo dovrebbe essere l’ultimo termine. Chi non s’adegua e non presenterà lo studio, avrà come conseguenza il blocco di tutte le attività edilizie e urbanistiche sul proprio territorio comunale. Un’eventualità sciagurata, da evitarsi; reale però per il Comune di Varese, secondo molte voci competenti che siedono in Consiglio Comunale e che stanno toccando direttamente il ritardo con cui Il PGT si sta muovendo. Per alcuni non ce la faremo mai! I tempi sono oramai troppo stretti: non resta che confidare in un’ulteriore ed improbabile proroga.

Ma cosa distingue il vecchio Piano Regolatore dal nuovo strumento urbanistico – il PGT – che il Comune di Varese dovrà adottare, pena la paralisi urbanistica, entro la fine dell’anno? Un punto qualificante e diversificante è la progettazione partecipativa dei cittadini alla stesura del Piano; ovverossia i varesini o le associazioni dei varesini potranno formulare proposte in merito già nella fase progettuale. La differenza rispetto al vecchio Piano Regolatore Generale sta nel fatto che in quel caso i cittadini erano chiamati ad esprimersi solo dopo la sua adozione sotto forma di osservazioni al PRG già approvato.

Proprio in quest’ottica partecipativa mi esprimo, portando anzitutto la mia esperienza professionale in campo ambientalista e di progettazione di spazi verdi, ma anche le considerazioni che scaturiscono dal presiedere, ormai da tre anni, la Commissione comunale del Paesaggio in cui sono state analizzate, vagliate e giudicate oltre milleduecento pratiche collegate al PRG e alla tutela del paesaggio.

Ecco, proprio il paesaggio è il grande malato della nostra Nazione, Varese inclusa. Una miopia politica, prima ancora che urbanistica, sta portando alla distruzione di uno dei più vari e magnifici paesaggi del nostro globo. Un paesaggio fatto di armonia, natura, storia, bellezze architettoniche, scorci unici e sublimi. Basta percorrere le nostre strade italiane per rendersi conto di questa rovina: spazi verdi e giardini, aree agricole e boscate cedono il passo a villette, costruzioni, edifici commerciali e industriali, capannoni, centri commerciali in un caos e una babele edificatoria che non ha rivali. Secondo l’ISTAT, tra il 1990 e il 2005, la superficie agricola utilizzata in Italia si è ridotta di 3 milioni e 663 mila ettari, un’area più vasta della somma di Lombardia e Umbria. Si è cosi convertito, cementificato o degradato in quindici anni, senza alcuna pianificazione, il venti per cento del suolo agricolo con l’ovvia compromissione non solo del paesaggio, ma anche dell’ambiente e della qualità stessa delle nostre vite. Varese non è stata da meno; la gran parte dei varesini guarda incredula il crescente degrado della Città Giardino; i vecchi,che hanno termini di paragone, non vi si riconoscono più; i giovani non hanno metri di confronto e sembrano accettare con indifferenza il volto di una città sempre più grigia e sempre meno verde.

Alcuni elevano ogni giorno parole di sdegno per il cinismo e la speculazione (di pochi), per l’indifferenza dei molti spettatori, per le alleanze e i compromessi tra chi cementifica e gli amministratori pubblici. Chi manifesta la propria indignazione è accolto da commenti sarcastici e infastiditi, accusato di pessimismo, anti modernismo e perfino di volere “ingessare” la città – recentemente qualche influente esponente della maggioranza si è così espresso – . Seneca scrisse che “sa indignarsi solo chi è capace di speranza”.

E la mia speranza è che il nuovo PGT sappia riconoscere e dare dignità al paesaggio e all’ambiente di Varese. Anzi sappia individuare in queste due peculiarità le proprie travi portanti ispiratrici, la bussola decisionale cui il piano delle regole – ovverossia la destinazione delle aree da destinarsi o meno a trasformazioni urbanistiche – del nuovo PGT sappia adeguarsi. Varese, come del resto tutt’Italia, vive un paradosso: demograficamente ha un tasso di crescita insignificante, se non negativo; eppure il consumo di territorio è in continua crescita; sempre meno abitanti a Varese, ma sempre più cemento sul territorio. Ne terrà conto il PGT in sede di previsione del piano dei servizi? Si vorrà considerare che Varese non cresce, mentre crescono i Comuni limitrofi e quindi diventano determinanti e prioritarie le scelte in merito alle interconnessioni, alla viabilità, ai trasporti, ai parchi sovracomunali? O si continuerà a pensare solo al proprio ” orticello”, isolato e autarchico, ma in compenso ricco di cemento e di nuove costruzioni che rimarranno poi vuote. E il nuovo PGT dirà finalmente basta alla svendita del territorio in cambio degli oneri di urbanizzazione? Balzelli introdotti nel 1977 dalla Legge Bucalossi con l’intento – meritorio – di essere obbligatoriamente utilizzati dal Comune per effettive opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, nel nome dell’autonomia finanziaria degli Enti, trasformati poi nel corso degli anni in una pura rincorsa all’introito da destinarsi ad altre voci di capitolo. Cosa è più importante: l’autonomia finanziaria dei Comuni o il benessere dei cittadini e la salvaguardia del territorio e del paesaggio come bene comune e condiviso?

Ecco al di là e al di sopra degli azzonamenti, delle destinazione d’uso, dei grandi progetti di cui qualcuno si è riempito e si sta riempiendo la bocca, sono questi i quesiti cui il nuovo PGT deve dare le risposte e le priorità. Compito non facile, quasi insuperabile, visti i tempi, gli interessi e le litigiosità delle parti. Confido molto nella progettazione partecipata dei cittadini di Varese.

D’altro canto, se venisse a mancare, avrebbe ancora senso di parlare di PGT?

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