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Opinioni

SINDACO/3 SPERIAMO CHE SIA UN SENTIMENTALE

VINCENZO CIARAFFA - 06/11/2015

sindacoIl direttore di questo settimanale si è chiesto quali potrebbero essere le caratteristiche del prossimo sindaco di Varese e che cosa di realistico egli dovrà o potrà fare. La tentazione, in verità, è stata quella di farla breve dicendogli subito che cosa, secondo noi, non dovrebbe fare il futuro sindaco di Varese ma avremmo corso il rischio di essere fraintesi o di apparire faziosi. In proposito, a scanso di equivoci e/o di strumentalizzazioni, precisiamo fin da subito che, pur avendolo incontrato soltanto in un paio di circostanze, in questi anni abbiamo avuto modo di formarci una buona concezione del sindaco uscente di Varese, Fontana, apprezzandolo come amministratore equilibrato e, per taluni aspetti della sua azione politica, come un neo-liberale.

Tuttavia, tentare di metterne uno “uguale a lui” in Comune sarebbe, a nostro avviso, un errore perché egli è figlio di un’altra stagione politica, di un’altra Italia, lontana anni-luce da quella odierna. Infatti, da quando vent’anni fa Fontana divenne sindaco di Induno Olona ad oggi è cambiato un intero mondo: Miglio è scomparso, Bossi è stato pensionato dalla sua stessa creatura, il Paese è ostaggio di una crisi politica ed economica senza precedenti, un grigio economista è diventato, nel giro di pochi minuti, prima senatore a vita e poi capo del governo, il sindacato non conta più un tubo, un presidente della Repubblica è stato eletto per due volte, il centrodestra si è liquefatto, le Province si vedono ma non ci sono, il Senato c’è ma sta per sparire.

È chiaro, a questo punto, che chiunque sarà chiamato ad amministrare Varese il prossimo anno, quale che sarà la sua collocazione politica, dovrà essere per forza un “uomo nuovo” perché nuovi saranno i suoi punti di riferimento politici, nuovi o mutati saranno gli organismi e le istituzioni con cui dovrà interagire, nuove saranno anche le aspettative esistenziali dei varesini dopo la crisi economica.

Fin dagli inizi della sua parabola politica abbiamo guardato con atavico disincanto ai proponimenti di rottamatore dell’attuale presidente del Consiglio, lui che ha imbarcato nel governo il NCD di Alfano che ha numerosi inquisiti e, in attività di rinforzo sui fianchi, Denis Verdini di cui abbiamo perso il conto delle indagini a suo carico… però Renzi vince le elezioni. Nonostante ciò, sarebbe auspicabile che il modello renziano non si riproducesse a Varese nel 2016 dove, dopo l’ammucchiata messa insieme per l’elezione degli organi di una Provincia che non c’è, temiamo che ne esistano, invece, le premesse.

Eppure invitiamo i futuri candidati a riflettere su di alcuni dati acquisibili, peraltro, sui diversi motori di ricerca di Internet. Gli abitanti di Varese la cui età media è di 46 anni, nel periodo 2001-2014, hanno subito una variazione in più di appena 365 unità, il loro reddito medio si avvicina ai 17.000 euro l’anno (dato 2011), la qualità della vita la pone al 46° posto tra le città italiane (dato 2013) e i residenti stranieri non superano le diecimila unità (dato 2013).

La fotografia che viene fuori dalla comparazione di questi pochi ma indicativi dati è quella di una città non tanto giovane, abitudinaria, tranquilla, signorile, in discreta salute economica, con una presenza di immigrati che è di poco superiore all’8% dell’intera popolazione, nonostante i tanti problemi che pongono. Adesso, per carità, non vogliamo addentrarci in un campo che ci è poco congeniale, quello della ruffianeria mediatica, se paragoniamo la città di Varese a un’attempata, bella signora mollemente distesa sul canapè ai piedi del Sacro Monte che, come dama d’altri tempi, attende il bel cavaliere che la induca a sollevare le leggiadre terga per fare un giro di valzer, a rimettersi in gioco insomma. Come essa faceva in anni non molto lontani, ai tempi della vituperata Democrazia Cristiana.

Questa disamina – ce ne rendiamo conto – reca in sé una contraddizione: come ha potuto questa leggiadra signora affidarsi per anni alla ruspante Lega di Bossi che, sia detto senza offesa per nessuno, non avremmo potuto definire un “cavaliere”, neppure con il fucile puntato nella schiena? Tale contraddizione, però, è soltanto apparente perché anche una leggiadra signora d’altri tempi, quando vede che nessuno si fa avanti con delle avances interessanti può decidere di concedersi al “brutalone” di turno o, come nel caso, intessere una liaison col suo rassicurante avvocato.

Ma se scartiamo a priori i diversi raggruppamenti ed alleanze possibili, chi potrà mai governare Varese in futuro? Chiunque, purché tenga presente tre punti che a nostro avviso sono basilari, un vero vademecum:

  1. Nessuno potrà governare Varese se non la conquisterà sentimentalmente: la Lega, infatti, l’ha governata ma mai veramente conquistata. Aiuta a capire ciò che intendiamo dire la telenovela riguardante il sindaco di Roma Ignazio Marino: appena due anni e mezzo dopo essere stato eletto, lo ripudiano perfino i mattoni del Colosseo (oltre al papa…). Per questo pensiamo che tutto ciò che di leghista si è cercato di costruire a Varese non sopravvivrà, a meno che la Lega non metta in soffitta il vecchio, truculento repertorio e diventi un serio partito di alternanza al “sistema”. Lo stesso consiglio daremmo ad un grillino.
  2. Per il suo retaggio storico, per le sue potenzialità culturali, artistiche e industriali, Varese è una città che si può conquistare sentimentalmente soltanto con massicce dosi di buonsenso, buongusto, discrezione e di tatto, assicurandole nel contempo la sicurezza sociale (affrontando con urgenza e serietà i problemi connessi all’immigrazione), ordine interno, buoni teatri, buona musica e un risveglio culturale che abbia anche un suo indotto, un ritorno economico per la città. Varese non deve – come ha fatto in passato – cercare di rassomigliare a Milano, né deve porsi in alternativa ad essa (perderebbe!) ma, anzi, deve rimarcarne la differenza nel proporsi come fine alternativa allo smog ed ai frenetici ritmi meneghini, diventando uno dei polmoni culturali della Lombardia. Se la classe dirigente cittadina avesse già da tempo elaborato una seria strategia attrattiva legata a tale concetto, probabilmente Expo 2015 avrebbe recato a Varese molti più vantaggi di quelli che siamo riusciti a intravedere fino ad oggi.
  3. Chi vuol governare Varese in futuro deve stare attento a non diventare schiavo del “sistema comunale”, quello creato da Giuliano Amato con la riforma degli enti locali del 1990, quando volle togliere il potere agli organi di indirizzo politico, per affidarlo ai dirigenti, pensando ai primi come corrotti e incapaci e ai secondi come onesti e competenti: tra i tanti, lo scandalo infinito di “Mafia capitale” ne è stato il fatale risultato. Ricordi, perciò, il futuro sindaco di Varese che nella guida politica del Comune, il delegato dal popolo sarà lui perché, cosa che non poteva supporre Amato, la globalizzazione ha introdotto nel nostro sistema una sorta di democrazia diretta dal cui circuito è escluso qualsiasi oscuro dirigente comunale: se le cose in Comune andranno male, i cittadini se la prenderanno col sindaco, non col dirigente di settore!

Quelli da noi elencati sono tre impegni che atterrerebbero un elefante ma questi, ahi loro, saranno i tempi, i ritmi e le modalità cui dovranno soggiacere gli amministratori varesini dell’era globalizzata. Sennò è meglio che non si candidino o, se eletti, che se ne vadano a casa, anche a costo di battere il record di un sindaco varesino del recente passato, Angelo Monti che nel 1992 si dimise appena tredici giorni dopo essere stato eletto. Se ovviamente non saranno trattenuti da altre ed inconfessabili ragioni.

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