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Garibalderie

LA CORSA GLOBALE AL DOPING

ROBERTO GERVASINI - 13/11/2015

dopingSilvano Meconi, campione europeo del getto del peso intorno agli anni 60, toscanaccio simpatico, intratteneva anche noi, giovani leve azzurre, raccontando amenità nel Centro di allenamento federale a Formia. Già allora si parlava di doping e degli americani USA alle Olimpiadi di Roma del 1960.

Con il doping arrivarono prima di tutti gli USA. Meconi raccontava dei meeting del 1959 quando i pesisti americani vennero in Europa a gareggiare. Con la colorita parlata toscana descriveva quegli “spilungoni” giocatori di basket che solo un anno dopo erano diventati irriconoscibili, pesanti come armadi con masse muscolari da far paura. Naturalmente gli americani vinsero le tre medaglie in palio. Cosa sarà mai accaduto a questa gente? Non c’erano allora controlli antidoping ma le pillolone anabolizzanti erano arrivate negli stadi.

La strada da allora non si è mai interrotta e ai lanciatori Usa seguirono subito quelli sovietici e tedeschi della Germania Est che con meno di sedici milioni di abitanti vincevano, nelle discipline “muscolari” più medaglie del resto dell’Europa. Ora fa solo ridere leggere che la Commissione WADA, definita indipendente, abbia lanciato un allarme per il doping di Stato della Russia. Ci sono oceani di droga in tutto lo sport ed in tutto il mondo perché dove non interviene lo Stato intervengono le federazioni sportive che dallo Stato ricevono sovvenzioni e che alla fine del mandato delle giunte, solitamente quadriennale, devono fare i bilanci.

Come si fanno i bilanci? Si contano i titoli, le medaglie, i successi. Se non si vince nulla, il bilancio è fallimentare ed il presidente di questa o quella federazione sportiva rischia di perdere la seggiolona. Noi italiani siamo maestri. Il doping ematico è nato in Italia, con la supervisione dello Stato e del Coni.

Nasce a Ferrara, il doping ematico, secondo chi scrive almeno dal 1971, quando qualche mezzofondista amico della bassa padana inizia a migliorare di decine di secondi le proprie prestazioni sulle lunghe distanze, ma è nei i primi anni Ottanta che il Governo ed il Coni presieduto da Franco Carraro decidono di finanziare un Centro Studi Biomedici per “…migliorare le prestazioni degli atleti”.

L’autoemotrasfusione porta gli azzurri a vincere medaglie in serie, da Los Angeles 1984 alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer dieci anni dopo: ma l’Italia è avanti, i controlli ancora non guardano all’ematocrito per cercare l’Epo, e gli azzurri la fanno sempre franca. Nel 2004 una lunghissima inchiesta giudiziaria condotta tra Bologna e Ferrara riconosce l’uso di doping sistematico, ma la maggior parte degli imputati se la cava con la prescrizione, come in tutti i casi, sportivi o politici dove è necessario e conveniente. La danza era già iniziata con la gestione di Primo Nebiolo nel settore dell’Atletica leggera ma nello sci da fondo, come nel canottaggio i bilanci di medaglie erano lusinghieri.

Da allora è probabile che il sistema di Stato italiano che non è affatto diverso sostanzialmente da quello russo ha prodotto medaglie e dopo il caso Schwazer le procure di Bolzano e Padova hanno avviato una nuova inchiesta che ha scoperchiato nuove connivenze del Coni nei mancati controlli degli atleti italiani. Siamo all’inizio, ma sembra di vedere una replica del processo concluso dieci anni fa a Bologna che stabilì che in Italia si faceva doping di Stato. Così come siamo solo all’inizio dell’inchiesta della WADA: si delinea un collegamento di laboratori, tangenti, sponsor e corruzione di cui protagonista non è certo solo la Russia.

Lo capisce anche un bambino, Putin va indebolito, la Russia penalizzata e quindi incolpata per fatti che rappresentano il normale comportamento di federazioni sportive in mezzo mondo, le stesse che con tanta retorica parlano di sport pulito ma poi costringono gli atleti migliori a pratiche di doping perché l’importante è vincere, avere gli sponsor, ottenere più sussidi, mantenere le poltrone. Lo Sport, come sostengo da lustri, fa male, anche senza il doping fatto di anabolizzanti piuttosto che con l’autoemotrasfusione. Lo sport è attività agonistica, esasperazione, stress, sia chiaro. Le camminate nei boschi piuttosto che la nuotatina sono attività fisica che agonismo esasperato non prevede.

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