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Incontri

AI TEMPI DEL GHIACCIOLO

GUIDO BONOLDI - 28/01/2012

Domenica, 22 gennaio, ho partecipato alla festa di compleanno di due care amiche, Franca e Chicca, che festeggiavano, messe insieme, centoventi anni (naturalmente, trattandosi di due signore, non svelerò gli anni di nessuna delle due e mi limiterò a dire che sono gli stessi).

Si sono radunati molti amici per gioire di questa fausta ricorrenza e ringraziare insieme a loro Colui dal quale ogni vita proviene. Al culmine della festa è stato mostrato un video che riportava alcune frasi prese da un discorso di Don Giussani del 1991 dal titolo “Perché tu sia felice”, commentate da quadri di Van Gogh, Renoir, Millet ed altri pittori.

“Il Signore, il Mistero che fa tutte le cose, ci ha chiamati in vita perché abbiamo a essere felici e rimanere, restare, durare. La vita ci è data per una creatività. Il tempo è come il tessuto su cui occorre disegnare una creazione”.

Già il tempo… Quanto tempo era passato anche per me, da quando bambino trascorrevo le mie giornate estive in quel luogo dove ci eravamo radunati per la festa: l’oratorio di Bosto; quel piccolo campo di calcio, allora in terra battuta, dove ho tirato i miei primi calci al pallone, e quel salone dove nella calura dei pomeriggi estivi Don Giovanni Brovelli ci leggeva un libro a puntate, e quel bar dove spendevamo le poche lire che avevamo in tasca per un ghiacciolo e per le stringhe di liquerizia. Non c’era più la giostra e neppure il grande albero piantato nel centro del cortile, ma per il resto era rimasto tutto come allora.

“Noi partecipiamo al Mistero, proprio come Mistero creatore. È per grazia che compiamo quello che compiamo, così come per grazia esistiamo”.

È stata una grazia quella fanciullezza serena, all’ombra del campanile, in quel rione, pardon castellanza, che è stata la nostra grande casa.

La chiesa di Sant’Imerio e quella parrocchiale, di San Michele Arcangelo, il servizio liturgico di chierichetto e quelle levate all’alba per servire alla Messa delle sei; le corse a piedi, giù per il Nifontano e su per la Conca d’Oro, quando ancora non esisteva viale Europa; la compagnia teatrale dell’oratorio con la quale mi cimentai a calcare la scena per qualche ruolo minore; il bosco lungo la ferrovia dove, fionda alla mano, si affrontava la banda “nemica” di via Frattini.

“L’amore è a Dio, al Dio vivente, al Dio che è diventato uomo”.

L’amore al Dio vivente è come la sorgente che zampilla al fondo dell’io; io, quel bambino che tira il calcio al pallone e che ora, commosso, dice grazie a Dio !

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