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In Confidenza

ALLE FRONTIERE ESISTENZIALI

Don ERMINIO VILLA - 23/12/2015

Don Orione tra i suoi orfanelli a Buenos Aires

Don Orione tra i suoi orfanelli a Buenos Aires

“Cari figli di Don Orione, voi dovete andare con il carisma di fondazione alle periferie esistenziali, là dove l’esistenza delle persone è materia di scarto. Voi sapete che state in questo sistema che è mondano, paganizzato: ci sono quelli che ci stanno (caben) e quelli che avanzano (sobran); quelli che non ci stanno nel sistema avanzano, e quelli che avanzano sono di scarto (descartables). Queste sono le frontiere esistenziali. Lì dovete andare voi. O forse preferite andare con i soddisfatti, con le persone ben sistemate, con quelli a cui non manca niente? No, alle frontiere esistenziali. Voi avete i Cottolengo. Lì sta la frontiera esistenziale più concreta del vostro carisma. Ciò significa perdere tempo, consumare il tempo con loro, perché sono la carne di Gesù. Il Verbo è venuto nella carne, è la carne del Verbo. È questo che ci salva da ogni eresia, dalla gnosi, dalle ideologie e dalla mondanità spirituale”.

In questo momento delicato, ma anche entusiasmante della vita della Chiesa, il Papa ci invita a svegliarci. I carismi affidati a ciascuno sono un dono di Dio da spendere totalmente in quel processo di Chiesa in uscita che è capace di incontrare periferie esistenziali e geografiche e di vivere in una posizione scomoda, cioè giocando l’esistenza su quelle stesse frontiere.

Quello di Papa Francesco non è semplice ottimismo, ma speranza cristiana. Ciò che conta più di tutto è avere un fuoco dentro, una fiamma, uno zelo che fa essere giovani anche… a 80 anni. Se è così, le cose si vedono in una maniera completamente diversa.

Non siamo un carrozzone con le ruote arrugginite… Ci sono esperienze in atto che dicono la vivacità e la capacità di osare dei religiosi italiani. Anche quando la testimonianza è silenziosa, questa discrezione non può essere letta come una virtù negativa, ma come la consapevolezza che chi opera è Dio; noi siamo semplici strumenti nelle sue mani.

Questo “anno della vita consacrata” serve per educarci ad essere uomini e donne “senza frontiere”, capaci però di abitare le frontiere del nostro tempo. Anche quelle culturali.

Le grandi cause delle divisioni e dei conflitti, oggi così profonde e così estesi, vengono dall’idolatria del potere, del piacere, dell’avere. Lo stile di vita povera, casta ed ubbidiente dei consacrati e delle consacrate, e la vita fraterna in comunità costituiscono una terapia spirituale utile e valida per tutta l’umanità.

Per comunicare al mondo di oggi la potenza liberatrice del Vangelo i religiosi dovranno da un lato rafforzare la fedeltà al proprio carisma e dall’altro trovare forme nuove per viverlo. Nel mondo globalizzato il campo della profezia e del servizio si è enormemente ampliato: si pensi ai milioni di sradicati e di rifugiati, alle vittime dell’Aids e della droga, alle minoranze etniche oppresse, ai Paesi poveri esclusi dai processi globali di sviluppo; senza dimenticare i nuovi poveri della società del benessere, spesso in preda alla disperazione, alla depressione e alla solitudine.

Là dove più urgente è il bisogno di liberazione i religiosi dovranno condividere dall’interno i rischi, le sofferenze, i problemi e le speranze dei poveri, antichi e nuovi.

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