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Storia

MAI SEDE EPISCOPALE?

FERNANDO COVA - 11/03/2016

La cattedra vescovile in Sant’Ambrogio a Milano

La cattedra vescovile in Sant’Ambrogio a Milano

Il professor Vittorino Carinella, nel suo volume “Varese città giardino” edito nel 1968, uno dei primi volumi dedicati alla nostra città, riservava un lungo capitolo a “Speranze e voti per una sede vescovile a Varese”.

Citava come nel Concordato del 1929 all’articolo 16 si dichiarasse “Le Alte Parti Contraenti procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione delle circoscrizioni delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle provincie dello Stato”.

Varese nel 1966, secondo Carinella, contava circa 75mila abitanti in città e circa 650mila in provincia con una densità di 540 abitanti per chilometro quadrato. Questi dati comparati con le altre province italiane evidenziava come molte province, con numero di abitanti inferiori a Varese, avessero addirittura più diocesi (per esempio Foggia con 665mila abitanti contava sei diocesi, Perugia con 565mila abitanti dieci diocesi, Viterbo con 261mila abitanti sei diocesi e così via).

 Sempre con i dati di allora, ci mostrava come la sola provincia di Varese con i suoi 650mila abitanti superasse i complessivi 628mila abitanti di un raggruppamento di ventisei diocesi, prevalentemente nel centro-sud. Per sostenere la sua tesi ci segnalava che a fronte dei 75mila abitanti della sola città esistevano ben ottantadue diocesi con un numero di abitanti inferiori a Varese e commentava “ i dati riportati …. dimostrano, per eccesso, che le carte di Varese, almeno dal punto di vista numerico, sono in regola…”.

Il Carinella cita poi il Concilio Vaticano II (1962/1965) che suggeriva: “Pertanto, in materia di circoscrizione diocesane, … prudentemente si addivenga, il più presto possibile, ad una revisione dei confini delle diocesi, dividendole o dismembrandole o unendole, o cambiando i confini… Se le circostanze lo permetteranno si osservino i confini delle circoscrizioni civili”. Commentava ancora l’autore: “Tutto questo può far comprendere quanto siano valide le speranze di avere un Vescovo a Varese, perché nella nostra città esistono i presupposti per la felice realizzazione delle aspettative”.

Per perorare la causa di un insediamento vescovile nel 1961 il sindaco in carica Mario Ossola incontrò a Milano il cardinal Colombo e successivamente ci furono altri due incontri a Roma con il cardinal Dell’Acqua, vicario di Paolo VI.

Fin qui Carinella. Poi più nulla. La possibile presenza di un vescovo a Varese ci è ricordata dal Brambilla: “Pio IV(Gian Giacomo Medici) voleva creare in Varese una sede episcopale, come si rileva dagli atti di visita pastorale del 1567, e da una lettera di san Carlo stesso, citata dal Sormani, in cui sta scritto “Varese è luogo tale, che il nostro Signore di felice memoria, ebbe animo di erigerlo a Cattedrale”.

Studi successivi (Enrico Cattaneo) smentiscono in parte quanto sopra: “ Negli Atti della visita pastorale non vi è alcun cenno al progetto di Pio IV di erigere a cattedrale la chiesa di san Vittore. Poiché il motivo vero era di onorare dei parenti, in particolare il nipote Giacomo Annibale Altemps, desiderosi del feudo di Varese, senza dubbio il card. Borromeo non favorì in alcun modo tale iniziativa che pertanto decadde. Egli, tuttavia, il 2 marzo 1571 riconobbe la prevostura di san Vittore ‘dignitas magna post pontificalem’…

Brambilla sottolinea che nel 1638 il papa Urbano VIII concesse come segno di distinzione l’almuzia ai canonici e approvò per il prevosto l’uso della mitra, copricapo dei vescovi nel corso delle celebrazioni liturgiche e dei pontificali. Queste concessioni erano comunque soggette al beneplacito dell’arcivescovo, cardinal Monti, che mai le approvò.

Oggi si percepisce ancora l’esigenza di una sede episcopale in quel di Varese, che pur fruisce della presenza di un vicario, attualmente monsignor Franco Agnesi?

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