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Storia

DON BANDIERA, UN’ISTITUZIONE

FERNANDO COVA - 01/04/2016

IFIl 19 aprile ricorrono quarant’anni dalla morte di don Alfredo Bandiera. Giunse nel 1945 nella Casa salesiana di Varese. Chi lo ha conosciuto conserva un ricordo “radioso” di questo sacerdote, sempre allegro, secondo gli insegnamenti di don Bosco. Fu educatore, confessore, predicatore coinvolgente, ma soprattutto un significativo punto di riferimento per i giovani.

Un breve accenno biografico: nasce a Bentivoglio in provincia di Bologna il 18 dicembre del 1890, per quel che mi ricordo si diceva originario di Cento non di Bentivoglio. Fino ai sedici anni aiuta la famiglia contadina poi si manifesta la vocazione e divenne aspirante salesiano.

A diciannove anni riceve la veste talare dal beato don Michele Rua, il primo successore di Don Bosco con il quale rimase sempre in contatto. Nel giugno 1915 viene chiamato alle armi e assegnato al reparto sanità interrompendo i suoi studi seminariali.

Viene ordinato a Faenza il 24 luglio del 1920 sacerdote a trent’anni di età. La sua attività sacerdotale si svolse soprattutto a Bologna, Livorno, Arezzo, Brescia e dal 1945 a Varese, dove divenne una istituzione, non solo per il Collegio salesiano, ma per l’intera città.

Conosciuto, amato, stimato da tutti alla sua morte ci fu un’ affluenza notevole per rendere omaggio alla sua salma il lunedì 19 aprile del ’76 confermata dalla numerosa partecipazione di sacerdoti e fedeli al suo funerale.

La sua salma riposa ora nel cimitero di Giubiano, in Varese. Tra i tanti ricordi posso ricordare che si procurava le sigarette al Gaggiolo e, passando la frontiera, evitava di dichiarare le stecche presentandosi come “fratelli Bandiera”: tali sigarette le rivendeva poi alla domenica dopo la messa agli ex allievi che frequentavano i salesiani. Una delle sue più grandi delusioni fu quando un ex allievo cambiò “chiesa”, iscrivendosi al partito comunista: eliminò tutte le sue foto dal portafoglio, mantenendo solo quella del ragazzo che lo ha disilluso.

Un altro episodio trovato in rete ne documenta il carattere : direttore all’oratorio di Livorno, don Alfredo Bandiera un giorno accompagna a passeggio una trentina di ragazzi. Passando davanti a un fruttivendolo uno di quei monelli allunga la mano portando via una mela. Don Bandiera se ne accorge, ferma la squadra, fa uscir fuori il goloso, gli fa restituire il malloppo e ad alta voce gli impartisce una lezione talmente severa sul dovere dell’onestà che il colpevole piange cocenti lacrime.

Nel contempo una donna che passa col carretto carico di frutta, si ferma e interviene in difesa del piccolo. «Reverendo, e perché maltratta così questo povero ragazzino? Non si vergogna, grande com’è? ». Don Bandiera inesorabile: « Ha rubato una mela! »

«Eh, per una mela… », replica indulgente la fruttivendola.

« Ah sì? Ragazzi, prendete da quel carretto una mela ciascuno! » Detto fatto, il plateau delle mele in un attimo si svuota, la donna ora grida disperata: « Mascalzoni! Farabutti! ».

Allora don Bandiera interviene: « Ma signora, per una mela… ». La donna, che non sa come replicare, si morde le labbra, capendo la lezione. « Ora rimettete le mele al loro posto! », ordina don Bandiera, e i ragazzi tornano uno dopo l’altro a riempire il plateau saccheggiato.

Concludo con il suo grido di battaglia: ”Allegro”.

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