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In Confidenza

L’EUROPA DEI NUOVI MONACI

Don ERMINIO VILLA - 22/04/2016

fraternitàUn esempio fra tanti: parliamo della “Fraternità di Gerusalemme”, composta da monaci e monache provenienti soprattutto dalla Francia, ma anche da altri paesi d’Europa e del mondo.

Si tratta nella stragrande maggioranza di giovani, approdati alla vita monastica dalle esperienze più diverse di vita e di lavoro, accomunati dall’aver avvertito, ad un certo momento dell’esistenza, la chiamata irreversibile a cercare Dio ed a vivere solo di Lui.

Colpisce la luminosità dei loro volti, la bellezza delle loro preghiere, lo splendore del canto, la spontaneità dei rapporti umani…

Da Montecassino a Cluny – per fare solo due nomi – quanti monaci hanno fatto l’Europa: la fioritura secolare del monachesimo ha custodito e trasmesso ai popoli del nostro continente non solo i tesori della fede, ma anche quelli della cultura classica, greca e latina, immettendoli come linfa viva nei processi di costruzione della civiltà europea.

Valori decisivi come la dignità della persona o l’orientamento della storia ad un compimento finale o la trascendenza riconosciuta nel suo volto personale e accogliente, sono passati attraverso i predecessori di questi giovani, motivati dalla stessa passione per Dio e per il bene dell’umanità.

Quel che è nuovo e diverso in loro è che la scelta di vita che hanno fatto è avvenuta in un tempo in cui essa appare più assolutamente singolare e perfino sconcertante! Eppure in loro non c’è la minima ombra di disprezzo del mondo o di fuga da esso: la loro vita si svolge per scelta precisa nel cuore delle grandi città, mantenendo ciascuno un lavoro “part-time”, per lo più in continuità con la professione di provenienza.

La loro giornata è dominata dalla lode di Dio e dalla testimonianza del suo amore agli uomini, e la loro liturgia è divenuta punto di riferimento quotidiano di innumerevoli persone. Gente di tutti i tipi si unisce alla loro preghiera, attratta anche solo dalla bellezza del loro canto o dalla pace dei loro volti.

Il loro fondatore, Pierre Marie Delfieux, un prete vissuto a lungo come eremita nel Sahara prima di dare inizio all’esperienza dei “monaci nella città”, spiega così la risposta che sta incontrando questa forma nuova di vita consacrata: “Nel deserto di solitudine, di ricerca, dell’indifferenza, di affanni e di anonimato che è spesso il mondo urbano, assetato di verità ed affamato d’amore, solidali con l’uomo così com’è e dov’è, noi offriamo un’oasi di silenzio e di preghiera”.

Che non sia questa l’Europa dello spirito, di cui diciamo tanto di aver bisogno per fare dell’unione monetaria ed economica raggiunta una casa accogliente per tutti? Al di là del riconoscimento delle radici cristiane del continente, esperienze come questa mostrano quanto gli Europei di oggi abbiano bisogno di ragioni di vita e di speranza che spingano ad un generoso impegno per gli altri.

Questi giovani dimostrano con la loro stessa esistenza dove queste ragioni possono essere trovate ed offerte. Che l’Europa dello spirito debba nascere ancora una volta dalle sorgenti del monachesimo plasmato alla scuola del Vangelo? Per quanto paradossale possa apparire questa tesi, riflettervi è quanto meno una sfida per tutti.

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