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Cultura

ECCO I MUSEI NELLA RETE

ARTURO BORTOLUZZI - 22/04/2016

Le guide di VareseMusei

Le guide di VareseMusei

Cercando un regolamento comunale su Internet sono entrato nel sito del Comune di Varese e ho letto il comunicato sull’avvenuta costituzione della rete museale cittadina.

Riproduco esattamente il testo che è pubblicato: “VareseMusei: sei Musei fanno squadra per raccontare a tutti il patrimonio culturale della città. Il Museo civico archeologico di Villa Mirabello, il Museo civico d’arte moderna e contemporanea del Castello di Masnago e il Museo Baroffio e del Santuario del Sacro Monte sopra Varese, storiche realtà museali di Varese – il Baroffio è addirittura uno dei musei di più antica fondazione di tutta la Lombardia – hanno deciso lo scorso anno di fare squadra con altre istituzioni di più recente apertura o, in alcuni casi, riapertura: la Casa museo Lodovico Pogliaghi, il Centro monsignor Pasquale Macchi, della Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, e il Museo Angelo e Alfredo Castiglioni, di proprietà del Comune di Varese e gestito dall’associazione Conoscere Varese.

L’obiettivo? Mutare l’attrattività in senso culturale della città. Ben definiti, a tale scopo, i desiderata del capofila Comune di Varese (Musei civici) e dei partner Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese (Centro monsignor Pasquale Macchi), Veneranda pinacoteca e biblioteca ambrosiana (Casa Museo Lodovico Pogliaghi), Parrocchia di Santa Maria del Monte (Museo Baroffio e del santuario del Sacro Monte sopra Varese) e Associazione Conoscere Varese (ente gestore del Museo Castiglioni):

- sviluppare continuità tra i musei, individuando rimandi in grado di promuovere la fruizione del patrimonio e superare la segmentazione dei pubblici;

- rendere i musei maggiormente visibili e accessibili al pubblico, sia rendendo facile l’accesso ai visitatori che utilizzano mezzi privati, che promuovendo quando possibile l’uso dei mezzi pubblici e del bikesharing (per le sedi collocate tra il centro e il quartiere di Masnago);

- sviluppare la promozione e comunicazione attraverso internet, per allargare la vetrina del patrimonio artistico cittadino, anche attraverso un uso intelligente e mirato dei social network, andando oltre l’attuale bacino di visibilità dei musei coinvolti;

- realizzare supporti utili e qualificanti l’esperienza di visita, sia cartacei che multimediali (come guide alle collezioni e video di presentazione delle stesse)”.

Ho scritto al sindaco del Comune di Varese e per conoscenza all’assessore alla cultura esprimendo il mio vivo disappunto, perché questa iniziativa (che è lodevole e necessaria) poteva essere fatta meglio. Poteva farsi molto di più! Innanzitutto, anche in questa occasione, il Comune di Varese non ha sentito, prima di decidere il parere dei varesini sul da farsi come è detto nella Legge vigente e in una sentenza del Tribunale amministrativo che ho recentemente dato in copia in Comune.

Non è perseguito in questa decisione un interesse della popolazione: anzi. In secondo luogo, ho criticato il fatto che siano stati considerati da questo progetto tutti i musei della città con una incredibile mancanza. È stata tenuta fuori da questa iniziativa comunale (ed è davvero incredibile) Villa Panza nella storica castellanza di Biumo Superiore di Varese dove si è realizzata in maniera efficiente e superba la compenetrazione tra architettura settecentesca lombarda e l’arte contemporanea americana, nonché con lo sposalizio efficiente tra questa e la luce robusta e intensa del nostro paesaggio.

In terzo luogo, ho fatto presente come non si sia creato un sistema di relazioni tra i musei di Varese e quelli presenti almeno nel territorio limitrofo alla città (scrivo di musei e anche di piccoli musei ovvero delle case museo).

Sono dell’idea che i musei varesini possano vivere – e creare quindi interesse nei cittadini – nel momento in cui il Comune di Varese vorrà e saprà invogliare il suo direttore a creare sponde e relazioni tra le sue realtà (e quelle, ora, del sistema cittadino) e i musei del territorio e, magari, quelli all’estero.

Disponiamo di capacità professionali e di fantasia che si possono mettere alla prova, perché possano essere raggiunti risultati di grande interesse, poliedrici, affascinanti e multiformi. Varese potrebbe così crescere e far crescere all’insegna di forme culturali non monotematiche. Si potrebbe, insomma, dar vita a una formativa curiosità.

Avere tenuto fuori Villa Panza dalle iniziative di cui sopra è, a mio modo di vedere, una sconfitta che palesa in chi l’ha congegnata una immane provincialismo e una preoccupante mancanza di visione sul possibile sviluppo futuro della nostra città. Sviluppo che secondo il mio pensiero non può che, soprattutto, strutturarsi sul rafforzamento in chiave internazionale di Villa Panza. Non ha, allora, il benché minimo senso lavorare contro Villa Panza e non coinvolgerla.

Qualora si sposasse il mio convincimento, sarà necessario che i reggitori del Comune lavorino con la proprietà della Villa perché venga inserita in un circuito Guggenheim e sappiano sfruttare con sapienza, finché è forte, l’importanza del nome di Giuseppe Panza negli Stati Uniti di America.

Ho ribadito la mia critica per la scelta ottusa e impopolare di eliminare Villa Panza da questa iniziativa comunale e ho invitato il sindaco a correggerla con forza eliminando i segni di una clamorosa ingiustizia che è a detrimento di quella che è l’immagine comunale e che può dare vita a fuorvianti congetture. Un candidato sindaco nel corso di un recente dibattito elettorale al Golf di Varese ha detto come sia inutile operare per la valorizzazione di Villa Panza. Ha detto, infatti, come di Guggenheim in Europa ve ne sia già uno a Bilbao e che, pertanto, sia inutile lavorare per farne uno a Varese.

Sono chiaramente contro questo modo di congetturare e di vedere: Panza era il conte di Biumo Superiore di Varese; della memoria di Panza dobbiamo essere portatori noi; dobbiamo essere solo noi di Varese a essere meritevoli di divenire sede europea del Guggenheim insieme e non contro Bilbao con la quale possiamo convivere senza pestarci i piedi vicendevolmente.

A Varese si faccia finalmente buon uso di Villa Panza e della scuola europea come anche del centro nato di Solbiate Arno e lo si faccia consapevolmente e coscienti di possedere una grande fortuna. Facciamo diventare grande Varese.

Una giusta intuizione, ho scritto al sindaco Fontana, l’ha avuta quando, dimostrando intelligenza e visione per il futuro, ha ipotizzato di fare allestire dall’architetto giapponese Tadao Ando, che aveva anche invitato a venire Varese la strada al Campo di Fiori con le installazioni degli artisti ambientali legati a Villa Panza. Questa è una iniziativa che occorre riprendere e portare a compimento. Sarebbe proprio una realizzazione vincente.

Al termine della mia lettera ho scritto al sindaco come nell’esprimere il mio pensiero mi fosse sorto di considerare anche le buone pratiche degli altri. Ho così guardato cosa sta facendo Milano che è tra l’altro maestra nell’organizzazione culturale: ebbene alla base di due recenti iniziative culturali tenutesi a Milano il Miart e la XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano dal titolo 21st Century. Design After Design.

Alla base di queste e a fondamento del successo anche internazionale che hanno avuto e, quindi, della loro riuscita, c’è proprio il coinvolgimento di tutti i soggetti che potessero avere voce in capitolo e non, invece, la esclusione di qualcuno come è avvenuto inspiegabilmente a Varese.

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