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Opinioni

DILETTANTISMO DEL CLIC

ROBERTO ROTONDO - 20/05/2016

iovotoStringi stringi, la rivoluzione a 5 stelle ha partorito un topolino: nessun candidato a Varese, idem a Gallarate. Solo Busto Arsizio viene rappresentata dai grillini, tra le grandi città della provincia. Il caso è abbastanza clamoroso, soprattutto per il capoluogo dove i pentastellati erano già entrati nel 2011 in consiglio comunale, avevano un seggio, e hanno lavorato per 5 anni allo scopo di costruire un’alternativa reale alla vecchia politica. Alla resa dei conti, quando si è trattato di tirare la fila di tanti impegno, il risultato è stato uno zero, il nulla.

Il motivo è noto. Il Movimento è come un franchising: per poter utilizzare il marchio i rappresentanti del territorio devono ottenere la certificazione dei capi, in questo caso il mitico “Staff”. In sostanza si tratta della ditta informatica che gestisce il blog di Beppe Grillo e che ha sede a Milano, nei locali della Casaleggio e associati.

Il Movimento 5 stelle ha deciso, in questi mesi, che il marchio non va sporcato con liti interne e che sia meglio non presentare le liste a Varese, o in altri luoghi, per non avere in futuro spaccature, liti e infiltrazioni. Il M5S non ha una gerarchia e una struttura sul territorio, non ha segreterie e dirigenti territoriali. Questo, come mi ha spiegato qualche giorno fa il deputato Cosimo Petraroli, porta un indubbio vantaggio: e cioè di non essere scalabili dalla criminalità organizzata o dalle lobbies. Ma porta anche qualche effetto collaterale. Il primo è che il contatto con il territorio non è una priorità dei rappresentanti eletti, poiché conta solo il giudizio e le regole del vertice grillino. Il secondo effetto collaterale è che il movimento rinuncia in questo modo a gestire la complessità: o le cose vanno lisce subito, oppure si rinuncia a correre alle elezioni.

A Varese è accaduto proprio questo: dovendo scegliere tra due diversi candidati in contrapposizione tra di loro, lo Staff ha preferito non scegliere e gettare la spugna. Ciò che colpisce è tuttavia la mancanza di gravi motivazioni alla base della rinuncia. I due contendenti erano l’architetto Alberto Steidl e il consigliere comunale Francesco Cammarata e le liste erano formate da militanti del meetup di Varese. Non si ha notizia si infiltrazioni mafiose, di costruttori arrembanti, dai persone con fedine penali sporche. No, l’unico problema è che i due non si sono messi d’accordo. Ora, se la nuova politica rinuncia a gestire la complessità del reale, a partire da una banalissima divergenza di opinioni, come può pretendere di gestire la grandi città come Roma o Milano, o addirittura l’Italia?

L’estremismo di queste formazioni postdemocratiche, nate sul web, o come prosecuzione del carisma televisivo di grandi personaggi, è francamente preoccupante e invita tutti a una riflessione che sarebbe il caso di cominciare a porre ai cittadini, magari al di fuori dei talk show.

Come si può pretendere che la politica sia una strada luminosa di decisioni sempre unanimi senza che vi sia il confronto e la fatica del dialogo per arrivare a una sintesi? È di certo comprensibile che la politica abbia esasperato la gente, ma il dilettantismo di chi dice che basta un clic per cambiare le cose può provocare persino danni peggiori. Oggi la politica viene raccontata negli spettacoli televisivi, i comici fanno i guru, i talk show sono gestiti da star che spesso non hanno mai partecipato neanche a una riunione di condominio e tendono a bollare come perdita di tempo il processo democratico. Oppure si fermano al primo stadio di tale processo, la lite, senza mai mostrare la maturazione del confronto in dialogo e il suo approdo in decisione collettiva.

È così grave avere opinioni diverse dentro un partito? È questa logica da talk show che ha tolto al Movimento la corsa alle elezioni comunali di Varese e Gallarate. Un vero peccato, perché forse tanti cittadini avrebbero voluto votare per loro e ne avevano tutto il diritto.

A chi andranno i voti dei grillini? La risposta è difficile. Buona parte si può supporre che andranno ad alimentare l’astensione, ma tra i politici locali è diffusa la convinzione che non andranno comunque al Pd. E che la vacanza pentastellata aiuterà il candidato del centrodestra.

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