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Editoriale

L’OCCASIONE

MASSIMO LODI - 15/06/2016

ballottaggioVarese non decide tra destra e sinistra. Giudica tra conservazione e progresso, vecchio e nuovo, tran tran e ripartenza. Varese resta Varese. I varesini restano i varesini. Prudenza, accortezza, buonsenso denunziano origine trasversale e la mantengono nella contemporaneità. Non siamo terra di rivoluzionari, rottamatori, giacobini. Siamo gente col dna (col capitale umano) della saggezza, della temperanza, del cauto riformismo. Fin troppo cauto, talvolta. Com’è stato il caso degli ultimi quattro e passa lustri: si poteva/doveva osare di più, e lo si era garantito. Si è osato di meno, e lo si è visto. C’erano le condizioni politiche per far rialzare la testa alla città caduta in basso dopo Tangentopoli: classe dirigente locale di fresco conio, governo centrale amico grazie al leghismo/berlusconismo, energie e fiducia civiche a disposizione del neopotere insediatosi. Comparve l’orizzonte della palingenesi, ma le brume prealpine resero presto sbiadita la linea tracciata al principio dell’avventura (1993). Vi subentrarono prima la sorpresa, poi la delusione, infine la critica. Non preconcetta, e invece realistica: dettata dai fatti.

È credibile oggi il dietrofront? Un ravvedimento di quanti promisero e non han fatto, o han fatto al di sotto del promesso? Il riproporsi in positivo di ex governanti che, pur non ammettendolo, colgono la presenza di negatività da correggere? Se sì (1) il candidato da votare è Paolo Orrigoni. Fa l’imprenditore di successo, non è un politico, lo sostiene tuttavia un “bouquet” di conosciuti partiti: Lega, Forza Italia, Ncd, Fratelli d’Italia. Più sponde civiche. La sua sponda civica, soprattutto: una formazione elettorale a lui intestata che ha ottenuto importante consenso al primo turno.

Se no (2) il candidato da votare è Davide Galimberti. Che ha radici nel Pd, s’è giovato del cruciale apporto del movimentismo popolare (si pensi ai voti andati all’alleato Daniele Zanzi, leader di Varese 2.0, e a quelli raccolti dalla sua lista personale), è un avvocato amministrativista apprezzato oltre il perimetro bosino, assicura un’ottimale gestione della macchina municipale.

Orrigoni ha spiegato che Varese non è da rifondare, ma da migliorare. Galimberti l’opposto: migliorarla vuol dire rifondarla. Paragone cestistico: per il primo l’impianto di gioco funziona, va solo aggiornato e arricchito da un essenziale spirito di squadra. Per il secondo non funziona, e bisogna modificare lo schema. Cioè: rappresentatività municipale basata sull’ascolto costante della gente; armonia di un lavoro affidato a un team di competenti/esperti; Varese finalmente fuori dall’isolamento in cui è a lungo rimasta. Ovvero: rivoluzione dolce, mirata a trasformare una situazione di sapore amaro.

I due sfidanti auspicano larga partecipazione al ballottaggio. Si appellano a quanti hanno votato e potrebbero essere nel dubbio se rivotare; sollecitano chi s’è rifiutato di frequentare le urne e inclina a un astensionismo-bis. Meritano di essere ascoltati. Oltre che delle coscienze, sembrerebbe opportuna (indispensabile) una mobilitazione delle intelligenze. Non si può ignorare l’importanza dell’occasione: in palio ci sono i prossimi cinque anni della nostra vita pubblica, che avrà una ricaduta sulla vita privata, familiare, intima. Scegliere è il minimo, per non avvertire poi il massimo d’ipocrisia/rimpianto dentro di sé.

Qualunque sia il verdetto, speriamo nell’omaggio del vinto al vincitore e nella sua disponibilità a mettere al servizio dell’altro un tot di possibile collaborazione. Secondo lo spirito rinascimentale cui Varese vuole ispirarsi per lucidare la sua bellezza. Così ossidata. Così rimpianta. Così riconquistabile.

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