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Società

DEMOCRAZIA È PARTECIPAZIONE

GIANFRANCO FABI - 07/07/2016

Parlamento

Il parlamento europeo

Il voto, un poco a sorpresa, con cui gli inglesi hanno deciso di uscire dall’Unione europea ha riproposto con forza il tema della democrazia, della partecipazione popolare, della condivisione delle grandi scelte politiche. Nei paesi “democratici” i metodi di partecipazione popolare sono diversi: la forma di base è comunque la democrazia indiretta, quella che si esprime attraverso le assemblee parlamentari, a cui si aggiungono forme di democrazia diretta più o meno vaste.

Il ricorso più esteso ai referendum popolari è quello della Svizzera dove il popolo viene chiamato in media ogni anno a votare su di una trentina di temi, sia di carattere nazionale, sia strettamente locale. Il referendum è obbligatorio sui progetti di riforma costituzionale, mentre può essere richiesto su tutti i provvedimenti approvati dal Parlamento centrale, da quelli cantonali o dai consigli comunali.

In Italia è molto meno frequente anche perché esistono precisi paletti costituzionali. Un referendum come quello inglese non sarebbe stato possibile dato che i trattati internazionali sono tra le materie escluse da una eventuale consultazione popolare. La scelta dei padri costituenti è stata dettata da due esigenze comprensibili: da una parte quella di evitare le contrapposizioni ideologiche su argomenti complessi, dall’altra quella di prendere atto che solo attraverso una strategia di compromesso può essere attuata una realistica politica estera.

Il referendum inglese ha in fondo dimostrato il rischio di consultazioni di questo tipo. In tutta la campagna elettorale è mancato quel l’elemento particolarmente importante che è la ricerca della verità. Clamorosa è, per esempio, stata la bugia del leader del partito anti-europeo, Farange, che ha annunciato che in caso di uscita 350 milioni di sterline sarebbero andati ogni settimana al sistema sanitario nazionale: ebbene in una intervista televisiva pochi giorni dopo il voto lo stesso Farange ha tranquillante ammesso di essersi inventato sia la cifra sia la possibilità stessa di modificare il finanziamento della sanità.

Gli elettori inglesi hanno votato sulla base dell’emozione senza essere informati (e qui la colpa dei politici è molto grande) sugli effetti possibili della loro scelta. È come hanno dimostrato alcuni sondaggi successivi al voto molti elettori hanno votato per l’uscita convinti che comunque avrebbero vinto i fautori del rinnovato sí all’Europa.

Ci si può chiedere allora se un referendum di questo tipo sia veramente un raccogliere la volontà popolare e trasformarla in atti politici. E se su temi di cos vasta portata sia corretto semplificare tutto con un sì o con un no decidendo individualmente il destino delle altre persone. E puó essere considerato utile ad un popolo dividersi e far prevalere una parte per poche migliaia di voti e non invece cercare quelle mediazioni che dovrebbero essere il pane quotidiano della politica e che devono puntare a massimizzare i benefici riducendo i pesi per le parti interessate?

Il referendum inglese è in fondo la dimostrazione della sconfitta della politica. Una politica che ormai, sull’onda delle presenze televisive, parla per slogan, per giudizi drastici e sommari, per tesi che non vengono dimostrate. Uno scenario in cui leader di partito che badano solo al proprio consenso gettando nella mischia le loro certezze altrettanto incrollabili quanti costruite sulla sabbia.

L’Europa avrà tanti difetti, ma è comunque una realtà di pace, di libertà e di progresso: ebbene sentirla definire una “gabbia sovietica che toglie il lavoro” è un’aberrazione della logica e della realtà.

La democrazia non può essere ridotta ad una questione di potere o a una battaglia di promesse impossibili da mantenere. La democrazia dovrebbe essere partecipazione vera: nell’impegno quotidiano per il bene comune. La politica ha enormi responsabilità quando sfrutta il disagio popolare per le proprie finalità di potere: come è avvenuto per i vincenti fautori dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Apprendisti stregoni che hanno fatto prevalere i propri interessi alle spalle di un popolo che avrebbe meritato ben altra considerazione.

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