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Editoriale

PURGATORIO

MASSIMO LODI - 30/09/2016

frontalieriDiciamo la verità, il riflesso è scattato in automatico dentro molti di noi. Lo slogan svizzero “Prima i nostri” ha evocato quello italiano “Padroni a casa nostra “. Italiano declinato come padano. L’uno promosso dalla Lega dei ticinesi e vincitore del referendum contro i frontalieri, l’altro sostenuto dalla Lega Nord fin dalle origini e sempre mantenuto in vita.
Nel mondo che avanza, progredisce, abbatte i confini e si globalizza, c’è chi indietreggia, si chiude, respinge. Ci vorranno altri passaggi e del tempo prima che la decisione cantonale elvetica diventi definitiva, e non è detto (non lo è proprio) che le autorità centrali di quel paese la rendano tale. O non la derubrichino invece a cantonata.

Nelle more dell’attesa d’un verdetto conclusivo, la vicenda ricorda che è sempre pronto a spuntare dietro la siepe dell’imprevisto qualcuno più territorialista, localista, esclusivista, nordista, egoista di noi. E naturalmente moralista, specialmente moralista. Chissà se questo pensiero, questo piccolo/modesto/provinciale pensiero, comincia a filtrare nelle granitiche /inscalfibili/ leggendarie certezze del Carroccio che fu di Bossi e oggi è di Salvini.

Maroni annuncia da presidente lombardo la difesa dei frontalieri che emigrano, ma il suo partito ha dato spesso testimonianza di prossimità politica a quello che al di là del confine s’è intestato la consultazione vincente contro l’immigrazione. Un po’ d’autocritica, e di riconoscimento d’una qualche azzardata concessione di fiducia, non guasterebbe. Soprattutto non suonerebbe a disdoro un po’ di realismo: l’Unione europea che auspica, decide e promuove la libera circolazione delle persone -e specialmente delle persone lavoratrici- viene adesso chiamata in soccorso con un pressante appello perché sanzioni la Svizzera. È la stessa Unione europea dileggiata per i cavilli sulle misure delle vongole, demonizzata a causa dell’atteggiamento verso i migranti e dalla quale ce ne si vorrebbe andare (la Lega se ne vorrebbe andare), addirittura rinunciando alla moneta unica a pro dell’obsoleta lira. Ignorando il default economico che ne seguirebbe.

La lezione della Brexit ha insegnato qualcosa. La lezione del pronunciamento anti-stranieri qualche altra? Mah. Il pessimismo sorge spontaneo, se non dovuto. L’Ue non è il paradiso, e difatti nessuno lo sostiene. Però non è neppure l’inferno, ma molti ne sono convinti. O giocano ad esserlo. Salvo ingranare la marcia indietro, quando l’emergenza chiama. E aggiunge una presenza in più nel purgatorio dei molti che parlano per parlare invece che fare per giovare.

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