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Cultura

PROTESTANTI VS CATTOLICI

LIVIO GHIRINGHELLI - 13/10/2016

Giovanni Calvino

Giovanni Calvino

Al centro della fede per i protestanti stanno la grazia e la Scrittura, il cui primato su magistero e tradizione resta indiscutibile. I Riformati preferirono il canone ebraico per le Scritture, rifacendosi invece il Concilio di Trento alla traduzione greca dei Settanta. Per Zwingli la riforma della Chiesa è fondata sulle Scritture e non sul diritto canonico. Tutte le chiese evangeliche comunque considerano le Scritture come unica fonte di Rivelazione e quindi suprema autorità per la fede, la dottrina e la vita.

I diversi metodi critici di studio della Bibbia possono essere utile strumento per una sua comprensione profonda come parola di Dio, ma le indicazioni etiche devono spesso essere tradotte in una cultura, la nostra, molto diversa da quella che le ha viste nascere, evitando di fare del comandamento una lettera che uccide. La fedeltà ai principi geneticamente intesi vale ben più di quella che si rivolge a dottrine da riprodurre letteralmente. Il protestante poi non ragiona in termini di concetti assoluti, appartenenti a sfere immutabili; la loro teologia non sviluppa premesse per via deduttiva, ma è sempre nuova scoperta dell’essenziale. Non esiste un punto di partenza, che si situi altrove che nell’annuncio e nel ricevere l’annuncio. Soprattutto il testo biblico è testo per la predica, non applicazione esortativa di verità dogmatiche. Non si tratta di puro fideismo senza contenuto, non c’è fede senza storia e senza mondo.

Nel culto i santi non vanno invocati, né venerati, nessuna mediazione tra essere umano e Dio, essendo questa esclusivamente opera di Gesù Cristo (1 Tim. 2,5). Nella tradizione luterana sono solo modelli da imitare. Per Calvino la santificazione è un processo permanente in via di attuazione, non uno stato, ma un divenire. Il protestantesimo non sembra conoscere un rapporto di tipo quasi personale con Maria e respinge la definizione della Madonna come Mater unitatis. Maria resta sempre e radicalmente creatura. Non c’è traccia nella Scrittura, né diretta né indiretta, di un culto di Maria. Viene salutata dall’angelo e dagli uomini, ma non invocata. Deve essere onorata, non pregata. Il suo culto fa ombra alla centralità, alla perfezione e all’esclusività dell’opera di Cristo; ha un posto autonomo e privilegiato nell’orizzonte della devozione e della spiritualità cattolica, vive di vita propria.

Mentre il cattolicesimo interpreta e spiega la Chiesa e il culto in termini prevalentemente sacramentali, il protestantesimo li sottolinea come fatto essenzialmente kerygmatico. Il culto non è una realtà chiusa in se stessa, ma è orientato verso la missione. La Confessione augustana recita: ci viene donato lo Spirito Santo che, dove e quando Dio vuole, produce la fede in coloro che ascoltano l’Evangelo. Già nel XVI secolo il protestantesimo si era incaricato di liberare l’azione liturgica dalla sua teatralità, però focalizzando l’intera attenzione sull’asse della Parola. Ora la liturgia deve partecipare, nelle forme che le sono proprie, ai problemi cruciali dell’esistenza, situandoli in una prospettiva di intercessione, di denuncia e di speranza. Particolare spazio liturgico deve trovare la confessione del peccato, come Chiesa e come singoli; è stata soppressa la confessione auricolare (v. Calvino, La forme des prières et des chants ecclésiastiques- 1542) per la confessione in forma trinitaria-autoconsapevolezza di presentarsi davanti a Dio col proprio peccato, invocando grazia e perdono. La vita nuova del cristiano nasce da questo perdono comunitario e personale. La Parola parla anche senza il segno del sacramento, mentre il sacramento senza la Parola resta muto. Nella liturgia protestante la parola biblica è letta, cantata, spiegata, pregata, predicata. La Bibbia rimane aperta sul tavolo della Cena eucaristica, normalmente situato sotto o accanto al pulpito, luogo di convergenza dello spazio liturgico.

I Salmi venivano cantati dalla comunità in lingua popolare (unanimi i Riformatori nell’abbandonare il latino) ; ampio spazio al canto dei Salmi era dedicato nella liturgia della chiesa anglicana ( Book of Common Prayer, 1549). Per Zwingli (Aktion oder Bruch des Nachtmals – Aprile 1525) la liturgia era costitutivamente azione dinamica dell’intera comunità e l’eucaristia valeva come memoriale, rendimento di grazie e manifestazione di gioia.

La spiritualità protestante è il concetto stesso di fede, che esprime la dimensione della spiritualità; non si tratta di spiritualità d’evasione. La concezione diaconale del protestantesimo la immette nel vivo dei problemi umani e sociali.

Oggi il protestantesimo vive, come tutta la cristianità, il problema della comunicabilità della fede cristiana in un contesto caratterizzato da due fenomeni opposti, la secolarizzazione e la rinascita del religioso in forme estranee alla coscienza cristiana, tema diventato di capitale importanza per cogliere il nucleo essenziale del Vangelo, sì da poterlo esprimere in termini validi nel linguaggio moderno, da tradurre il messaggio eterno di Cristo in forme storiche. La Parola di Dio non può tornare a lui a vuoto. Se la Chiesa come realtà umana e storica continua a essere divisa, è il dialogo fraterno che va cercato alla luce della Parola di Dio, superando ecumenicamente anche i contrasti confessionali riguardanti divorzio, aborto, contraccezione, rapporti con lo Stato, questioni delicate di bioetica, la posizione della Chiesa nella società (i cattolici insistono nel richiamarsi alla morale naturale, alla legge naturale).

Purtroppo l’esperienza e la condizione di divisione prevalgono ancora nettamente sulle ragioni dell’unità, dell’ut unum sint di Cristo.

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