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Ambiente

CASTELLI CHE CROLLANO

ARTURO BORTOLUZZI - 13/10/2016

belforteL’Italia ha certamente il patrimonio di opere d’arte più cospicuo al mondo. Disperde però questa ricchezza con una facilità impressionante e soprattutto con una indifferenza dei politici e una rassegnazione completa degli amministrati. Ho davanti a me due immagini del Castello di Belforte: una rappresentante una contadina che ne usciva per darmi delle uova di oca; un’altra data dalle fotografie, prese da un simpatizzante di Amici della Terra Varese, che raffiguravano il pressoché completo crollo del Castello dopo le ripetute rovine degli ultimi tre anni.

Davanti ai miei occhi ho anche i giornali con le dichiarazioni del già assessore all’urbanistica del comune di Varese che diceva fosse meglio “non raccogliere fondi per il Castello di Belforte ma mettergli una bomba”; e una più recente dichiarazione dell’ex vicesindaco che diceva: “Il Castello di Belforte non rappresenta una priorità del Comune di Varese”.

 Ho scritto recentemente una lettera all’assessore alla cultura del comune di Gallarate riprendendo due argomenti di cronaca estivi: l’abbandono di Villa Radetzky, “Gioiello di cui nessuno parla più” (La Prealpina del 19 Agosto 2016), e le polemiche riguardo lo spostamento degli uffici comunali da Villa Tovaglieri, “Vogliamo far tutto bene e subito “ (La Prealpina del 22 Agosto 2016). Riguardo a quest’ultimo problema ho fatto presente come mi avessero confortato tali parole a proposito della continuazione del progetto concernente l’allestimento della Casa del novecento.

Ho chiesto dunque l’approvazione di uno statuto del Museo che indicasse i diversi contenuti dello stesso e che tramutasse in un dato di fatto le parole di cui all’articolo citato: “Qualsiasi consiglio, da parte degli ex sindaci del comune di Busto Arsizio Rossi e Farioli, sul futuro della città, è bene accetto”.

Non è mia intenzione quella di personalizzare una struttura che riguarda la storia di un luogo, ma ho scritto di ritenere in ogni caso essere doveroso che vengano riconosciuti dei meriti a chi se li sia guadagnati attraverso un buon lavoro prolungato, attribuendo loro, se non altro, un potere di consigliare, che dovrebbe essere esercitato ogni volta che venga approvato un bilancio previsionale.

Riguardo, invece, la Villa Radetzky, ho criticato il vezzo pubblico di cui ho detto: acquisire nel proprio patrimonio beni a seguito, molto spesso, di una donazione privata che viene fatta con l’idea del donante di un mantenimento dei beni donati. L’istituzione pubblica che accetta la donazione usa, invece, fare il cosiddetto passo più lungo della gamba e inevitabilmente il bene donato non viene in nessun modo mantenuto e deteriorandosi è destinato ad una sua irrimediabile compromissione.

Sono contrario, ho scritto, che venga tenuto un simile comportamento da parte del pubblico (che prima accetta un bene e che poi lo lascia a sgretolarsi pian piano). Ho chiesto all’assessore che venga assunta, invece, da chi sia chiamato a governare una posizione responsabile. Sono d’accordo che il pubblico non abbia i soldi per poter intervenire. Mi sono chiesto: che senso ha accettare una donazione se non si in è in grado poi di mantenere quanto ricevuto? Un errore posso comprenderlo una volta, ma questo non è. Posso, infatti, trovare centinaia di analoghi esempi. Dobbiamo ribellarci davanti a un simile atteggiamento divenuto ormai una deleteria consuetudine.

La Costituzione italiana vigente indica come il proprietario di un pubblico bene sia la collettività che abita e lavora nel territorio. Non è il Palazzo il proprietario. Il Palazzo è la collettività ad averlo nominato. Se questo non si muove la stessa collettività deve allora fare in modo che il proprio patrimonio possa essere gestito diversamente da quanto il Palazzo stesso fa. La collettività deve allora rendere praticabile una strada diversa da quella che porta all’irrimediabile oblio del bene stesso. È giusto, allora, che il vero proprietario (la collettività) intervenga a salvaguardare un pubblico bene che sta cadendo a pezzi.

Sarebbe giustificato un atteggiamento nuovo e dirompente e che, quindi, il Comune emetta una Tassa di scopo a carico di tutti i cittadini con fasce differenti a seconda del reddito di ciascuno per poter incamerare in più anni i soldi necessari per il recupero di beni di pubblica proprietà (per esempio questa Villa Radetzky e la Cascina Burattana) e anche per il loro mantenimento.

È chiaro che questi beni dovranno rivestire un pubblico interesse e dovranno essere gestiti da un consiglio di amministrazione eletto pubblicamente attraverso una elezione democratica. Nessun politico vorrà prendersi la responsabilità di assumere una simile decisione ma prenderla sarebbe per me un comportamento certamente più doveroso e coraggioso di lasciare morire in silenzio un proprio bene di valore storico e che molte volte (ribadisco) è stato donato solo nella speranza di una sua conservazione e non del suo crollo.

Così è, invece, stato a Varese per il Castello di Belforte in cui aveva dormito Federico Barbarossa e che aveva ricoperto nei primi anni 1000 un ruolo molto importante. Questo è stato proprio raccolto dagli storici nelle carte che lo riguardano e che sono state divulgate in un convegno tenutosi l’anno scorso al museo del Castello di Masnago e organizzato da molte associazioni ambientalistiche e storiche varesine.

Non è tollerabile che il Castello ora si sia ridotto a un cumulo di macerie. Questa è una vergogna! Quando è stato donato al Comune, il Castello era ancora abitato e pressoché integro. Si è detto al Comune, durante il convegno dell’anno scorso, di salvare il castello crollato, almeno come un rudere aperto al pubblico eliminando ogni rischio per persone e cose. C’è il muro di sostegno sulla strada che mostra segni di poter crollare. Allo stesso modo rischia di cadere su strada una frangia del castello.

Ho chiesto dunque anche al prefetto di intervenire ma nessuno si muove. Ho proposto (e ci credo) venga ricreato virtualmente il Castello evidenziandone: la funzione rivestita per il controllo dell’area limitrofa e anche per la segnalazione degli eventi territoriali ai castelli e alle torri vicine; le sue relazioni con il borgo di Varese; e il rapporto stretto che c’era tra la Famiglia proprietaria del Castello e il borgo dove la stessa costruì l’antico Broletto del centro cittadino e una villa sul Colle di Biumo Superiore, che ora è utilizzata come casa di riposo.

Anche le battaglie garibaldine avvenute nei pressi del Castello dovrebbero essere oggetto di una specifica testimonianza e si potrebbe costituire inoltre un apposito parco locale di interesse sovraccomunale. Una ricreazione virtuale della storia della città di Varese avrebbe un significato turistico e anche potrebbe essere un’occasione di studio per le scuole e perché i giovani possano interessarsi e innamorarsi del territorio. Tutto ciò è stato detto nel corso del convegno di cui sopra.

La proposta prima citata di emettere una tassa di scopo è certamente dirompente ma entrare in una simile ottica diventa inevitabile. Non posso vedere i beni di proprietà delle istituzioni (spesso di grande valore) andare a pezzi nell’indifferenza della proprietà e anche della collettività. Amici della Terra Varese, l’associazione che rappresento, è dispostissima, nell’ambito di quanto emerge dal suo bilancio (tra l’altro pubblico), a fare la sua parte. All’assessore del comune di Gallarate ho scritto di accogliere per favore la mia proposta facendola anche valutare fiscalmente e giuridicamente. Ho comunque la conoscenza (avendo molti di noi, promotori del convegno al Castello di Masnago, ricoperto una funzione pubblica) che in Comune i soldi per intervenire potrebbero essere trovati senza l’emissione di una nuova tassa ma con la riorganizzazione degli uffici e con la motivazione al lavoro dei dipendenti.

Guardando in faccia la realtà non posso non constatare che nessun politico vorrà porre in opera tutto questo e preferirà guardare lo sgretolamento degli edifici storici nascondendosi dietro lo slogan “non ci sono soldi”. Allora ben venga la tassa di scopo e in seguito una sua gestione popolare: la nuova gabella sarà, allora, un’operazione conveniente. Dopo aver scritto allo assessore alla cultura ho letto una proposta interessante da parte dell’assessore al patrimonio del comune di Gallarate. Una proposta che sarebbe corretto approfondire. Egli ha dichiarato: “Le donazioni per recuperare edifici storici, sono interamente deducibili dalla dichiarazione dei redditi. Ciò può essere un incentivo in più a indirizzare le persone a versare finanziamenti che non solo possono presentare un suggestivo regalo natalizio, ma che potrebbero dare una mano a sistemare alcune perle dell’elevato potenziale artistico e storico che meritano senza dubbio di essere rimesse in evidenza”. Gli ho subito scritto per chiedergli un incontro perché possano essere individuate persone cui possa essere sottoposto un progetto di ristrutturazione di edifici del patrimonio storico di proprietà pubblica. Una simile richiesta se fosse praticabile la potrei muovere all’assessore all’urbanistica del comune di Varese come anche al presidente della Provincia.

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