Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Garibalderie

CARISSIMO AMBROEUS

ROBERTO GERVASINI - 20/01/2017

vaghiAmbrogio Vaghi, che compie 90 anni il 25 gennaio, assunse la presidenza di So.Crem Varese negli anni 70. Risalgono a quel tempo le nostre frequentazioni. Mi chiese, io radicale, di entrare nel consiglio direttivo. Ambrogio era già stato ai vertici di Coop e di Coop Lombardia; era persona di spicco nel PCI (gli furono offerte sicure elezioni alla Camera e al Senato, da lui rifiutate). Già capogruppo in Consiglio comunale a Varese, è stato uomo di peso nei Consigli di amministrazione di molte società, acquisendo via via fama di fustigatore nei collegi sindacali di enti e cooperative dove veniva anche chiamato per ricreare ordine.

Il Vaghi pubblico non ha però bisogno di presentazioni. Andiamo oltre.

L’Ambrogio privatissimo e in gran forma, abbandona l’aplomb di circostanza ed è allora che ad esempio non disdegna il citare, declamare con una certa enfasi, con quel sorriso sornione che ti costringe a ridere prima ancora dell’ immancabile succoso finale. “Questa non la sai…” e si ride prima dell’inizio della storia, godibilissima, spesso in vernacolo, dove il meneghino prevale.

Dei racconti di una vita così ricca e felice non si scorda quello delle “monellate” dell’Ambrogio ragazzo a Vespolate, nel Novarese, dove era nata mamma Ernesta e dove i nonni tenevano la cascina. Storie vissute tra rogge e risaie, catture di rane, rapine nei nidi degli aironi e poi la pesca nell’Agogna; e il cibo sano nella terra patria del gorgonzola.

Poi c’è Milano, la sua vita da studente, nell’Osteria gestita dai suoi in via Padova 100, vicino alla ferrovia e al trotter dove ancora giravano i cavalli, ed intorno alle corse “la vita de’ margiass, macelar e marussée”, con tentativi di dopaggio degli equini a base di grappa e di marsala miscelate nell’acqua dei secchi. L’osteria vicina ai campi di bocce prosperava col menù fisso del venerdì e del sabato. Già lo rivedo trattenere il riso, con un certo tono da maitre di locale alla moda, sguardo perso: “Gervàs, il venerdì lo chef proponeva sempre il miglior piatto: pesce veloce del Baltico in pasticcio di mais. Insomma, per capiss: pulenta e merluss ” Il sabato un cartello affisso alla porta annunciava “Oggi trippa”. La grappa arrivava in damigiane dalla Bergamasca.

Chissà se queste “panzaniche” l’Ambroeus le avrà raccontate all’amico Gianni Rodari col quale ha lavorato nella redazione del giornale del partito, l’Ordine nuovo.

A volte la carburazione è lunga. Si parte, ad esempio, chiacchierando seriosi di slavi, di Ucraina, di Dniepr, di ortodossi e dell’importanza di san Cirillo nell’alfabetizzazione degli slavi, di traduzione del Vangelo, di cristianizzazione della grande madre Russia.

Si finisce però ricordando anche non meno famose imprese attribuite a Nostro, in ambiente goliardico, utili per il settimanale carico di endorfine e per un allenamento della memoria. Che non ami la retorica e la pomposità dei tromboni è evidente quando con ironia occupa lo spazio scenico con grande teatralità ed intona, si fa per dire, senza fiato, qualche famosa aria, ricordo fresco di tante sue frequentazioni scaligere. Rossini, Verdi e Mascagni: pesca da lì.

“Ambroeus, ‘sta sira alla Scala ghè la prima, la Butterfly. Sentiremm cantà la famusa aria: La’ in mezz al mar ci son camin che fumano”. Le citazioni sbagliate piuttosto che le traduzioni popolari dal meneghino all’italiano maccheronico son altri sistemi per alimentare la necessità, vitale per noi, di allenare l’ironia.

Non è sempre festa: la memoria corre agli anni dello studio, della scuola e della Resistenza vissuta da studente, con facilità di movimento e quindi di collegamento, in bicicletta. Gli anni magri della guerra, i bombardamenti. Son storie drammatiche, di lotta, di grande coraggio e di fermezza, non meno salutari delle altre.

E poi c’è il Vaghi in giro per il mondo, in Nord America, Messico, Brasile. E poi la Cina, il Giappone, le Filippine. L’Europa l’ha girata anche in auto in ogni angolo con predilezione per gli amici cechi a Praga, fuggiti nel 1968 in Usa, dove han fatto fortuna e che ancora gli scrivono. Viaggi documentati con lunghi filmati ed una serie infinita di foto da far invidia ad un professionista. Son appesi qua e là tentativi non modesti di pittura, con qualche riferimento a Morandi, che l’Ambroeus definisce con malcelata autoironia “le mie somme opere d’arte”. Necessita un’ altra vita, ovviamente, per raccontare tutto.

La politica, il partito, la Coop sono le sue altre famiglie dove ha cresciuto e formato una pletora di figliocci alla sua scuola.

Figliocci che non disdegnano di andarlo a trovare col rispetto dovuto e magari per chiarire le idee e sentire consigli mai banali: Fabrizio, Stefano, Alfredo, Andrea e Davide tra questi.

Pochi sanno della grande magnanimità di Vaghi e va bene così. Ad occhi vigili non sfugge l’Ambrogio intimo, dopo quello privato: affettuoso, attento, apprensivo, con gesti di grande e insospettabile tenerezza verso Elsa, la sua dolce ed esile compagna di una vita.

Ambroeus, tant’inguri.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login