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Società

I SINDACI E IL PAPA

FRANCESCO SPATOLA - 05/05/2017

A Laura hanno piazzato dei manichini neri con le teste mozzate, tanto per capire. Aveva appena trovato una sede per ospitare un’ottantina di profughi con la Croce Rossa, un’edificio delle Suore Canossiane riadattato per accogliere persone in modo umano, non pacchi di merci in un capannone o svagati turisti in un albergo. Niente scoraggiamento, e in poco tempo erano più i volontari che partecipavano all’accoglienza che i profughi stessi. E stringendo le mani a Francesco, il conforto che riceve le conferma che paga la tenacia, non la cattiveria.

A Silvio tocca fare le presentazioni. E’ il capofila e l’ha già spiegato a “Piazza pulita”, su La7, che ospitare i profughi non contrasta con l’occuparsi degli italiani poveri, è applicare la stessa logica di condivisione del bisogno, a 360°. Le sue parole, lo dice a Francesco, sono state la scintilla che ha fatto partire tanti di loro, le loro comunità, all’accoglienza. Ripagati coi lavori volontari, a pulire la piazza o aiutare gli anziani, e il contributo statale finanzia borse-lavoro comunali per gli indigenti italiani.

Fabio spiega che sono comunità piccole, con l’accoglienza diffusa 2 profughi per mille abitanti non sono nulla, eppure solo un terzo dei comuni del varesotto aderiscono. Francesco alza il pugno, a incitare tenacia ed impegno: “Su questo tema non mollate un secondo!” ..

Sarebbe un’udienza generale, ma Francesco li passa uno ad uno dietro la transenna. E’ un dialogo personale lungo decine, centinaia di metri, e più di un’ora di strette di mano, sorrisi, parole dirette a ciascuno, sotto il caldo sole romano. Mirella sa che non si possono fare i selfie, ma il telefono non è proibito. Quanto tocca a lei, ha sua mamma al telefono e da Francesco ottiene che la benedica a distanza. Non prima di aver chiesto che benedica i suoi concittadini.

Riccardo non smette di piangere, il saluto personale di Francesco è la più grande emozione della sua vita, come quando è nato suo figlio. Maurizio, che da ex pugile si batte duro per quel che è giusto e corretto, è contagiato e avverte la forza inclusiva, l’energia comunitaria dell’incontro.  Un’emozione che ha preso tutti, sentire incarnati i valori dell’umanità più vera.

Loro sono i Sindaci della Rete varesina per l’Accoglienza, lui è il Papa di tutti e di ciascuno. Essere rete significa condividere valori e questioni, analisi e soluzioni, idee e consigli. Non trovarsi soli a contrastare i profeti di sventura, gli imprenditori della paura che paventano l’invasione dei barbari, la nuova guerra intestina dei profughi per far esplodere dall’interno le nostre società. Ma il buon senso lombardo, il pragmatismo bosino, ispirano a risolvere, non a inventare i problemi. Sono presenti coi sindaci Tradate, Comerio, Maccagno, Castellanza, Besozzo, Vergiate, e con i vicesindaci, assessori o consiglieri Malnate, Cocquio, Lozza, Solbiate Arno, Varese. Insieme si può, dice Riccardo nella successiva conferenza-stampa alla Camera dei Deputati, presenti Maria Chiara che coordina, e poi Angelo, e poi Daniele, perché solo in contatto con il loro territorio i parlamentari possono capire che cosa serve, che cosa fare. Le politiche nazionali devono nascere dalle conoscenze locali, inquadrate nel contesto globale. Specialmente se, poi, a gestire i problemi si ritrovano i comuni, i loro sindaci e assessori e consiglieri.

La conferenza-stampa più strana cui sia dato di assistere: senza giornalisti presenti, ma registrata e poi mandata ai mass-media, chi vuole ne riferirà. E a futura memoria Riccardo spiega che a ciascun sindaco tocca fare “rete nella rete”. Coinvolgere associazioni, parrocchie, volontariato, scuole, forze sociali locali per mettere in comune le risorse, per condividere i risultati a vantaggio di tutti. Far conoscere, far incontrare. La paura nasce dall’ignoranza, cioè dall’ignorare chi sono le persone che chiedono aiuto. Portare testimonianze, raccontare le storie personali dei profughi, capire che sono persone come noi, più in difficoltà di noi. Al di là delle barriere culturali, etniche, linguistiche. Attivare lo scambio virtuoso tra accoglienza e restituzione volontaria coi lavori socialmente utili. Preparare l’integrazione, con l’apprendimento della lingua, la condivisione delle regole di civile convivenza, la conoscenza del territorio, il tirocinio e l’accompagnamento al lavoro.

Al ritorno tra S.Pietro e Montecitorio, contro i populismi sbraitanti: “Non esistono risposte semplici a problemi complessi!” scandisce Fabio, e rincuora la tassista che odia la sua Roma per il troppo caos, vivendoci tutti i santi giorni. Noi non possiamo non amarla, a starci due soli giorni giusti!

Ho chiamato tutti per nome, i cognomi non contano. Conta l’esperienza personale di comune umanità e la soggettività individuale: ognuno fa del suo, uno vale uno. E tutti remano nella direzione giusta. Se l’esempio si diffonde, i 48 comuni accoglienti sui 139 della provincia di Varese sono solo l’inizio, e l’impatto non esiste. Perché  le migrazioni oggi sono un fenomeno biblico, va governato e non rigettato o degradato nell’emergenza. Nella propaganda contro i profughi, oggi di clandestina c’è solo l’intelligenza.

Da Roma, all’udienza papale di mercoledì 3 maggio.

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