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Cultura

ABBAGNANO ESISTENZIALISTA

LIVIO GHIRINGHELLI - 07/07/2017

abbagnanoL’esistenzialismo italiano si caratterizza con la filosofia di Nicola Abbagnano (1901-1990) nel periodo degli anni Quaranta di contro al neoidealismo crociano e gentiliano, tra fascismo, guerra e ricostruzione postbellica. Si tratta di una fase decisiva, ma non esaustiva, nello sviluppo del suo pensiero, vista anche l’attenzione alla filosofia della scienza e al neoempirismo di John Dewey.

Abbagnano si laurea a Napoli nel 1922 con Antonio Aliotta (1881-1964). Dopo avere insegnato nei licei, consegue la cattedra nell’università di Torino: lungo il suo magistero dal 1936 al 1971. Fonda nel 1945 insieme a Ludovico Geymonat il Centro di studi metodologici e con Norberto Bobbio dirige la Rivista di filosofia. Seguirà dal 1985 un breve periodo di militanza politica nel Partito Liberale.

La struttura dell’esistenza segna nel 1939 l’inizio dell’esistenzialismo italiano. Abbagnano rileva che in Heidegger l’esistenza si configura come un distaccarsi su un fondo di niente, per cui l’esistere è impossibilità di uscire dal nulla, mentre in Jaspers l’esistenza si pone, rispetto alla sua situazione finale, come scacco di fronte alla trascendenza dell’essere.

Sono entrambe posizioni che costituiscono due limiti che distruggono il significato e l’essenza stessa della filosofia come esistenza: lo sforzo verso l’essere è vanificato o nell’esistere per il niente (Heidegger) o nella realizzazione della propria impossibilità (Jaspers). Tale sforzo deve invece produrre un rapporto possibile tra l’esistenza e l’essere a partire dalla concezione dell’esistenza come “struttura” (forma nella quale la situazione finale dello sforzo verso l’essere realizza la propria essenziale unità con la situazione iniziale).

La struttura è assunta come il fondamento e il centro dell’analisi esistenziale. Due i passi: il costituirsi dell’esistenza in quanto struttura a problematicità pura; il costituirsi nell’esistenza, in quanto struttura, della possibilità della possibilità o possibilità trascendentale. Lo sforzo verso l’essere si costituisce nella struttura in virtù di un’organizzazione puramente interiore. La possibilità trascendentale permette di fondare un esistenzialismo positivo. Così si sfugge alla metafisica negativa di Heidegger e Jaspers. La filosofia di Abbagnano è comunque estranea a prospettive puramente teoriche.

In Introduzione all’esistenzialism (Prefazione-1942) egli afferma che i problemi della filosofia concernono veramente l’essere dell’uomo e non già dell’uomo in generale, ma del singolo uomo nella concretezza del suo esistere; si tratta di un’opera strettamente personale. Nessuno può decidere per un altro. E il singolo non è mai solo, è bisognoso e in cerca di aiuto.La filosofia non ha l’universalità astratta della scienza, ma quella che si chiama comprensione e solidarietà umana. Vi si riconosce e si attua nella sua essenza genuina la struttura coesistenziale dell’esistenza. E nella tensione al confronto storico si ricerca un rapporto dialogico con le filosofie del passato.

Gli indirizzi filosofici sono il più delle volte esclusivi e angusti e lasciano fuori di sé molti temi vitali, ma dal confronto ci si può attendere un arricchimento e un’ulteriore definizione. Non ci si deve preoccupare di un’intrinseca problematicità e non sistematicità. Questi i rilievi da trarre: considerazione dell’esistenza nei suoi aspetti di instabilità e di incompiutezza, riconosciuti come costitutivi; porsi dell’esistenzialismo come un atteggiamento umano pratico, includendo tutte le esigenze della vita, dall’arte alla scienza, dalla religione alla politica; attenzione al dialogo vivo con i filosofi del passato.

Più che con Sartre in tema di libertà possibile, da cui nettamente si differenzia, qualche affinità si riscontra con il pensiero di Merleau-Ponty. Si tratta di una conquista difficile, che permette la costruzione dei rapporti collettivi.

Peculiare nello sviluppo del pensiero di Abbagnano è la sua forte adesione al senso umano della conoscenza scientifica. In Filosofia, religione e scienza (1947) viene preso in esame il rapporto tra filosofia come interpretazione esistenziale e scienza come totalità della conoscenza valida. La filosofia realizza una comprensione, una forma di intellegibilità reciproca, non oggettivabile in concetti o procedimenti genericamente definibili. La sua storia è un lungo e faticoso dialogare, attraverso cui si cerca di determinare dissensi e consensi per trovare la via di una collaborazione vitale. La verità della scienza è determinata dalla realtà dell’oggetto, quella della filosofia dall’autenticità dell’impegno.

L’universalità della scienza consiste nell’accordo puro e semplice sui concetti e sui metodi e nella loro controllabilità dei risultati; quella della filosofia nella capacità di aiutare l’uomo a comprendersi nel vero rapporto con se stesso, con gli altri e col mondo. Nella ricerca dell’oggettività della natura lo scienziato si pone come pura soggettività universale, che si avvale di metodi e di procedimenti comuni a tutti; nella ricerca filosofica l’uomo si pone come individualità singola. Anche nella scienza si riscontra una dimensione di autenticità e di umanità.

Nel saggio del 1948 Verso un nuovo illuminismo-John Dewey Abbagnano coglie i contributi che all’approfondimento di una matura riflessione esistenzialista vengono dal positivismo logico e soprattutto dal neoempirismo di Dewey.

Gli orientamenti convengono nel ritenere “caduto e infranto il mito di un ordine stabile e definitivo del mondo, di una ragione assoluta che lo domini e lo diriga, di un destino felice e progressivo che conduca l’uomo infallibilmente alla sua ultima meta”.

“La ragione è una forza umana diretta a rendere più umano il mondo”. La convenzionalità dei principi si accorda con un concetto di ragione che intende mantenere un nesso con la libertà di scelta. “Ogni verità può e deve essere messa alla prova, quindi eventualmente modificata, corretta o abbandonata” (Dizionario di filosofia).

Due sono le conquiste di fondamentale importanza per la cultura moderna e contemporanea: quella della tolleranza e quella della storia come progresso.

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