Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Economia

BANCHE IN SALVO

GIANFRANCO FABI - 21/07/2017

popolaredivicenzaDopo mesi di incertezze, mezze proposte e finte garanzie, sembra finalmente avviato sul binario giusto il salvataggio delle due banche venete (la Banca popolare di Vicenza e Venetobanca) da mesi in situazione di estrema difficoltà. Alla fine ha prevalso la soluzione più semplice, ma insieme pìù costosa, con lo Stato che si è accollato tutti i debiti in sofferenza, con Banca Intesa che ha acquisito i due istituti ripuliti dagli elementi negativi e con gli azionisti e gran parte degli obbligazionisti delle due banche che hanno perso tutto il loro capitale. Sono stati salvaguardati invece tutti i depositi dei risparmiatori ed è stato garantito che la pur necessaria ristrutturazione non comporterà licenziamenti, ma solo uscite volontarie ancorché incentivate.

Si poteva fare meglio? Al punto in cui era arrivata la vicenda probabilmente no. L’impegno finanziario dello Stato si giustifica ampiamente con la necessità di garantire la fiducia nel sistema bancario. Come ha insegnato il caso della Lehman Brothers nell’autunno del 2008: è stato valutato col senno di poi che i costi del fallimento si sono rilevati enormemente superiori di quello che sarebbe costato salvare la banca d’affari americana.

Questo non toglie tuttavia il fatto che, nel caso italiano, si poteva e doveva evitare di arrivare ad una simile conclusione.

Non si può dimenticare come nel gennaio del 2015, più di due anni fa, il Governo aveva varato frettolosamente un decreto che imponeva alle dieci grandi banche popolari di trasformarsi in società per azioni, un decreto che era stato motivato con la necessità di permettere a queste banche di accedere più agevolmente al mercato dei capitale per migliorare il proprio patrimonio. A parte in fatto che il decreto è stato poi congelato dal Consiglio di Stato per manifesta incostituzionalità (tanto che le popolari di Sondrio e di Bari sono riuscite fino ad ora a restare “popolari”) resta la palese dimostrazione di come l’assetto giuridico fosse un falso problema e che, popolari o no, le banche in difficoltà sono state quelle gestite male e quelle dove la politica ha fatto le sue più clamorose ingerenze.

Non è una Banca popolare il Monte dei Paschi di Siena, il cui salvataggio è costato ben più di quello delle banche venete. Così come non è una banca popolare la Cassa di risparmio di Genova, anch’essa sorvegliata speciale per il difficile equilibrio dei propri bilanci.

Si è dimostrato un errore un decreto punitivo verso realtà finanziarie come quelle delle banche popolari che hanno avuto e potevano continuare ad avere un ruolo fondamentale nella crescita delle economie locali. Se Il Governo e le autorità di vigilanza insieme, dove necessario, a quelle giudiziarie, fossero intervenuti con misure di intervento e di sostegno (oltre che con tempestivi processi nei tribunali) non si sarebbe arrivati alla drastica e pesante situazione attuale.

La storia degli ultimi anni è così ricca di tante velleità accompagnate tuttavia da rilevanti atti di omissione. Con la crisi economica che ha pesantemente colpito le piccole e medie imprese aggravando gli squilibri per i crediti in sofferenza.

Con le banche venete non è fallito il mercato, sono falliti gli interessi personali e l’incapacità di cogliere in tempo i segni della crisi.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login