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Cultura

UN LIBRO DEL ‘68

RENATA BALLERIO - 02/02/2018

mondo-salvato1-gIl 1968: vissuto, ricordato, immaginato, criticato, deformato. Ognuno di noi ha un suo approccio con questo momento della storia. Lo si può ricordare come l’anno delle elezioni politiche italiane (allora vi era soltanto il proporzionale) o delle Olimpiadi a Città del Messico o dell’ assassinio di Robert Kennedy, nonché dei carri armati a Praga. E ancora l’anno in cui Sergio Endrigo vinse a Sanremo con Canzone per te (…La festa è già finita, così cantava) e Guido Piovene era presidente della giuria del Festival del cinema di Venezia, in piena contestazione. Nel 1968 morì il premio Nobel Salvatore Quasimodo…

Ma per tutti sono trascorsi cinquant’anni dalla contestazione giovanile. Forse per quell’anno così denso di avvenimenti ci si interroga ancora se – come gridavano gli studenti francesi – fosse solo l’inizio. E forse non molti si ricordano che in quell’anno fu pubblicato un libro, giustamente definito di grandi slanci, anche formali. Il titolo stesso può essere letto e riletto come un pungolo alla riflessione: Il mondo salvato dai ragazzini.

L’autrice Elsa Morante, certamente più conosciuta per i suoi romanzi, ha testimoniato l’irrinunciabile forza della ricerca, chiedendo alla poesia di esprimere tutta la sua potenza. Il testo non è facile, a volte respinge il lettore ma non lascia indifferenti.

È opportuno ricordarne sommariamente la struttura. Anche se ogni definizione classificatoria è rischiosa può essere definito (anzi è definito così dalla stessa Morante) un poemetto. Comincia con i versi struggenti di un Addio a un amico (Da luogo illune del tuo silenzio/ mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino) che sintetizzano in una alchimia misteriosa il violento contrasto tra il silenzio senza luna e l’urlo di un risveglio.

Tutto il libro – a ben guardare – è un continua antitesi tra guardare indietro e invitare a sognare il futuro, provocando amare risate di riflessione come nel testo teatrale, inserito nella seconda parte del poemetto, intitolato La serata a Colono.

In un moderno ospedale psichiatrico arriva un paziente che si crede Edipo. Il testo definito dalla stessa Elsa, una parodia rappresenta – in estrema sintesi- la volontà della scrittrice di far assumere a chi legge un altro punto di vista.

È una scrittura non godibile, per niente facile e – forse per questo – fallirono anche i tentativi di De Filippo e di Carmelo Bene di rappresentarlo. Ma proprio per questo è ancora una sfida che il lettore di buona volontà può accogliere.

 Infine la terza parte di Il mondo salvato dai ragazzini contiene le cosiddette e – certamente più conosciute – Canzoni popolari.

Leggiamone un inizio. “Che significa F.P.? Si tratta di un’abbreviazione per Felici Pochi. E chi sono i felici pochi? Spiegarlo non è facile,perché i Felici Pochi sono indescrivibili. Benché pochi, ne esistono d’ogni razza sesso e nazione e poca età società condizione e religione. Di poveri e di ricchi (però, se nascono poveri, loro, in generale, tali rimangono, e se nascono ricchi, presto si fanno poveri) di giovani e di vecchi (però difficilmente loro arrivano in tempo a farsi vecchi) di belli e di brutti (a vero dire, loro pure quando siano volgarmente intesi brutti, in realtà sono belli; ma la realtà è di rado visibile alla gente…

Insomma. Obiettivamente, per giustizia, qua si certifica, in fede, che gli F.P. sono tutti e sempre bel-lis-si-mi, anche se per suo conto la gente non lo vede).

[…]

E che significa I.M.? Si tratta, ovviamente, anche qui d’una abbreviazione per Infelici Molti. E chi sono gli infelici molti? Sono tutti gli altri […]”.

Sperimentalismo acrobatico quello di Elsa Morante : nella lingua, nel ritmo, nella grafica. Certamente lontano ma vicino in quel farci riflettere (il 1968 sarebbe arrivato solo nell’anno della pubblicazione) sulla felicità di pochi.

E questa domanda non è lontana : e ci fa sentire – forse – meno lontano dagli stereotipi anche il 1968.

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