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Cultura

L’ULTIMO HUSSERL

LIVIO GHIRINGHELLI - 09/02/2018

husserlDel 1928 sono le Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo, del filosofo Edmund Husserl (1859-1938).

Nel procedimento appaiono l’io puro, originario, nella modalità di un presente eterno che avanza e che non è nel tempo coscienziale che costituisce; poi il tempo interno coscienziale in cui il presente è un presente esteso, in avanti nella protensione e all’indietro nella ritenzione. Il tempo oggettivo è quello ricordato. M è nell’ultima opera – La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale – (pubblicata in parte nel 1936-1937), che si sviluppano i temi dell’intersoggettività storica, anche in riferimento alle critiche di Heidegger. Se nelle Idee la fenomenologia s’era assunto il compito di rompere le incrostazioni del sapere tradizionale, nella Crisi la sua funzione è quella di liberare l’umanità europea dal suo declino.

Il non avere capito da parte delle scienze naturali il carattere costitutivo delle cose ha portato all’oscuramento del senso della razionalità. Ora i totalitarismi dilagano, la razionalità è intenta a fini distruttivi o a disposizione del potere. La scienza tratta anche l’uomo come cosa. Proprio le scienze moderne, a partire da Galileo e dalla rivoluzione intellettuale seicentesca, col trionfo accordato alle discipline fisico-matematiche, hanno finito per imporre a tutto il sapere un modello astratto ; hanno portato all’occultamento e alla rimozione dell’esperienza plurale e concreta dell’uomo. Prendiamo per il vero essere quello che è soltanto un metodo logicizzante e di fatto dogmatico. Il sapere galileiano risolve il mondo in strutture quantitative. La matematizzazione geometrica e scientifico-naturale ha consentito la scoperta di determinate leggi della realtà fenomenica, nel senso di qualcosa di effettivamente utile, ma eliminando altre caratteristiche dell’empirico. Ecco perché i filosofi debbono comprendere il perché della crisi e contribuire a una soluzione, indicando nel mondo della vita (Lebenswelt) il fondamento dimenticato delle scienze, l’origine delle loro domande.

Già nel 1917 Husserl ha coniato il neologismo Lebenswelt (centro di un orizzonte di cose che non sono meri corpi, bensì oggetti di valore). È un’attitudine che non espunge il soggetto e ritesse incessantemente la fitta rete di rapporti conoscitivi e affettivi, entro cui il soggetto è avviluppato nel mondo ; non poggia sulla categoria di causa,bensì sul criterio della motivazione e interroga i fattori che inducono il soggetto a pensare, a valutare, a desiderare, ad agire. Chi è inserito nell’ottica della Lebenswelt mira a conservare una tollerante apertura nei confronti della pluralità di significati dell’esperienza, dei diversi livelli di realtà. Welt allude alla totalità compatta, durevole, corposa del mondo. Leben rinvia alla multiforme, fragile, caduca finitezza della vita.

Husserl evita di cadere o nel relativismo o nelle nebulose filosofie dell’intuizione. La perdita del mondo della vita, la sua messa in parentesi attraverso l’epoché, diventa la premessa per la sua riconquista. L’epoché consente di ascoltare nuovamente l’intreccio di voci che vengono dalla polarità della cosa e da quella del soggetto.

La Lebenswelt è il correlato intenzionale della vita che esperisce il mondo, quindi non un atteggiamento teoretico, ma una dimensione articolata da bisogni e progetti, da un intreccio di intenzionalità percettive, pratiche, comunicative, che si proietta verso l’operare umano. Dopo un processo di radicale introspezione il fenomenologo può indicare la struttura essenziale del mondo della vita. La fenomenologia trascendentale consente di pervenire intuitivamente alla distensione del mondo della vita quotidiana, che è dato nella vita fluida della coscienza e risulta condizionato storicamente e culturalmente.

È possibile rinvenire in tutte le diverse intuizioni del mondo una struttura che funga da invariante. L’oggettivismo di ascendenza galileiana è la malattia che minaccia la cultura europea, pretendendo di possedere la chiave della verità assoluta, escludendo però l’essenziale dimensione spirituale, soggettiva. Si tratta invece di collegare la costruzione del sapere con il piano dell’esistenziale.

L’uomo deve tornare finalmente a se stesso, alla sua vivente soggettività precategoriale. Da qui anche la rinascita della fenomenologia dopo l’esistenzialismo negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento.

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