Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Garibalderie

PROMEMORIA

ROBERTO GERVASINI - 16/02/2018

La lapide al Gianicolo in ricordo dei patrioti varesini

La lapide al Gianicolo in ricordo dei patrioti varesini

Corre il tempo. Era il 2009. A Varese la rivoluzione era in atto, era quella dello stradario. Guerrieri della notte coi pennelli e la latta della vernice in mano lasciavano il segno lungo i muri del passaggio delle orde nordiche. C’era la guerra con Roma, naturalmente ladrona. In città si voleva spostare il Garibaldino di piazza del Podestà, messo in quel luogo dopo sottoscrizione tra i cittadini. Si voleva cambiare nome alle strade, troppe, quasi tutte, col nome che richiamava il Risorgimento e i suoi eroi. Occorre un breve elenco di strade che avrebbero dovuto cambiare nome: Carcano, Cavour, Mazzini, Garibaldi, Ferrari, Dandolo, Morosini, Veratti, Parravicini, Daverio, Bolchini, Castellini, Magenta, Calatafimi, Solferino, Menotti, Rainoldi, Arconati, don Tazzoli, Martiri di Belfiore, Bassi. E ancora: Piazza Giovine Italia, Piazza XX settembre, Piazza Cacciatori delle Alpi, Piazza 26 maggio. Una strage. Le promesse elettorali odierne sono nulla. Pensate alla felicità dei residenti, dell’ufficio anagrafe, dei lavori pubblici, delle patenti… Ahahahah. Ministri della Repubblica dicevano di usare il Tricolore in modo improprio, in bagno.

Che tristezza.

Pochi, sempre pochi, misero in piedi un gruppo di resistenza, Varese per l’Italia 26 maggio 1859. In meno di tre mesi si organizzò la celebrazione del 150° anniversario della battaglia di Garibaldi a Varese. Offerta la presidenza del Comitato per le celebrazioni al rappresentante di tutti i varesini, il Sindaco Fontana, questi rifiutò aggiungendo che si trattava di commemorare una scaramuccia.

Prese la presidenza l’avvocato Giovanni Valcavi. Arrivò a celebrare il Ministro della Difesa del tempo. Ecco, siamo qui, nove anni dopo a verificare quanto nel frattempo è accaduto. Sono rinate le sezioni dell’Istituto per la Storia del Risorgimento e la sezione mazziniana “Giovanni Bertolè Viale”. È stato aperto il Museo del Risorgimento a Villa Mirabello. Scuole hanno dato spazio e sostenuto iniziative di carattere storico con al centro il tema risorgimentale. I rivoluzionari vanno a braccetto coi Fratelli d’Italia, della destra conservatrice. Il trasformismo rende.

Il 9 febbraio i varesini non si sono accontentati di una celebrazione della Repubblica Romana del 1849 dove caddero tre concittadini illustri: Dandolo, Morosini e Daverio. Una celebrazione è poca cosa, ne abbiamo fatte due: una a Roma sul colle del Gianicolo dove c’è un cippo con inciso il nome dei tre, ed una a Varese, all’Istituto Francesco Daverio, che porta questo nome dal 1887.

Perché ci sta a cuore in particolare la Repubblica Romana? Con la battaglia di Curtatone e Montanara del 1848 dei battaglioni universitari toscani e napoletani, è la pagina più esaltante di tutto il Risorgimento. In un mondo di monarchie questa Repubblica Romana di “ briganti “ ha portato avanti la storia in Italia di cento anni. Mazzini, il sovversivo ricercato dalle polizie di mezza Europa, stava al Quirinale, residenza di Pio IX, mentre Garibaldi comandava un esercito di volontari e la Costituzione dettava valori arrivati solo cento anni dopo nella nostra attuale Costituzione.

Dandolo e Morosini erano cattolici e monarchici: per loro l’Unità del Paese era prioritaria; Francesco Daverio era mazziniano e garibaldino. Di Calcinate del pesce, laureato in ingegneria a Pavia nel 1839, vendette tutti i suoi beni per la causa dell’Unità; Capo di Stato Maggiore di Garibaldi a Roma, cadde a Villa Corsini nel 1849. Fu sepolto nella Chiesa di san Carlo ai Catinari con una lapide ma oggi non ci sono più tracce. Per ordine di Pio IX le ossa vennero gettate nella fossa comune al Cimitero del Verano.

Siamo arrivati nel 2018 e naturalmente ci saranno obiettivi puntati sulla fine della Grande Guerra, pagina che completa il nostro Risorgimento con la raggiunta unione di tutti gli italiani con Trieste e Trento liberate dai “tugnitt”. Si spera di poter aprire uno squarcio sul velo polveroso che troppo spesso ricopre il nostro Risorgimento, celebrando anche il 1848 ed il 1849, coi moti rivoluzionari in mezza Europa; a Milano con le Cinque giornate, a Brescia, a Genova, a Napoli, a Palermo, a Venezia, ultima a cedere e sulla Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi, destinata ad una sconfitta, che sarebbe durata quasi un secolo, con l’Italia repubblicana e democratica del 1946.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login