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Editoriale

ERRORI

MASSIMO LODI - 09/03/2018

quattroErrori/1. Cinquestelle e Lega condividono solo l’opposizione ai governi succedutisi nell’ultimo quinquennio. Per il resto, nulla, ciccia, zero. Rappresentano due idee/realtà d’Italia: i Cinquestelle quella sudista, che mira all’assistenzialismo, spesso non possiede né arte né parte e pretende dal resto del Paese di rimboccarsi le maniche a suo beneficio. La Lega quella nordista, che subisce/paga le derive della sicurezza, dell’immigrazione, del fisco sanguisuga e non è più disposta a sbattersi per i connazionali di cui finora ha dovuto farsi carico.

Di Maio e Salvini interpretano mondi comunicanti e però separati. Un eventuale patto che accomunasse il tandem è innaturale, confliggente, assurdo. Sbagliato. Stringendolo, i due leader segnerebbero la loro fine. Ciascuno tradirebbe i suoi elettori, che la volta successiva gliela farebbero pagare. Di Maio e Salvini -dopo il verdetto che ha relegato ai margini parlamentari il Pd- sono i riferimenti del nuovo bipolarismo italiano: o si sta con il primo o con il secondo. O governa il primo o governa il secondo. O si rafforza il primo o il secondo. Un assunto che induce a pronosticare il ritorno al voto in tempi non lunghi: le convergenze parallele appartengono a un’epoca lontana, sepolta, irripetibile. E comunque le si ipotizza tra quanti hanno qualcosa su cui concordare, non niente su cui convenire. Se così non fosse (non sarà) dovremmo concludere che Di Maio e Salvini ci hanno raccontato un sacco di panzane per molto, troppo, infinito tempo. Alle quali ha dato retta una formidabile milionata di creduloni.

Errori/2. Forse Renzi avrebbe potuto far meglio di sé stesso, ma nessuno nel Pd avrebbe potuto far meglio di Renzi. Questo racconta l’onestà intellettuale. Altro è solo un chiacchierare vaporoso. Sbagliato. Renzi fu azzoppato dai suoi all’epoca del referendum, poi mollato dagli sventurati scissionisti, infine appoggiato con la puzza al naso da molti notabili ed ex notabili del partito nella recente campagna elettorale. Che avrebbe perduto, sembrava probabile/sicuro. Che si sia fatto non poco -tramite fuoco amico- per favorirne la sconfitta, appare chiaro/cinico. Che non si profili all’orizzonte una credibile alternativa al segretario, risulta evidente/solare. Per ora. Domani, chissà. Ottima la carta Calenda, tipo tosto, uno con faccia, aplomb, competenza giusti per guidare il cambiamento. Non fuori del Pd: dentro il Pd. Giudicherà il tempo.

Nelle more dell’attesa d’una difficile palingenesi, fa bene Renzi a resistere. Perché mai dovrebbe cedere a quei democrats che vogliono inciuciare con M5S e Lega pur d’impoltronarsi in un purchessia governo? Il Pd ha perso, e transita all’opposizione. Facciano i vincitori ciò che son capaci di fare. Se non lo sono, torneremo alle urne. Né può insistere oltre una certa soglia di moral suasion in favore d’un accordo trasversale il presidente della Repubblica. La stabilità ha un prezzo, e la si ottiene se il prezzo è giusto. Altrimenti, se ne cerca una diversa, richiamando i cittadini a pronunziarsi. La democrazia funziona così, i primi a convincersene dovrebbero essere coloro che in questi anni han vaneggiato di golpe, di governi non eletti, di superpresidenti invasori delle prerogative del popolo.

Errori/3. Merita un cenno Berlusconi. Lo irridono quando riafferma d’essere il regista del centrodestra. Sbagliato. Berlusconi è nel giusto. Salvini non avrebbe raccolto tanti voti se chi li ha espressi non fosse stato tranquillizzato dalla partnership con l’ex premier e Cavaliere, garante d’un moderatismo provvidenziale -a urne chiuse- per mitigare lo spirito radicale del leader leghista. Salvini ha potuto fare il Salvini utilizzando la copertura di Berlusconi tornato a fare il Berlusconi. Rimessosi in gioco dopo condanne giudiziarie, inibizione a candidarsi, guai importanti di salute, Silvio s’è sorprendentemente speso per una certa Italia a un’età in cui di solito prevale l’idea del risparmio di sé stessi. Si dice: doveva tutelare i suoi interessi. Si risponde: non gli mancavano i mezzi per delegare il compito. Di Berlusconi è lecito pensare il peggio possibile, ma a Berlusconi va riconosciuto il coraggio/la temerarietà d’aver voluto giocare una partita data da tutti per perduta solo pochi mesi fa. E oggi divenuta giocabile sino al possibile successo finale. Forse non finirà così. Ma Berlusconi ha dimostrato, nonostante il sorpasso di Salvini, di non essere finito. Il futuro del centrodestra dipenderà ancora da lui, pur rappresentando egli il passato. Teniamolo presente.

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