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Urbi et Orbi

FATIMA, FORTEZZA DI FEDE

PAOLO CREMONESI - 13/04/2018

fatimaFatima è una questione di proporzioni. Non ha i limiti angusti delle valli dei Pirenei di Lourdes. E nemmeno le rocce e le secche sterpaglie che circondano Medjugorie. Il santuario mariano si estende in un pianoro, quasi senza limiti, con un ampiezza che si potrebbe definire eccessiva.

All’ingresso una croce in acciaio alta 34 metri e larga 17 opera del tedesco Robert Schad accoglie i pellegrini che arrivano dagli ingressi laterali. Se invece si entra dal fondo il primo edificio in cui ci si imbatte è quello che accoglie la Chiesa della Santissima Trinità opera dell’architetto greco Alexandros Tombazis.

Quasi una fortezza, la grande costruzione iniziata nel 2004 in fondo al recinto del Santuario comprende anche altre quattro cappelle, alcune vasche d’acqua e vari locali. Di fronte e di fianco le statue dei Papi che sono venuti o hanno avuto rapporti con Fatima: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Mancano Benedetto XVI e Papa Francesco per evidenti motivi.

Tra i recenti mattoni e la ‘vecchia’ basilica, cominciata nel 1928 con un campanile al centro della facciata alto 65 metri e sormontato da una corona in bronzo del peso di 7.000 kg, si estende invece la spianata, lunga come due volte San Pietro. All’inizio un corridoio segnato invita a percorrere in ginocchio la metà della piazza. Arriva sino alla cappella delle apparizioni costruita sul luogo dove Maria si manifestò ai pastorelli. I bambini lo fanno quasi per gioco, gli adulti soffrendo e offrendo.

Metri e metri di costruzioni in onore della Madonna, senza badare a spese. Artisti da ogni parte d’Europa hanno lasciato un segno nel santuario; chi una tappa della via Crucis, chi un mosaico, chi un bassorilievo. Un portoghese residente in Germania ha fatto portare a Fatima un pezzo del muro di Berlino a ricordare il legame con il secondo segreto. Non è il raccoglimento la prima impressione che si riceve. Piuttosto la storia e il mistero.

Anche qui come a Lourdes e Medjugorie arrivano pellegrini da tutto il mondo. Brasile, Irlanda, Germania, Paesi arabi, Asia, Stati Uniti invocano l’aiuto di Maria. La fiaccolata serale è un melting pot di tante nazionalità. Pochi sono interessati alle polemiche su presunti segreti ancora da rivelare: tanti chiedono invece di poter pregare.

In una piccola casa di fronte a quella di suor Lucia (che papa Francesco ha beatificato lo scorso 13 Maggio 2017) vive Maria Dos Anjos. Ha 98 anni ed è figlia della sorella maggiore di Lucia, una delle veggenti; tutta la vita l’ha trascorsa a Aljustrel, la frazione del paese dove sono nati i tre pastorelli. Nella sua lunga vita ha avuto dieci figli, dieci nipoti e cinque pronipoti, che ora sorridono da una fotografia accanto a lei. In un’altra cornice, la benedizione che Papa Wojtyla le ha fatto avere in occasione del suo settantacinquesimo compleanno.

“Sacrifici – racconta – ne facevamo tanti tutti i giorni, lavoravamo dall’alba al tramonto a pascolare le pecore, tessere e aiutare in casa. Dovevamo soltanto ricordarci di offrirli a Dio”.

E Lucia? “Raccomandava che dicessimo sempre il Rosario e facessimo sacrifici per salvare i peccatori dall’inferno, così come la Madonna aveva detto durante le apparizioni. Mi spronava ad andare a Messa non solo la domenica, ma anche durante la settimana. Le rispondevo che con il mio lavoro non ci riuscivo”.

“Anch’io posso andare in cielo ?” È una delle prime domande che Lucia, che allora aveva dieci anni, rivolge alla Madonna nel 1917 e l’immagine torna a quei bambini che, quasi per gioco, percorrono in ginocchio il percorso verso la cappella delle apparizioni. Forse Fatima vuole dirci proprio questo: domandare occhi e cuore innocenti per poter vedere Dio in terra, proprio come è accaduto ai tre pastorelli.

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