Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

VITTORIO E PIERO, DUE AMICI

MANIGLIO BOTTI - 25/05/2018

Sereni e Chiara insieme a Luino

Sereni e Chiara insieme a Luino

Di Vittorio Sereni, poeta e scrittore – a ben vedere uno dei più grandi poeti del dopoguerra –, si sente spesso parlare quando il suo nome viene accostato a quello di un altro grande scrittore-narratore degli ultimi cinquant’anni: Piero Chiara.

Entrambi luinesi di nascita, coetanei del 1913 – Chiara, che era di marzo, era più grande di appena quattro mesi – furono compagni di scuola alle elementari.

Piero Chiara, e giustamente, è ancora oggi ricordato a Varese e nella sua provincia grazie ai premi che gli sono stati dedicati, e a quanti ancora si onorano nel ricordarlo – ormai famoso, tra gli scrittori più venduti e letti in Italia – mentre passeggiava sotto i portici di Varese, che – dopo Luino – era diventata la sua città.

La storia di Vittorio Sereni è diversa, come diversa – rispetto a quella di Piero – è stata la formazione culturale, più regolare nel corso di studi e accademica, e poi la posizione assunta nel panorama culturale italiano. Ma a parte una scuola importante che gli è dedicata – il liceo di Luino – e un museo che raccoglie i carteggi suoi e dell’amico, sempre a Luino, non si ha notizia di altre iniziative e manifestazioni volte a perpetuarne la memoria.

Eppure Piero Chiara e Vittorio Sereni (che però all’età di 11 anni lasciò il lago per trasferirsi a Brescia con la famiglia) rimasero sempre amici, come quand’erano ragazzi. È facile pensare che Vittorio era per Piero il miglior amico di sempre, e viceversa.

A unirli ancora di più fu la letteratura. La poesia, per esempio: Incantavi, la prima raccolta di poesie di Piero (dal nome di un’antica cascina sopra Luino) richiama alcune liriche di Vittorio. Ma, soprattutto, è ormai noto che fu proprio l’amico Vittorio Sereni, che all’inizio degli anni Sessanta era direttore della Mondadori, a “spianargli” la strada, a convincere l’amico a mettere per iscritto le storie che gli facevano rivivere l’ “ambiente” luinese tra le due guerre: il gioco spasmodico delle carte, le lunghe e canagliesche notti, la “stazione internazionale” che vegliava soltanto con la sua presenza sui giovanotti perduti…

E il Piatto piange, il primo romanzo di Piero Chiara, dato alle stampe dalla Mondadori ai primi anni Sessanta – il 1962 per l’esattezza – nacque proprio così. Da una rimpatriata tra amici. E poi per Piero fu una escalation nel mondo della narrativa italiana, sempre in posizioni di primissimo piano, e sempre con i tipi della Mondadori di cui divenne uno degli scrittori più importanti e prolifici: dall’Uovo al cianuro e altri racconti (il vero passo di Piero Chiara fu sempre quello del racconto, più che del romanzo, che poi era sempre un romanzo breve o… un racconto lungo) alla Stanza del vescovo (un excursus in giallo sulle onde del Lago Maggiore, al Pretore di Cuvio, a Vedrò Singapore? Al Cappotto di Astrakan a Le corna del diavolo e altri racconti… Fino a Saluti notturni dal Passo della Cisa. Uscito postumo. Con ruoli stabili al Corriere della Sera, di cui era diventato elzevirista, e di saggista: dalla biografia di D’Annunzio, alla brillantissima traduzione delle memorie di Giacomo Casanova.

Fu questo della scrittura, per Piero Chiara, lo scandaglio di una vita di provincia, ma la provincia erano il mondo e l’eternità.

Il percorso di Vittorio Sereni, che nella letteratura era cominciato almeno una ventina di anni prima rispetto al Piero narratore, era stato diverso. Più intimo? Più personale? È difficile dare un giudizio, essendo imparagonabili e insondabili le anime della poesia, anche se poi spesso finiscono per convergere nelle emozioni che suscitano nel lettore.

Piace qui – proprio nell’evocazione ancora invernale di questo periodo dell’anno che stiamo vivendo (o vivremo) in questi giorni – ricordare una delle poesie più conosciute, specie ai lombardi e ai varesotti, di Vittorio Sereni, tratta dalla raccolta Frontiera, che è del 1941, la raccolta che probabilmente gli diede notorietà e dignità di poeta.

È la prima parte di Strada di Creva. E Creva è una piccola frazione di quella magnifica, e un po’ misteriosa, cittadina di lago tra Svizzera e Italia. Terra di poeti, di artisti, di raccontatori di storie: “Presto la vela freschissima di maggio / ritornerà sulle acque / dove infinita trema Luino / e il canto spunterà remoto / del cucco affacciato alle valli / dopo l’ultima pioggia: / ora / d’un pazzo inverno nei giorni / dei Santi votati alla neve / lucerte vanno per siepi, / fumano i boschi intorno / e una coppia attardata sui clivi / ha voci per me di saluto / come a volte sui monti / la gente che si chiama tra le valli… ”.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login