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Editoriale

ECCESSI

MASSIMO LODI - 15/06/2018

salvinidimaioChe l’Italia sia stata lasciata in solitudine ad arginare il fenomeno migratorio negli ultimi anni è una verità. L’Italia ha accettato, sua sponte e mettendo a disposizione le sue sponde, regole condivise da tutta l’Europa. Rispettando con onore/professionalità l’impegno, non s’è esentata dal fare la propria parte. Altri si sono atteggiati diversamente, e dunque siamo in credito verso chi ci addebita troppe lagnanze.

Ha ragione Salvini -posto che agisce da premier, contando zero l’immaginifico/patetico presidente del Consiglio Conte- quando reclama un’attenzione in concreto diversa da un continente che dovrebbe essere unito e solidale e invece è diviso e partigiano. Ma sbaglia, eccome sbaglia, nei modi.

Sbaglia quando avvia il braccio di ferro prendendo a pretesto una nave di poveracci in mezzo al Mediterraneo. Sbaglia quando dichiara che alzare la voce paga. Sbaglia quando pensa di dar corso a un “uno contro tutti” senza sbocchi futuri. Che cosa succederà al profilarsi di prossimi, inevitabili barconi di disperati all’orizzonte della penisola? Qualcuno replicherà il beau geste dello spagnolo/socialista Sanchez? O verremo lasciati al nostro destino di confinanti d’oltremare con l’Africa, a cominciare dai populisti amici di Salvini, l’ungherese Orban in testa, quello che innalza i reticolati contro gli stranieri?

Per trattare e risolvere la questione migratoria (complicata perché epocale) servono accortezza, lungimiranza, alleanze. Serve la politica. Quella di profilo alto, che esige operazioni dal basso. Ovvero colloqui a intero spettro nel campo dei possibili interlocutori, saggezza mediatrice, capacità di convincimento. Il sovranismo, cui si richiama l’intesa Lega-Cinquestelle, ama invece comportarsi all’opposto. Pensa che gridare, mostrare i muscoli, fare esercizio di burbanza sia la medicina giusta per guarire il male/la paranoia dell’inferiorità cui sembra d’essere condannati. Succede spesso, invece, che il rimedio peggiori la condizione.

L’isolazionismo verbale -al quale segue quello reale- non ha mai giovato ai suoi cultori. Se poi per innescarlo si offre il sospetto d’una inclinazione antiumanitaria, la deriva, prestandosi a strumentalizzazioni/volgarità varie (vedi la reazione francese), s’annuncia perfetta. Essa si manifesta con due epiloghi: il problema non viene risolto nella sua sostanza; e il riflesso negativo inguaia chi pensava di risultare beneficiario d’un decisionismo rivoluzionario. Sigmund Freud, nume della psicologia, ammoniva in “Inibizione, sintomo e angoscia” che “…ogni eccesso reca in sé il germe della sua autosoppressione”. Farebbero bene a rileggerselo, i diarchi Salvini e Di Maio.

A due settimane dall’insediamento dei nuovi inquilini di Palazzo Chigi, siamo già a dover auspicare che al governo del cambiamento subentri un cambiamento del governo. Non nelle persone fisiche e nei ruoli gestionali, ma nelle scelte strategiche, nel relazionarsi col mondo esterno, nella visione prospettica d’un Paese che per essere ricostruito non deve autodistruggersi. Un codice di comportamento che, visti i protagonisti di questo surreale incipit di legislatura, forse (di sicuro) andava messo nel celebrato contratto. In lettere maiuscole, a precedere il resto.

Ps

lo scandalo del nuovo stadio di Roma, con una fila di politici e amici di politici in galera, ridicolizza/tragedizza lo slogan “onestà, onestà”. E conferma il fallimento dell’amministrazione Raggi, oltre che la vista corta dei suoi alleati. Locali e nazionali. Chissà se avranno il coraggio di pronunciare la pronunciare la parola vergogna, i tribuni del complottismo altrui

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