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Economia

UOMO DELLA GLOBALITÀ

GIANFRANCO FABI - 27/07/2018

marchUna personalità unica nella recente storia dell’economia italiana. Un manager con esperienze dalle due parti dell’Atlantico, scelto all’inizio degli anni 2000 per salvare la più grande industria arrivata sull’orlo del fallimento.

Un’impresa quasi disperata in uno scenario stretto dai vecchi vincoli e per molti aspetti incapace di muoversi sulle rotte delle nuove opportunità.

Sergio Marchionne è stata la scelta azzeccata della famiglia Agnelli, impossibilitata a trovare una soluzione al proprio interno e dopo aver sperimentato manager che apparivano subito interessati più al proprio potere che non al futuro della società.

Marchionne ebbe tutti i poteri e imboccò la strada del cambiamento, quasi della rivoluzione, con una duplice strategia; da una parte una forte ristrutturazione degli stabilimenti in Italia e all’estero e l’introduzione dei sistemi più avanzati di automazione e di controllo della qualità, dall’altra con l’avvio di una prospettiva globale in particolare con l’acquisizione e il risanamento (anche grazie ai fondi pubblici americani) della Chrysler.

Gli ostacoli non sono stati né pochi né facili da superare. Per avviare una nuova organizzazione del lavoro si è scontrato sia con il sindacato, in particolare la Fiom, che ha avviato decine di cause legali, sia con una Confindustria interessata (allora) più agli accordi con il Governo che alla vita delle imprese.

È stato un processo difficile perché si trattava di superare le incrostazioni del passato anche dall’interno della società torinese: quasi tutta la fascia dirigenziale è stata sostituita con l’assunzione di manager provenienti da ogni parte del mondo. Per introdurre i nuovi processi lavorativi ha fatto largamente uso degli strumenti di sostegno sociale, in primo luogo della cassa integrazione: questo gli ha provocato critiche per aver addossato allo Stato il costo delle ristrutturazioni, ma non si può dimenticare che un eventuale fallimento della società avrebbe provocato costi sociali ed economici ben più elevati.

Non è stato né un santo né un diavolo: ha avuto la volontà di imporre scelte e sistemi largamente inusuali: non solo il maglioncino, ostentato anche nelle espressioni formali e un po’ farisaiche dell’ufficialità, ma soprattutto la ricerca dell’efficacia industriale e della sostenibilità finanziaria valorizzando e responsabilizzando i collaboratori.

La Fiat di oggi, diventata Fca, è qualcosa di molto diverso da quella del passato. È una impresa globale con impianti produttivi e alcuni centri direzionali in Italia. È una casa automobilistica presente nella fascia alta del mercato, anche con i marchi Alfa Romeo e Maserati. È una società che comunque offre un’immagine vincente dell’italianità.

Non si può escludere che la sua malattia, improvvisamente aggravatasi fino a diventare irreversibile, sia stata in parte causata dallo stress di anni trascorsi sotto il peso di scelte complesse e cariche di responsabilità a tutti i livelli.

L’uomo Marchionne, invidiato per la sua ricchezza, criticato per la scelta di avere la residenza in Svizzera, accusato di comportamenti antisindacali, merita invece grande rispetto e ammirazione.

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