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Pensare il Futuro

MOBILITÀ AMBIENTE SALUTE

MARIO AGOSTINELLI - 14/12/2018

motoreIl motore a scoppio, alla base dei sistemi di trasporto su gomma, inquina e nuoce gravemente alla salute. Lo si sapeva. Lo si è sempre saputo.

Tutti i veicoli con motore a combustione inquinano. A danno del diesel, in particolare, le polveri sottili. Emesse comunque anche dai motori a benzina in grande quantità.

In Europa si stimano in almeno 600.000 le morti annuali premature dovute al nostro sistema di trasporto su gomma. Oltre ad altri composti c’è, forse, il più importante: la CO2 o anidride carbonica. Se infatti gli altri prodotti della combustione uccidono l’individuo, la CO2 lo fa indirettamente in quanto gas serra che cambia il clima dalla terra.

Per ogni litro di carburante consumato vengono emessi circa 2,5 chilogrammi di CO2. (media sommaria fra i vari tipi di carburante, Gpl e metano compresi).

Il nostro paese, in particolare, ha continuato, e continua imperterrito, nel potenziamento del trasporto su gomma con motori a combustione a danno di altri sistemi rimasti del tutto marginali. Ma, che provvedimenti si stanno adottando?

Da una parte si è aperto un processo contro i diesel. Se ne vuole da parte di molti la messa al bando. Nessuno che faccia la domanda più semplice. Un barile di petrolio, 159 litri, quando finisce in raffineria produce vari composti fra cui, per più di metà, benzina e gasolio per autotrazione. che cosa ne facciamo del gasolio se non lo consumiamo? La verità è che si possono ridurre i consumi di gasolio solo se si riducono anche quelli degli altri composti, benzina compresa, che escono dalla lavorazione del barile.

Altri puntano sulla riconversione verso l’elettrico dei veicoli su gomma. Anche qui nessuno fa la domanda di fondo. Con che cosa produciamo la elettricità per caricare le batterie di tali veicoli? Partendo da un parco veicoli a motore in Italia di quasi 50 milioni di veicoli, di cui almeno 38 milioni automobili, dovremmo raddoppiare la produzione di elettricità nazionale oggi fatta da quasi 200 centrali elettriche. Pochi hanno il coraggio, e l’onestà intellettuale, di ammettere che l’auto elettrica è oggi in massima parte un buon investimento in marketing delle case automobilistiche che si rifanno il look rilanciando l’auto individuale e non il trasporto collettivo. E nel frattempo le infrastrutture stradali del nostro paese, i suoi ponti, cadono a pezzi.

Io credo che nella transizione in corso l’ibrido, la combinazione di motore a scoppio con generatore di corrente che alimenta i motori elettrici sulle ruote permette rendimenti e riduzioni di consumi notevoli.

Ma oltre a dissertazioni sulle tipologie dei veicoli, servono scelte politiche che supportino una direzione utile alla soluzione della questione climatica e non meramente a danno dei più indigenti, magari penalizzati perché possessori di auto usate e logorate.

La questione dei gilet gialli è controversa ma anche indicativa. In definitiva, ritengo che se vogliamo letteralmente sopravvivere dobbiamo ridurre il consumo di mobilità su mezzi individuali.

Attorno all’auto è finita col ruotare l’intera organizzazione urbanistica e territoriale. Quindi, abbiamo oggi la possibilità di ragionare in grande, non su palliativi. Ad esempio, serve una politica della distribuzione commerciale che esca dalla subalternità alla grande distribuzione e programmi la distribuzione dei centri commerciali più in vicinanza ai quartieri, dove si possa andare a fare la spesa in bicicletta. In pianura padana, a cominciare dalle grandi città lungo l’asse autostradale, va costruita una rete di metrò di superficie che porti queste città a livello delle migliori città europee.

Non basta certo stabilire che le vecchie automobili sono il problema e che ne va vietata la circolazione. La congestione spaziale del traffico è un nodo difficile, ma decisivo da superare. Altrimenti si comprano mezzi sempre più potenti per andare alla velocità di una bicicletta.

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