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Divagando

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AMBROGIO VAGHI - 22/02/2019

primarieIl prossimo 3 marzo iscritti e sostenitori sono chiamati alle primarie del Partito Democratico per l’elezione del segretario nazionale. Si contendono l’incarico Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti usciti dai preliminari dei congressi nei quali il voto venne espresso dai soli iscritti.  Sta terminando una estenuante fase nella quale il partito è rimasto in rianimazione neppure tanto assistita dal 4 marzo dello scorso anno. Gravi le responsabilità di coloro che hanno omesso dopo quello storico crollo elettorale del PD di convocare rapidamente un congresso chiarificatore. Ci sono stati di mezzo anche richiami a norme statutarie obsolete, non più adeguate. Queste se mai andavano rottamate per tempo, non le radici storiche del movimento e tanti suoi artefici.

Il rito delle primarie fu una innovazione voluta del neonato PD. Pure incompiuta per la mancanza di una preliminare registrazione degli elettori/sostenitori è rimasta viva e importante, unica nel panorama politico italiano. Viene data la possibilità a tutti i cittadini di indicare il leader a cui affidare il governo del Paese. Una occasione da non mancare offerta a tutti da parte del PD che si fa carico dell’organizzazione di migliaia di seggi in cui è possibile esprimere il voto.

Con le primarie il PD vuole darsi anche una guida competente e sicura. Nicola Zingaretti è uscito dai congressi sfiorando il 50%. Personalmente auspico che abbia un consenso molto ampio. Per almeno due ragioni. La prima perché non ha avuto alcuna partecipazione attiva ai Governi di centrosinistra. Hanno salvato il Paese da una catastrofica crisi ma non hanno saputo ridurre le disuguaglianze, né interpretare le esigenze di quei ceti che si andavano sempre più impoverendo. La seconda ragione perché il PD ha bisogno di un segretario autorevole che lo tolga dal condizionamento di capi e capetti intenti più a litigare tra loro che a combattere gli avversari.

Zingaretti per preparazione e passato politico appare ora l’uomo giusto al momento giusto.  Quale governatore della Regione Lazio si è molto impegnato per allargare i consensi e il sostegno alla sua Giunta al centro e a sinistra, includendo e non escludendo. Gli saranno certamente d’aiuto anche l’esperienza e i rapporti internazionali acquisiti nel suo passato di eurodeputato a Strasburgo.

 Gli altri due candidati alla segreteria cioè Martina e Giachetti devono fare chiarezza sul loro atteggiamento nei confronti dei vari governi presieduti da Letta Renzi o Gentiloni. Trascuro Giachetti uomo di tante stagioni politiche, imprevedibile.

Indiscutibili i meriti di Maurizio Martina quale ministro delle politiche agrarie e di delegato alla realizzazione dell’Expo, ma troppe sono state le sue incertezze e le responsabilità come segretario reggente all’ombra di Matteo Renzi, impiegando un anno per traghettare il PD dalla sconfitta del 4 marzo all’attuale Congresso. L’ambiguità dei suoi atteggiamenti si conferma dalla operazione messa in atto all’ultimo momento a sostegno della sua candidatura. Liste a passo variabile adattate alle realtà locali del partito per nascondere o per esaltare la dipendenza dall’enigmatico Matteo Renzi. Il quale potrebbe sorprenderci con qualche colpo di testa clamoroso sparigliando le carte.

Sia Martina che Giachetti furono tra coloro che ai vertici non ebbero la sensibilità di cogliere per tempo e di soddisfare quelle aspettative popolari che alimentarono la inattesa vittoria dei 5Stelle.

Il compito che si troverà davanti il nuovo segretario appare di grande importanza. Non solo si tratta di condurre una opposizione efficace al Governo giallo-verde, per farne esplodere le contraddizioni limitando il più possibile i danni al nostro Paese. C’è molto di più.

Dobbiamo renderci conto che siamo davanti al logoramento continuo degli istituti stessi della democrazia quali la Consulta, la Consob, la Banca d’Italia, la Magistratura, la stampa e la RAI, con invasioni di campo nelle funzioni della stessa Presidenza della Repubblica. Ultima la pretesa di interferire sulle decisioni dello stesso Tribunale dei Ministri per il noto sequestro della nave Diciotti. Per cercare di bloccare il tutto è stata addirittura montata la pagliacciata del voto e-mail dei militanti del M5stelle. Come se l’esito dovesse condizionare la Giustizia e le decisioni che competono al Senato della Repubblica.

Ecco perché le primarie esulano dal solo interesse del PD e quindi i cittadini tutti partecipando al voto possono contribuire a fare argine alla preoccupante deriva antidemocratica.

Al nuovo segretario spetterà anche il compito di rianimare il partito, farlo uscire dal lungo letargo, indicandone gli obiettivi: un chiaro orizzonte ideale, i valori fondativi, gli obiettivi più ravvicinati, i mezzi, le forze, i tempi, per raggiungerli. Un chiaro riformismo che metta al centro le persone coi loro problemi.

Una politica tutta da rielaborare partendo da un esame approfondito di successi ed insuccessi, individuando errori non tutti addebitabili a Renzi e a dirigenti recenti.   In realtà numerosi limiti hanno origine da molto lontano. Dalla nascita stessa del PD celebrata dal primo segretario Walter Veltroni al Lingotto di Torino. Un sogno, il suo, ricco di speranze, durato lo spazio di un mattino.  Obiettivo una democrazia bipolare di tipo americano statunitense, facente perno su un PD  a vocazione maggioritaria, strutturato per tale funzione.

Congressi divenuti simili alle folcloristiche convention americane, lontani dai tradizionali alti momenti di confronto dei partiti democratici europei.  Organismi dirigenti pletorici, privi di dibattiti, decisionisti. Eventi per la conta delle posizioni espresse dai vertici. Il tutto regolato da uno Statuto fondativo mai più sottoposto alle necessarie “manutenzioni” e aggiornamenti. Quasi obbligata la conseguente struttura organizzativa basata maggiormente sugli estemporanei gazebo che sui circoli territoriali. La necessità di rinnovare le carte statutarie viene dunque da lontano. Il mondo, la politica, hanno camminato velocemente. Tanto di più la comunicazione digitale col PD fermo per tanto tempo.

Una situazione già preoccupante quando è giunto il ciclone Renzi con un rinnovamento avviato col piede sbagliato.  Rottamazione (brutto termine) delle persone e delle radici storiche del cristianesimo sociale solidale, e del socialismo umanitario.

I danni di una gestione personalistica, decisionista all’eccesso, sono tuttora presenti. La clamorosa affermazione alle elezioni europee ha colto di sorpresa lo stesso Renzi il quale fu indotto ad una serie di enormi errori successivi avendo mancato di analizzare i motivi e i limiti di quella vittoria. Intanto quel 40% non aveva nulla di eccezionale, non era una vetta mai raggiunta dal PD. A ben riflettere Il 34 % ottenuto da Walter Veltroni alle precedenti elezioni politiche italiane rappresentava oltre un milione di voti in più di quelli contenuti nel 40% di Renzi.

Insomma molto da fare e da rifare per costruire un PD all’altezza dei tempi, un partito aperto inclusivo, che dà spazio al confronto tra le diverse opinioni/soluzioni. Anche l’organizzazione interna di correnti rappresentanti sensibilità diverse deve essere normata dallo Statuto tra i diritti dei militanti.  Giunta a sintesi ogni discussione, le decisioni prese a maggioranza valgono per tutti. Tutti, anche i dissenzienti iniziali devono remare ed orientare la barca nella medesima direzione.

Per questo occorre che gli organismi, soprattutto i Congressi, servano veramente a costruire la linea di condotta attraverso confronti/dibattiti seri con necessari tempi di svolgimento. Selezionando i dirigenti e concludendosi con proposte che salgono dalla base ai vertici di una piramide. Non viceversa.

Aderire ad un Partito deve ridiventare motivo d’orgoglio facendo chiarezza sulla tanto esaltata e celebrata “società civile “. Forse che i militanti di partiti non appartengono anche essi alla società civile?

Ben vengano dunque gli appuntamenti come le prossime primarie.  Auspichiamo una ampia partecipazione popolare. Sarebbe un segnale positivo a difesa delle istituzioni democratiche messe in pericolo ogni giorno da un governo allo sbando.

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